Il vangelo di oggi ci pone davanti due
episodi intrecciati e simili.
Due donne, una adulta l’altra bambina;
entrambe segnate da malattia e morte, alla ricerca di salute, felicità, vita.
Tutte due sono una soggetto l’altra oggetto
di un gesto trasgressivo: il toccare. La donna “toccò”; “se anche solo
riuscirò a toccare le sue vesti sarò salvata”. La bambina invece viene
toccata da Gesù che “prese la mano della
bambina e le disse ‘Talità kum’: alzati!”.
Gesto trasgressivo questo toccare; perché? La
donna con le perdite di sangue era considerata dalla legge impura e le era
assolutamente vietato ogni contatto con alcuno (allo stesso modo dei lebbrosi!);
così pure la legge vietava di toccare un cadavere.
Nonostante ciò tutto va verso la
trasgressione del toccare, dell’entrare in contatto, dello stabilire una
relazione con l’altro.
E questo toccare, è accompagnato, in tutte
e due gli episodi, dalla fede: “Non
temere soltanto abbi fede”; “Figlia la tua fede ti ha salvata”. Una fede
audace e più forte del male e della morte; questa fede in una persona, Gesù,
porta al ritrovamento della vita in tutta la sua pienezza, vuoi per la donna
malata, vuoi per la bambina morta.
Un ultimo particolare che unisce le due
figure femminili: il numero 12. La donna era malata “da dodici anni”; la bambina “aveva
dodici anni”. Sappiamo come siano importanti per gli ebrei i numeri e il
loro simbolismo. Dodici, come le 12 tribù d’Israele, come i 12 apostoli, sta a
indicare tutto il popolo; è simbolo di totalità, di universalità. Quasi a voler
sottolineare che quella donna e quella bambina rappresentano tutta l’umanità,
tutti noi.
Tutti noi che ancora oggi soffriamo di “perdite di sangue”.
Il sangue, nella Bibbia è sinonimo di vita.
Perdere sangue, sta a dire perdere vita. Oggi viviamo tutti in continua perdita
di vita, stremati, ansiosi, in mezzo a conflitti e competizioni, mentre la
paura regna sovrana. E’ una umanità che “perde
vita” in continuazione. Insoddisfatti e scontenti; mai appagati di quello
che abbiamo e facciamo. Le nostre famiglie e comunità sono segnate da ferite,
da emorragie, da perdita di pace, di serenità, di amore.
Contro questo essere in “perdita di vita”, contro tutto ciò che
contrassegna di paura e di morte il nostro oggi, la Parola ci dice che occorre
tornare a “toccare” e a “lasciarsi toccare e prendere per mano”
da Gesù, come quella donna, come quella bambina.
Solo un’umanità che ritrova il coraggio di
“toccare”, cioè di entrare in
relazione personale, vitale con Gesù può ritrovare vita.
Questo è quanto di più trasgressivo
possiamo e dobbiamo osare. Entrare in una relazione profonda e vera con Lui,
superando ogni paura, “gettandoci davanti
a Lui” come quella donna che esce dall’anonimato della folla. Solo così
potremo sentirci dire: “Figlia, figlio,
và in pace e sii guarito dal tuo male”.
Toccare Gesù e lasciarsi toccare da Lui
significa toccare l’amore, ripartire dall’amore.
La donna malata tocca Gesù, tocca l’amore.
Un tocco segreto, nascosto, ma deciso. Deciso a toccare l’amore, deciso a
ripartire dall’amore. Guarisce.
Gesù tocca la bambina, l’Amore tocca la
bambina e la vita riparte, rinasce, risorge.
L’amore, consapevole o meno, funziona
comunque, sempre, su tutto. L’amore di Dio che visita l’amore dell’uomo questo
guarisce l’umanità e apre le porte alla pace, alla serenità, alla felicità che
andiamo cercando.
E’ l’amore che rende felici e che sana il
dolore e le sofferenze. Non c’è crescita
interiore senza amore, non c’è crescita in famiglia e nella comunità cristiana,
non c’è crescita nelle relazioni, nell’affetto senza amore. La vera follia è
vivere senza amore, affrontare gli eventi senza amore, non amare ciò che
accade, diventare nemici di tutto e di tutti. Non c’è invece cosa al mondo più
saggia e vantaggiosa per la propria persona che cominciare ad accettare con
amore tutto ciò che ci accade; non c’è bene più alto per la propria salute
interiore e fisica che iniziare ad amare la realtà, la vita, le persone del
nostro presente. Quando ti svegli al mattino, chiediti se non puoi amare un po’
di più, anche solo un po’. Non c’è nulla al mondo più potente della fede
nell’amore, della totale fiducia che, amando la realtà, il mondo, tutto può
cambiare.
Questo amore, perché sia autentico, deve
scaturire da Gesù, dal contatto con lui che ci comunica la vita stessa di Dio.
Quel Dio che “non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi”, ma
che ha voluto “le creature del mondo
portatrici di salvezza”; Dio ti ha fatto sano e buono ci ha detto il libro
della Sapienza, “a immagine della propria
natura”, e questa natura altro non è che amore. Noi siamo fatti a immagine
dell’amore e viviamo solo se amiamo. Solo nell’amore vissuto seguendo Gesù, con
lo stile di Gesù, che “da ricco che era,
si è fatto povero per voi perché voi diventaste ricchi per la sua povertà”,
noi possiamo ritrovare pace, serenità, vita, pienezza. Un amore quello di Gesù
che diventa offerta e dono, “offerta di
sangue” per noi; il suo sangue versato è il segno più alto dell’amore vero.
Esso viene a rinvigorire il nostro “sangue
perso”: la sua vita donata, diventa per noi vita ritrovata.
Energia di vita l’amore, senza la quale si
va solo verso la morte.
Lasciamoci prendere per mano da Gesù entriamo
nella relazione d’amore con Lui per imparare ad amare per vivere.
“Talità
kum”: risuoni anche por noi questo invito
bellissimo che Gesù dice a tutti noi: “fanciulla
umanità, svegliati! alzati”. E’ l’invito a decidere pian piano, ma con
assoluta determinazione, di imparare ad amare tutto ciò che facciamo e viviamo.
Se non amiamo blocchiamo tutte le energie, tutte le nostre possibilità di
sviluppo e felicità: tutto diventa perdita di vita. Uomo o donna che tu sia
svegliati, invece di soffrire di emorragia puoi essere contagio di gioia e di
serenità. Svegliati, alzati. Amare si può. Amare, con Gesù e come Lui, può
essere la risposta che andiamo cercando.
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