sabato 9 dicembre 2023

Seconda domenica di AVVENTO

 

Far rumore, alzare la voce: è diventato il modo di ricordare i fatti più dolorosi e violenti in questo ultimo periodo. Abbiamo visto giovani picchiare pugni sui banchi o far tintinnare mazzi di chiavi per richiamare l’attenzione su fatti di femminicidio, su delitti e ingiustizie.

E’ certo un modo per non far passare sotto silenzio questi episodi. Ma questo gesto eclatante rischia di rimanere isolato e soprattutto incapace di affrontare e di modificare quanto si vuole condannare.

Anche la Parola di Dio oggi invita a fare questo: “Alza la voce con forza, alza la voce non temere”, “Voce di uno che grida”. Questa voce trapassa la storia: dal profeta Isaia è ripresa da Giovanni Battista, e oggi risuona in mezzo a noi.

Tuttavia appare voce che non ha lo scopo di condannare qualcosa bensì di indicare nuovi inizi. E’ voce che invita a riconoscere che nella storia c’è un nuovo inizio, una novità: “Inizio del vangelo” inizio di una buona notizia destinata a provocare “nuovi cieli e una terra nuova”.

C’è una novità dentro la storia, dentro la nostra vita. Ecco il messaggio che la voce annuncia.

Una novità da scoprire e accogliere, che può portare speranza, pace, serenità, pienezza di vita; capace di rovesciare ogni situazione di violenza, di odio, di ingiustizia.

Questa novità è una persona “Colui che viene e che è più forte”, è il “Signore Dio”. Questi è colui che aspettiamo nell’avvento; o meglio Colui che già in mezzo a noi, siamo invitati a riconoscere e a seguire, camminando sulle sue strade.

“Preparate la via al Signore” dice la voce. E’ questa un’opera di abbassamento, di decisioni a spianare e raddrizzare sentieri. I sentieri del cuore troppo persi alla ricerca di false novità. I muri dell’odio da abbattere, fratelli e sorelle da risollevare e innalzare, da strappare fuori da valli di lacrime. Quel prepotente orgoglio che si leva dal nostro nulla, da demolire. E’ tutto un lavoro di conversione, ovvero di ‘svolta a u’, di totale ribaltamento di una vita impostata su pensieri, logiche, scelte che portano solo a generare vuoti, valli incolmabili di divisioni, muri enormi di separazioni.

Ma solo così si diventa messaggeri di buone notizie in un mondo invaso da notizie fasulle, messaggeri di speranza in una realtà cupa e avvolta da crescente pessimismo, annunciatori di una Parola che ha la forza di trasformare la vita e la storia.

“Viene dopo di me Colui che è più forte di me”: Lui annunciamo, il più forte nell’amore e non certo nella violenza; Lui che con la sua vita, le sue parole e i suoi gesti, ci ha manifestato la forza rinnovatrice della mitezza, del perdono, della tenerezza, dell’amore che arriva a dare la vita per i propri amici e anche per i nemici. Questo ‘più forte’ è la buona notizia che oggi la chiesa, tutti noi cristiani, siamo chiamati a far risuonare con forza e coraggio.

“Alza la tua voce”: è l’appello che la Parola ci rivolge. Parla di Gesù, porta Gesù. Vivi come Gesù.

Oggi il mondo ha bisogno di tali profeti che sanno vedere, annunciare e collaborare nel costruire “i nuovi cieli e una terra nuova” dove abiti ‘il più forte’, il giusto che tutti ama e salva.

Il Natale sia occasione per questo ricominciamento; sia spazio propizio per scambiarci, non vuoti e abituali freddi auguri, ma la Notizia bella, buona e vera che è Gesù e la sua Parola. Diventiamo, con la vita oltre che con le parole, questa ‘voce che grida’, che incita alla speranza, al coraggio di saper ricominciare sempre di nuovo nonostante tutto e tutti, alla gioia che nasce da gesti di amore distribuito senza calcoli e a piene mani. Profeti di un Dio che non si stanca mai di nessuno di noi, non si stanca mai di questo mondo, anzi: con noi, qui in questa umanità sta di casa, perché noi siamo i suoi figli amati, sempre e nonostante tutto. Che bella notizia! Una storia diversa può finalmente ricominciare!

 

sabato 2 dicembre 2023

Prima domenica di AVVENTO

 

“L’essenziale è invisibile agli occhi” ricorda “Il piccolo principe”.

Frase che piace spesso citare ma che dimentichiamo in fretta al punto che l’essenziale diventa solo ciò che vedi, tocchi, possiedi.

L’avvento che oggi inizia è invito ad aprire gli occhi su quell’essenziale che non si vede. La realtà infatti non è solo quella che vedi, ma il segreto della nostra vita è oltre noi.

C’è qualcosa o Qualcuno che fa fiorire vita ovunque, nonostante noi facciamo di tutto per non voler vedere, se non addirittura per seminare morte e male invece che vita e bene.

C’è Qualcuno che plasma il mondo, il creato e ciascuno di noi; “noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tu che sei nostro padre, tutti noi siamo opera delle tue mani”.

Qualcuno che non è rimasto poi così invisibile, ma ha scelto di far splendere su di noi il suo volto.

Davanti al grido di una umanità bisognosa e spaesata non ha esitato a entrare nella nostra storia, ad amarla, a donarci sé stesso nel figlio amato e in Lui ad “arricchirci di tutti i doni”.

“Se tu squarciassi i cieli e scendessi”: l’invocazione che risuonava in mezzo al popolo disperso di Israele, continua a risuonare oggi sulla bocca di tanti, sulle labbra soprattutto di piccoli, poveri, perseguitati e oppressi, delusi e smarriti.

Avvento è ridare voce a questo grido, è ridare attenzione a questa venuta di un invisibile che si fa visibile, di un Dio che non si stanca mai di amarci e di venire incontro a tutti noi, pur in modi ben diversi da come noi a volte immaginiamo.

Ecco perché questo tempo di attesa porta con sé - oltre la speranza di poter vedere la vita rifiorire, la pace radicarsi tra i popoli e dentro le nostre relazioni quotidiane - l’urgenza di fare attenzione e vegliare.

Sono questi infatti i due atteggiamenti che Gesù, nel vangelo, chiede ai suoi amici con insistenza. “Fate attenzione, vegliate”.

Solo così l’essenziale invisibile può essere riconosciuto e accolto.

“Fate attenzione”. Il motivo è detto nella breve parabola: “E’ come un uomo che è partito dopo aver lasciatola propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito”.

Di fatto è così: Dio, il padre che ci plasma come opera delle sue mani, ha lasciato a noi questa casa che è il mondo e ci ha dato il potere. Quale potere? Quello di custodire questa casa ognuno secondo il suo compito, secondo i doni ricevuti: il potere di fare il bene, di sanare e guarire ferite, di portare pace e riconciliazione, di far rifiorire la vita, di custodire il creato. “Fate attenzione” allora significa riconoscere quanto ci è stato dato, vivere con responsabilità, con attenzione: attenti alla Parola del Signore che ci guida, attenti agli altri, ai piccoli e ai poveri, attenti al mondo e al creato. Attenti cioè responsabili per aiutarci insieme a far fiorire i doni che Lui ha posto nelle nostre mani.

“Vegliate” poi. E’ la capacità di scrutare, di guardare avanti, oltre il visibile, per cogliere l’essenziale che si manifesta. Per cogliere la Presenza di Colui che per amore è venuto tra gli uomini, i segni di speranza e di novità che la Sua presenza fa germogliare.

E poiché “non si vede bene che col cuore”, vegliare è tenere sveglio il cuore per accogliere la sua venuta. Chi veglia lo sa riconoscere nella sua prima venuta come pure lo riconoscerà nell’ultima. Ma soprattutto è capace di riconoscerlo in ogni tempo e momento, nell’oggi di ogni giorno.

Il rischio è quello, come dice il vangelo, che viviamo da “addormentati”. Interessante il 57° Rapporto del Censis pubblicato in questi giorni. L’immagine scelta quest’anno per rappresentare il nostro Paese, è quella dei sonnambuli, «persone apparentemente vigili incapaci di vedere i cambiamenti sociali, insipienti di fronte ai cupi presagi» e senza quel necessario «calcolo raziocinante» necessario per affrontare le complessità del periodo che stiamo vivendo.

Il tempo dell’avvento ci risvegli dal nostro sonno, sonno delle coscienze, sonno spirituale, e ci ridoni occhi e cuore capaci di vedere l’invisibile, di guardare oltre per riconoscere quel Dio che entra nella nostra carne e nella nostra storia per rigenerarla e aprirla a nuovi orizzonti di luce e di speranza.

sabato 25 novembre 2023

Gesù, Signore e Re dell'universo

 

In questi giorni si parla molto, e giustamente, di educare all'affettività, alle relazioni, al rispetto. Ma forse alla base occorre anche ripensare a una educazione alla libertà. 

La libertà è il dono più grande che possediamo ma può essere anche l’arma letale che distrugge noi stessi e gli altri.

Da cosa dipende? Dipende da chi o cosa guida le sue scelte.

Se l’unico orientamento della libertà è il nostro io, essa rischia di mettere in pericolo noi stessi e coloro che ci vivono accanto. Non è più libertà ma liberismo: un fare quello che ci pare e piace senza affatto pensare alle conseguenze che ciò determina per noi e per gli altri. Di esempi ne è piena la cronaca.

Una libertà autenticamente vissuta ha bisogno di un preciso e valido riferimento e orientamento. Al nostro io che pretende di comandarci, occorre proporre qualcosa o qualcuno fuori di noi, che diventi guida e riferimento sicuro.

Comprendiamo meglio allora il senso della festa odierna.

Dire Cristo re, significa dire Cristo riferimento, orientamento, guida alla nostra libertà perché essa generi scelte di vita. Questo almeno per noi cristiani. A chi non crede sono possibili altri riferimenti che guidino la loro libertà: i diritti umani, la Costituzione, i valori universali e così via. Per noi credenti questi riferimenti si sintetizzano tutti in una persona, il signore Gesù che oggi, proclamando re, riconosciamo come riferimento primo e ultimo della nostra libertà.

Re non perché ci fa schiavi e sottoposti ai suoi voleri, ma bensì perché desiderando guidarci alla pienezza della vita ci dona la vera libertà dal male e dalla morte: “in Cristo tutti riceveranno la vita” (2 lett.).

Inoltre non si può portare a pienezza la vita nostra e altrui senza regole, orientamenti che appunto salvaguardino la vita stessa. ‘Re’ sta come radice a ‘regole’. Il re, saggio, è colui che indicando regole guida il suo popolo al massimo splendore.  Per noi cristiani in questo senso Gesù è re e ci dona la vera libertà rendendoci figli liberi e amati e illuminando il nostro cammino con la luce della verità: “io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" dirà davanti a Pilato nel giorno del suo processo. La Sua Voce ci guida alla pienezza di questa libertà ovvero alla vita di comunione definitiva con il Padre e lo Spirito nel suo Regno.

Un re dunque che non usa il potere per affermare sé stesso bensì per dare vita al suo popolo. Un re pastore come lo presenta il profeta nella 1 lettura e poi anche il vangelo. “Come un pastore, radunerò, condurrò, farò riposare, andrò in cerca della pecora perduta, di quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte le pascerò con giustizia”.

Esercita la sua regalità con amore: un amore tutto riversato sul suo popolo, un amore che si apre, si dona, si perde per l’altro, per ciascuno di noi. E così facendo ci dice quale verità deve guidare e orientare la nostra libertà: l’amore gratuito e senza interesse.

Questa l’unica regola, questo l’unico riferimento, questo sarà l’unico metro di valutazione al termine della nostra vita.

Se ami di un amore disinteressato, capace di riconoscere il valore e la dignità dell’altro, del più piccolo, anzi di riconoscere nell’altro Dio stesso, “l’avete fatto a me”, la tua libertà sarà capace di generare scelte di vita, di bene, di pace, di giustizia. Di generare già ora nella storia il Regno di Dio.

Se sarà invece il tuo io a comandare le tue scelte ne nascerà un amore tossico che porta alla solitudine e alla lontananza. “via lontano da me”, alla schiavitù, alla morte.

Come risuona attuale oggi questo messaggio e questa festa di Cristo re. In un tempo dove rischiamo di fare della nostra libertà l’idolo assoluto, impedendo così la libertà dell’altro, diventando incapaci di vedere nell’altro un tu da accogliere e amare ma solo qualcosa da possedere o da eliminare nella misura che soddisfa o meno i nostri capricci. In questo tempo oscuro e tragico abbiamo bisogno di recuperare il senso profondo della libertà, di riorientarla al vero e al bene, per ritornare più umani, capaci di costruire relazioni autentiche e fraterne. Per questo abbiamo bisogno di nuovo di riconoscere, ascoltare, seguire Gesù quale re-pastore della nostra vita, che ci orienta a quella vera libertà che si attua nella capacità di amare come Lui ci ama.