sabato 27 aprile 2019

II domenica di Pasqua - C


Gesù è vivo. L’annuncio della Pasqua risuona, otto giorni dopo, di domenica in domenica; la Sua presenza continua nel tempo e nello spazio. E dove Lui passa tutto cambia. E’ questo il messaggio che oggi la Parola ci comunica presentandoci la prima comunità dei discepoli e mostrandoci il grande cambiamento che avviene proprio dopo il passaggio di Gesù in mezzo a loro.
Nel vangelo la comunità dei discepoli appare comunità chiusa (erano chiuse le porte), piena di paura, che fa fatica a credere, frammentata (manca Tommaso) e dove Gesù non lo si percepisce presente.
Negli Atti degli Apostoli ritroviamo invece gli stessi discepoli a formare una comunità unita e aperta (stavano insieme nel portico), in crescita (venivano aggiunti credenti), testimoniante con gesti e segni l’amore e la presenza di Gesù che opera con loro al punto che “tutti venivano guariti”: non c’è ferita, paura, timore che non possano essere sanati dall’amore misericordioso di Dio operante in Gesù.
Sia nella prima che nella seconda immagine le persone che compongono queste comunità sono identiche: gli stessi discepoli. Ma ben diverso è il loro modo di essere. A cosa è dovuto il cambiamento?
C’è stato un passaggio, una ‘pasqua’, che li ha radicalmente cambiati. E’ il passaggio di Gesù in mezzo a loro. “Venne Gesù, stette in mezzo”. Lui al centro e tutto cambia.
Lui che entra nonostante le porte chiuse, le paure e i dubbi. Entra ugualmente e dona pace. Viene per andare in cerca di chi è smarrito e fa fatica, di chi è ferito e deluso.
E’ la stessa esperienza che visse l’apostolo Giovanni  raccontata nel brano dell’Apocalisse. Lui che si trovava isolato (nell’isola di Patmos) e nella tribolazione, fa esperienza di una Voce, di una Presenza “Non temere! Io sono il primo e l’ultimo e il Vivente. Ero morto ma ora vivo per sempre… Scrivi dunque…”. Incontro che ridona pace e lo apre a una missione di annuncio alle chiese.
Così è stato per i discepoli: “Pace a voi. Come il Padre ha mandato me così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo” Dove c’è Gesù e lo si pone ‘in mezzo’, al centro, fiorisce innanzitutto la pace. Quando Gesù entra nella tua vita, entra in te la sua Parola, senti la pace. Quella pace che vince la paura, la rabbia. Quella pace che è Presenza che ci invade. Quando Gesù è il cuore di una comunità essa sperimenta la pace, l’armonia, la gioia. Con Lui allora si cresce nella fede, aiutandosi insieme, affrontando i dubbi e le fatiche (come è stato per Tommaso) fino a riconoscere che Lui è il “mio Signore e mio Dio”.
Credere diventa allora accogliere la Sua Presenza in noi, fare nostre le sue ferite e le ferite di ogni fratello e sorella; fare nostro il suo Soffio, il Suo Spirito che spira parole e gesti di perdono e di misericordia: “Soffiò e disse… ricevete, perdonate”, perché non può esserci pace senza perdono.
Con Lui la comunità si trasforma e da chiusa si fa aperta; e da timorosa diventa capace di testimonianza; e da ferita e debole si rende strumento di guarigione, annunciando e operando la misericordia ricevuta in dono.
Oggi noi discepoli di Gesù, siamo chiesa chiusa su se stessa o aperta la mondo? Siamo cristiani che non fanno altro che leccarsi le loro ferite o che sanno portare attenzione e cura alle ferite dei fratelli attraverso il balsamo della misericordia?
In ogni caso oggi abbiamo bisogno, continuamente, di vivere il passaggio di Gesù tra noi, di lasciare che Lui possa entrare nelle nostre comunità e stare in mezzo, al centro.
Solo così possiamo trasformare noi stessi e la comunità tutta.
Un passaggio quello di Gesù che continua sempre. Lo ricorda la Parola ascoltata: “nel giorno del Signore”, “otto giorni dopo”, ogni domenica questo passaggio si rinnova.
Perché è lì nella comunità, con tutti i suoi limiti che ogni domenica Lui viene, sta in mezzo, dona la pace, rafforza la fede, rinnova il soffio delle Spirito, ci investe della sua misericordia e rinnova l’invito: “mando voi”. Diventate operatori di misericordia nelle vostre famiglie, nella società, in ogni ambiente dove vi trovate portate guarigione, liberazione, pace. E’ la missione della Chiesa: continuare l’opera stessa di Gesù. Coraggio: oggi questa missione è affidata a noi!

sabato 20 aprile 2019

PASQUA!


Il racconto del vangelo ci mette di fronte alla sconvolgente esperienza dei primi discepoli il mattino di Pasqua. Un’esperienza condensata in due verbi: “vide e credette”.
Vedere e credere: dove il vedere non è tanto la persona di Gesù quanto il sepolcro vuoto, la pietra rovesciata, la morte sconfitta. Di conseguenza nasce il credere, il fidarsi che questo Gesù, il crocifisso è vivo.
«All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» diceva già Benedetto XVI.
Questa persona è il Signore Gesù il vivente.
“Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita”. Sono le parole di papa Francesco che danno inizio all’esortazione apostolica “Christus vivit” scritta dopo il Sinodo dei giovani.
E così continua: “Egli vive! Occorre ricordarlo spesso, perché corriamo il rischio di prendere Gesù Cristo solo come un buon esempio del passato, come un ricordo, come qualcuno che ci ha salvato duemila anni fa. Questo non ci servirebbe a nulla, ci lascerebbe uguali a prima, non ci libererebbe. Colui che ci colma della sua grazia, Colui che ci libera, Colui che ci trasforma, Colui che ci guarisce e ci conforta è qualcuno che vive. È Cristo risorto, pieno di vitalità soprannaturale, rivestito di luce infinita. Per questo San Paolo affermava: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede» (1 Cor 15,17)”.
E noi oggi siamo qui innanzitutto per riaffermare questa nostra fede nel Vivente, in Gesù il risorto e presente.
Certo, perché se Lui è vivo le conseguenze sono enormi e sono motivo di gioia e di stupore.
Innanzitutto “se Egli vive, allora davvero potrà essere presente nella tua vita, in ogni momento, per riempirlo di luce. Così non ci saranno mai più solitudine e abbandono. Anche se tutti se ne andassero, Egli sarà lì, come ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Egli riempie tutto con la sua presenza invisibile, e dovunque tu vada ti starà aspettando. Perché non solo è venuto, ma viene e continuerà a venire ogni giorno per invitarti a camminare verso un orizzonte sempre nuovo”. Sono sempre parole di papa Francesco.
Inoltre, “contempla Gesù felice, traboccante di gioia. Gioisci con il tuo Amico che ha trionfato. Hanno ucciso il santo, il giusto, l’innocente, ma Egli ha vinto. Il male non ha l’ultima parola. Nemmeno nella tua vita il male avrà l’ultima parola, perché il tuo Amico che ti ama vuole trionfare in te. Il tuo Salvatore vive”.
E ancora: “Se Egli vive, questo è una garanzia che il bene può farsi strada nella nostra vita, e che le nostre fatiche serviranno a qualcosa. Allora possiamo smettere di lamentarci e guardare avanti, perché con Lui si può sempre guardare avanti. Questa è la sicurezza che abbiamo. Gesù è l’eterno vivente. Aggrappati a Lui, vivremo e attraverseremo indenni tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino”.
Queste conseguenze sono il frutto della fede; quella fede in Gesù risorto che altri non è che il Gesù crocifisso, come annuncia Pietro nella prima lettura: Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”. La croce dunque non è un purtroppo ma la strada che porta alla vita piena riuscita; strada di amore totale che si interseca con le tante strade di dolore e fatica per aprire a tutti passi di speranza e di novità.
Non esitiamo dunque a camminare su questa strada, la strada di Gesù, del vangelo, indicata da una Parola che fa da luce ai nostri passi; camminiamo con lo sguardo a Lui, come ci ricorda l’apostolo se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo”.
La Pasqua che celebriamo sia il ri-orientare la nostra vita a Lui per riconoscerlo presente con noi e per operare ogni giorno, insieme con Lui, alla costruzione di una storia rinnovata, di relazioni autentiche, di parole e gesti che profumano di vangelo e di autentico amore verso tutti, perché, grazie alla Pasqua di Gesù, sappiamo che solo da questo Amore è possibile un futuro di speranza. 

sabato 13 aprile 2019

Le Palme e settimana di Pasqua



La Settimana di Pasqua si apre con questo ingresso di Gesù in Gerusalemme, la città santa.
In essa si compiranno tutti gli avvenimenti che nei prossimi giorni rivivremo nelle celebrazioni.
Questo ingresso non è solo un fatto di cronaca o di collocazione geografica di quanto avviene. E’ anche un fatto teologico, ha cioè un suo specifico messaggio su Dio che dobbiamo scoprire e accogliere.
Gerusalemme è la città-tipo, immagine dell’intera umanità chiamata a convivere insieme. L’entrare in essa da parte di Gesù è gesto che conferma da una parte la scelta dell’incarnazione, del Dio fatto uomo e venuto tra gli uomini che sceglie di stare con loro, di entrare dentro la loro vita umana, sociale, politica. Gesù non sta fuori dalla mischia, ma sceglie di entrare nella polis, di stare dentro i conflitti, di non fuggire condividendo il destino di ogni uomo e donna.
Dall’altra questo stare dentro la città indica anche le modalità di questa scelta di condividere il nostro destino. Si tratta infatti di un collocarsi dentro la polis contrassegnato da uno stile nuovo che manifesta lo stile stesso di Dio: stile di mitezza, di servizio, di piccolezza e umiltà. Come un seme pronto a marcire per dare vita nuova. Così il racconto della passione ci presenta l’atteggiamento di Gesù
Sarà proprio da questa sua scelta che verrà la vittoria, la pasqua, la trasformazione del conflitto in speranza, pace, novità di relazioni.
Un atteggiamento ben diverso da quello della gente di Gerusalemme che invece inneggiava riponendo speranza nella forza, nel potere, nel dominio, per poi passare, delusi da Colui che come Messia si rivela ben diverso dalle loro esigenze, al crocifiggilo. Ancor oggi sembra che non possa esserci altra strada se non quella della forza, dell’arroganza, del dominare sugli altri, del potere che schiaccia e umilia. Sembra che solo così facendo si possa costruire la città, la vita comunitaria, sociale e politica.
Gesù invece percorre l’altra strada: lui ci insegna che una strada diversa c’è per stare al mondo e nel mondo, dentro la città: quella dell’amore che serve, si dona, perdona, fa fiorire vita scomparendo nel silenzio (per questo la sua passione è modello per noi).
Noi cittadini di questa Gerusalemme globale che è il mondo di oggi, su quale strada ci  muoviamo?
Siamo quelli dei facili osanna, incitando e perseguendo logiche di dominio e potere fino a schiacciare i deboli e gli ultimi, o abbiamo il coraggio di stare dentro i conflitti odierni con l’atteggiamento silenzioso e umile di chi sceglie di spendere se stesso (tempo, capacità, risorse,…)  per il bene di tutti?
Questa è stata la strada di Gesù, questa è la strada di Dio. Questa deve essere la strada che oggi la chiesa percorre e che ognuno di noi cerca di seguire. Solo così Gerusalemme, la città (la nostra società, le nostre comunità e famiglie…), potrà diventare luogo di pace, di concordia, di riconciliazione; spazio per una nuova umanità che sa crescere insieme nella convivialità delle differenze.

sabato 6 aprile 2019

V domenica di Quaresima - C


Ancora una volta sono gli scribi e i farisei che provocano Gesù, come domenica scorsa. Sono i più integralisti e rigidi, scrupolosi nel far osservare la legge…agli altri, giudici spietati verso chi non rientra nei loro schemi mentali. Come questa povera donna sorpresa in adulterio.
C’è in questo atteggiamento un non so che di attuale. Condannare, giudicare, mettere all’indice chi, secondo noi, sbaglia, è diverso o agisce fuori da quella che è ritenuta la prassi comune. Oggi questo è diventato un vizio pubblico: con parole e gesti si porta a rovina la convivenza stessa, le relazioni sociali, anche dentro le famiglie, alimentando sfiducia, cattiveria, odio. E quante volte certi giudizi diventano come muri che bloccano ogni possibilità di crescita, di cambiamento, di maturazione!
“Ma allora lasciamo correre tutto? Va tutto bene? Lasciamo che ognuno faccia quel che vuole?”. No. La questione non è questa. Occorre riconoscere ciò che è sbagliato, il peccato, ma salvare, aiutare chi sbaglia, la persona.
Gesù non chiude un occhio sul peccato, non scusa la donna per un peccato che sicuramente ha commesso. Gesù vuole però che il giudizio di Dio sia di Dio, non dell’uomo; l’uomo non può arrogarsi questo diritto, tutti siamo peccatori: “chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra”.
E il giudizio di Dio non è mai senza una possibilità di salvezza, perché Dio non vuole la morte ma la vita per tutti i suoi figli.
Nell’incontro tra ‘la miseria e la misericordia’ (come s.Agostino definisce questo racconto) Gesù regala a quella donna - e a tutti noi - la speranza. Una speranza più forte di ogni peccato. Condanna il peccato, la miseria, non condanna il peccatore, usa misericordia. E con il perdono lo riabilita e lo apre alla speranza di una vita nuova, di un futuro nuovo.
“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova”.  Sono le parole del profeta nella 1 lettura. La novità lì promessa è la novità stessa manifestata da Gesù. “Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
Forse il dramma è proprio qui. Non ci accorgiamo che è possibile una via nuova, scelte diverse. Andiamo avanti immersi nei nostri schemi, nel nostro modo abituale di catalogare gli altri, Dio, noi stessi e non ci accorgiamo che invece Dio ha rovesciato tutto, ha scompigliato i nostri schemi, ha buttato all’aria i nostri giudizi.
In Gesù fa germogliare la novità sconvolgente del suo amore misericordioso che ha la forza di aprire un futuro là dove tutto sembrava fosse perduto. Ha la capacità di ridare speranza a chi, a causa del suo passato, si sente soffocare dall’angoscia e dalla disperazione.
La presenza di Gesù è la novità assoluta: una presenza che cambia il destino di ciascuno di noi. 
Cambia il nostro modo di guardare a Dio e ci svela il suo vero volto di perdono e misericordia.
Cambia il nostro modo di guardare verso l’altro, sentendo ogni creatura come parte di noi stessi aprendoci ad atteggiamenti di misericordia e di perdono reciproco.
La presenza di Gesù poi cambia anche il nostro modo di guardare a noi stessi perché ci fa comprendere che non c’è fallimento che non possa essere superato; non c’è caduta dalla quale non ci si possa rialzare; non c’è peccato che non possa essere perdonato.
Con Lui tutti possiamo sempre ricominciare di nuovo. Tutti possiamo cambiare. E insieme possiamo aiutarci a cambiare questa nostra società divenuta così spietata e ingiusta, così arrogante e giudicante.
Cambiamo sguardo, cambiamo prospettiva, per generare relazioni di misericordia, di attenzione alle fatiche dell’altro; offrendo quel perdono che apre a strade di novità, regalando parole e gesti di comprensione e di incoraggiamento che permettano, riconosciuti gli sbagli, di ricostruire se stessi.
“Và e d’ora in poi non peccare più”: ecco la forza del perdono, che riconosce il peccato ma permette di superarlo, di aprirsi a una novità di  vita. Sono parole dette per ciascuno di noi: “Và e d’ora in poi non peccare più”. Và e d’ora in poi regala a tutti misericordia e non giudizio e condanna.