sabato 25 agosto 2018

XXI° domenica del tempo ordinario


Il vangelo evidenzia una fatica da parte dei discepoli di Gesù che è anche la nostra. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” “I suoi discepoli mormoravano… e molti tornarono indietro e non andavano più con Gesù”. E’ la fatica ad accogliere quella Parola annunciata e vissuta da parte di Gesù. Proviamo a comprendere il motivo, il perché questa Parola è ritenuta “dura”. Forse non avevano capito? No, avevano compreso quello che Gesù con chiarezza aveva esposto.  Forse erano rimasti perplessi per le espressioni usate? “Io sono il pane della vita… se non mangiate la mia carne non avrete in voi la vita” aveva detto Gesù; probabilmente ma avevano colto il linguaggio simbolico usato, avevano compreso che con quelle espressioni Lui intendeva dire che la sua vita era dono per tutti, come il pane. E allora? Dove il problema?
Il problema per cui questa Parola suona come dura, difficile da ascoltare è perché essa è carica di novità. Una novità così grande che viene a capovolgere tutte le loro convinzioni, certezze, abitudini, modi di vivere. Qui sta la fatica, la durezza che porta, loro e noi oggi, a non accettare di lasciarsi mettersi in discussione dalla Parola.
La Parola di Gesù capovolge tutto.
Capovolge innanzitutto l’idea di Dio a cui loro si erano abituati: un Dio che protegge i suoi e distrugge i nemici, un Dio da servire obbedendo ai suoi comandi, un Dio a cui prestare servizi, offerte, da tener buono per avere in cambio il premio. Gesù presenta invece il volto nuovo di Dio: un Padre, che ama, che si fa pane, servo, dono di amore per tutti, che va incontro ai peccatori, che non fa distinzione tra vicini e lontani, che tutti ama e accoglie con misericordia. Che non chiede nulla, ma dona tutto, fino a donare se stesso nel suo Figlio.
Questo, di conseguenza, capovolge anche il modo di intendere e vivere le relazioni: l’altro non è più un diverso da me, ma un fratello, una sorella perché anche lui figlio di questo Dio.  
Diverse le applicazioni che possiamo fare. Nella stessa vita di coppia, ricorda Paolo nella seconda lettura, cambia il modo di vivere la relazione coniugale: non più dominio di uno sull’altro, dell’uomo sulla donna, ma capacità di donazione-sottomissione reciproca, appunto come Cristo verso l’umanità, verso la sua chiesa, per farsi dono l’uno per l’altra. Cade così ogni logica di dominio, di superiorità, per lasciare spazio a relazioni di reciproco rispetto, di fraternità. Cadono tutti i nostri schemi: non più ‘prima i miei poi gli altri’, ma l’attenzione si fa uguale verso tutti senza distinzioni, o se distinzioni devono esserci stanno nel dare il primo posto agli ultimi, ai bisognosi, ai poveri. Come Gesù. Questo è il criterio.
Cadono tutte le nostre categorie: vicini, lontani, stranieri, regolari, irregolari… Davanti al Dio di Gesù queste parole non hanno senso perché tutti sono figli suoi e dunque chiamati a scoprirsi e a vivere come fratelli.
Ecco perché “questa parola è dura!”. Perché capovolge tutto il nostro modo di vedere, di pensare e di agire.
E’ il Dio che Maria canta nel Magnificat: “ha rovesciato i potenti dai troni”: un Dio che rovescia gli schemi umani e apre a visuali nuove, a disegni più grandi, apre al suo disegno di salvezza che è il Regno di Dio dove ogni uomo e donna è chiamato a partecipare, ognuno con la sua dignità, grandezza e valore.
Sta qui la fatica che facciamo anche noi. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” Preferiremmo un’altra Parola, una religione che ci dia più sicurezza, che ci garantisca ciò che più ci serve, che risponda ai nostri immediati bisogni…
Come fare a vivere questa Parola che capovolge ogni cosa?
Gesù con pazienza non ci lascia soli, ci indica la via: “E’ lo Spirito che dà la vita, “le parole che vi ho detto sono spirito e vita”. Solo fidandoci e lasciandoci guidare dal suo Spirito e non dalle nostre sicurezze umane, dai nostri calcoli, questa parola di novità potrà essere accolta, vissuta, donare vita.
Viene invece la tentazione di andarsene, di allontanarsi da Lui. “Non andavano più con Lui”. Oppure si continua sì a venire da Lui, ma più per abitudine e tradizione che non per convinzione e  scelta.
Il Signore tuttavia ci lascia liberi. A noi come ai suoi ripete:“Volete andarvene anche voi?”. Come se ci dicesse: siete liberi, andate o restate; io non costringo nessuno; ora però è il momento di decidersi. “Scegliete oggi chi servire”: così Giosuè – nella prima lettura -  esortava il popolo a decidersi.
E’ tempo di deciderci, come cristiani. Ne va di mezzo l’annuncio stesso del Vangelo. Oggi abbiamo bisogno di scegliere con chiarezza, e di conseguenza vivere con coerenza, quella Parola che ha la forza di fare nuove tutte le cose.
“Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. “Tu solo”, nessun altro, solo tu puoi darci vita. Che possa essere la risposta di Pietro anche la nostra consapevole risposta.
Certo la tua Parola Signore è dura, non facile, chiede coraggio, capovolge schemi e sicurezze, ma è solo questa tua Parola che può donare vita piena.
Dove andare allora? Tornare a Lui e alla Sua Parola alla fine è l’unica scelta che può aprirci a una vita piena, autentica, diversa e bella.

domenica 19 agosto 2018

XX° domenica del tempo ordinario


Non può passare in silenzio l’avvertimento di Paolo nella seconda lettura odierna, anche perché suona molto attuale.
“I giorni sono cattivi”, dice l’apostolo, tempi difficile ieri come oggi. Dunque?
Occorre una buona dose di saggezza per non vivere da stolti: ”fate molta attenzione al vostro modo di vivere comportandovi non da stolti ma da saggi”.
In tempi non facili la saggezza, sempre secondo l’apostolo, sta nel fare buon uso del tempo; e ciò si traduce concretamente in due indicazioni. La prima: “non siate sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà di Dio”. La seconda: “Non ubriacatevi di vino che fa perdere il controllo di sé, siate invece ricolmi dello Spirito”.
Due indicazioni che invitano a vivere responsabilmente, capaci da una parte di riflettere per cogliere il disegno di Dio, la sua volontà (e sappiamo che questa volontà è la vita piena per ogni creatura) e capaci dall’altra di lasciarci guidare non dalle emozioni superficiali ma dallo Spirito, per non perdere il “controllo di sé”. 
Insomma vivere il tempo con spirito di discernimento per cogliere dove ci sta portando il disegno di Dio e collaborare ad attuarlo nella verità e nella responsabilità.
Possedere questa saggezza è certo urgente in questi tempi non facili. Ma perché avvenga ci è chiesta la disponibilità a lasciarci nutrire da ciò che realmente può rendere saggi.
Per questo Gesù, ancora una volta, nel vangelo, si ripropone con insistenza come “vero cibo”.
Anzi invita a mangiare e bere di Lui. E questo nutrirsi di Lui altro non è che aderire a Lui con tutta la nostra umanità e il nostro spirito.
Questo nutrirci, ricorda Gesù, ci porterà da una parte a rimanere in Lui: “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”; e dall’altra a vivere per Lui: “colui che mangia me vivrà per me”.
Gesù si propone non come modello esteriore da imitare, ma quale forza interiore che anima, sostiene, da forza alla nostra vita.
“Come è possibile?” si chiedono e ci chiediamo; come nutrirci di Lui?. E’ chiaro che il linguaggio è fortemente e volutamente simbolico. Mangiare e bere di Lui sta a indicare la capacità di far sì che Lui entri nella nostra vita, nei nostri pensieri, nelle nostre scelte. Allora mangiare e bere Cristo significa prenderlo come misura, lievito, energia” (E.Ronchi).
Questo avviene attraverso una comunione sempre più profonda con la sua persona che cresce e si attua attraverso una quotidiana vita spirituale fatta di ascolto della sua Parola, di preghiera che ci mette in sintonia con Lui e anche di quel nutrirsi a quel Pane dell’Eucaristia che fa scorrere in noi il Suo stesso Spirito, la sua stessa vita.
Accogliamo dunque oggi l’invito che in particolare ci viene rivolto nella prima lettura: “Chi è inesperto venga qui!... Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza”.
Solo così troveremo capacità e forza per vivere in questi nostri tempi da veri discepoli, fedeli al vangelo, in coerenza con la nostra fede e soprattutto con responsabilità di scelte e prima ancora di pensieri e di idee.
Questa è l’ora della responsabilità. Per noi cristiani. Per ogni uomo e donna di buona volontà. Il Signore ci doni la saggezza necessaria per restare saldi nella verità, nel bene, nella fedeltà a Lui e alla Sua Parola.

martedì 14 agosto 2018

La morte di Maria, di Rainer Maria Rilke


Lo stesso grande angelo, colui che già una volta
l’annuncio della nascita le aveva consegnato,
era là , in attesa che levasse a lui lo sguardo,
e disse: “È tempo ora che tu appaia”.
Ed ella ebbe timore, come allora, e ancora
si mostrò come l’ancella, che nell’intimo annuisce.
Ma lui la illuminava: infinitamente avvicinandosi,
fu come se svanisse nel suo volto.
[…]
Ella nella sua debolezza si distese
e i cieli su Jerusalem così vicino
attrasse, che uscendo la sua anima nell’alto
solo di poco ebbe da protendersi:
Egli che di lei tutto sapeva, la sollevò
nella divina natura che già le apparteneva.


sabato 11 agosto 2018

XIX° domenica del tempo ordinario


L’episodio di Elia – prima lettura - ci dice oggi cose bellissime e la sua vicenda può davvero esserci di aiuto.
Lui, il più grande dei profeti, non ne può più, vuole morire. “Ora basta Signore!”. E’ perseguitato, ricercato, deve fuggire e si addentra nel deserto. Così scoraggiato che dice: “Ora basta Signore! Prendi la mia vita”, non ce la faccio più.
Quante volte anche noi come Elia vediamo attorno solo deserto e buio. Quante volte sperimentiamo il senso dell’inutilità, dello scoraggiamento, che ci porta a dire: “E’ tutto inutile, non serve a nulla quelle che faccio, non cambia niente. Non val la pena impegnarsi, essere onesti… credere…”.
E’ proprio in questi momenti che, come Elia, dobbiamo imparare a riconoscere segni di vicinanza. Il profeta scoraggiato vede accanto a sé un angelo, segno dell’intervento di Dio che ti dà la certezza di non essere mai abbandonato, di non essere mai solo. Qualcuno è con te, capace di toccarti, capace di svegliarti dal sonno, di dirti: “Alzati, mangia!”.
La nostra vita è cammino mai abbandonato. C’è sempre una mano che ti risolleva. Dio viene, si fa vicino. Dio interviene. “Elia guardò e vide una focaccia cotta e un orcio d’acqua”.
Certo vien da dire: cos’è mai un po’ di pane e un po’ d’acqua? Sono l’indispensabile, l’essenziale per vivere. Sostegno a una fatica che, certo, rimane. Dio non toglie la fatica, non capovolge la situazione, non annulla i problemi, ma assicura la sua presenza con la forza delle cose semplici, non clamorose ma essenziali, come il pane e l’acqua. Così Dio interviene sempre. E’ lui la forza, per cui Elia si sente rimotivato e spinto a continuare il cammino.
Anche noi, pur dentro le prove della vita possiamo e dobbiamo ritrovare l’energia per continuare a lottare, a camminare. Dio non viene a noi con miracoli, ma con segni quotidiani e semplici che ci infondono la Sua energia. Quante volte ci sarà capitato, in momenti di sconforto e abbandono, di percepire un piccolo segno (un amico, una parola buona, una telefonata, una lettera…) che ha riacceso la speranza e la fiducia per continuare. E’ l’angelo di Dio, è Dio stesso che ci tocca e ci dice: “Alzati… è ancora lungo per te il cammino”.
Dobbiamo imparare a riconoscere questi piccoli segni e accoglierli.
Lui è vicino e risolleva. E lo fa con tutti. “Tutti saranno istruiti da Dio” dice il vangelo di oggi.
Purtroppo non tutti sanno riconoscerne la presenza.
Gli stessi Giudei mormorano contro Gesù, non riconoscono in lui, di cui conoscevano tutto, il segno di Dio che li ama.
Solo chi si fida può riconoscere i segni della vicinanza di Dio: “chi crede ha la vita eterna”.
E il segno può eloquente e definitivo della vicinanza di Dio è proprio Gesù stesso. Lui si presenta a noi come “pane della vita”, energia per vivere. Al punto che “chi ne mangia non muore”: nulla, nemmeno la morte può spegnere in noi la vita, che diventa la vita stessa di Dio in noi.
“Io sono il pane disceso dal cielo… Io sono il pane della vita… e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
In Gesù è Dio stesso che si fa nostro cibo lungo la strada perché nessuno si senta solo e abbandonato. E ogni domenica veniamo qui a celebrare il sacramento del pane e della parola, a nutrire la vita. “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”: parole che dicono una verità semplicissima e fondamentale; come se Gesù dicesse: “Io faccio vivere”. Io alimento la vita, quella che non ne può più, come quella di Elia, quella che ritiene il cammino troppo lungo, quella seduta e spenta nel deserto, come quella piena di affanni, di problemi, di paure che non vede più via di uscita.
“Io faccio vivere” ci ripete Gesù. Il segreto della nostra vita è oltre noi, viene dal cielo, come il pane, è in Gesù.
In Lui, e con Lui insieme tra noi, possiamo assaporare la gioia di sentirci amati, sorretti, confortati. Più ancora ci sentiamo chiamati a diventare, gli uni per gli altri, angeli di speranza, pane che offre energia, acqua che rinfresca e rigenera.
E’ l’augurio che rivolgiamo soprattutto ai tanti giovani che si sono radunati a Roma attorno a papa Francesco.
E’ l’invito che Paolo nella seconda lettura rivolge a tutti i cristiani: “Fatevi imitatori di Dio”. E come? ci viene da dire “Camminate nella carità, come Cristo vi ha amato”. Possibile? Sì perché lo Spirito abita in noi: “non vogliate rattristare lo Spirito”. Dunque: “Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze, con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi”.
Siate insomma pane, acqua, sostegno, energia gli uni e gli altri, come Dio è per voi forza e sostegno anche oggi, e qui a questa tavola, ti ripete: “Alzati, mangia”. “Io sono il pane vivo disceso dal cielo” perché possiate insieme “camminare nella carità”.