sabato 25 gennaio 2020

Luce ai miei passi la Tua Parola - III domenica del tempo ordinario


Già domenica scorsa la Parola parlava di luce: “è troppo poco che tu sia mia servo; ti renderò luce per le nazioni”, così annunciava il profeta Isaia. E Giovanni riconobbe in Gesù questa luce: Lui è venuto per essere la luce del mondo.
Questa luce non è vinta dalle tenebre e splende ovunque a iniziare dai luoghi più periferici quali, come richiamano oggi prima lettura e vangelo, “la terra di Zabulon e di Neftali, Galilea delle genti”, cioè proprio lì dove la gente era giudicata lontana, pagana, senza Dio.
Questa luce è una persona che percorre le nostre strade e in essa riconosciamo la Parola - il Verbo – fatta carne.
E’ con la sua parola che Gesù diventa luce per tutti. E infatti subito “Gesù cominciò a predicare e a dire…”. E’ la sua Parola che ha la forza di squarciare le tenebre, di aprire vie nuove, di portare messaggi di speranza.
Oggi, papa Francesco ha voluto si celebrasse in tutta la chiesa la domenica della Parola di Dio. Consapevole che, come già diceva s.Girolamo, “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”, ci invita a far sì che “non venga mai a mancare nella vita del nostro popolo questo rapporto decisivo con la Parola viva che il Signore non si stanca mai di rivolgere alla sua sposa – a noi – perché possa crescere nell’amore e testimonianza di fede”.
Nel brano di vangelo non solo ascoltiamo cosa dice la Parola fatta carne, Gesù, ma vediamo anche cosa fa, cosa provoca questa Parola.
“Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”: queste le prime parole che Gesù proclama, subito seguite da un invito: “Venite dietro a me”. Gesù, come nota Matteo, “percorreva tutta la Galilea insegnando… annunciando… guarendo…”.
Una Parola dunque efficace, capace di generare scelte di vita, nuovi orientamenti, di portare guarigione e salvezza.
Innanzitutto è una Parola che porta un annuncio di assoluta novità: “il regno dei cieli è vicino”, Dio è qui, il cielo è sulla terra, Dio ti cammina affianco.
Questo fatto inaudito provoca allora un ri-orientamento della vita: “convertitevi”, cioè volgete verso di Lui, riconoscetelo vicino e a Lui orientate la vostra vita.
Da qui il coraggio di lasciarsi attrarre dalla sua Parola, dalla sua persona, di andare dietro a Lui e seguirlo mettendo tutto il resto in secondo ordine.
Vediamo così, in questo brano, tutta la bellezza e la forza della Parola, la sua capacità di generare orizzonti di novità.
Ieri come oggi; perché quella di Gesù è parola di Dio, dunque Parola viva, carica della forza del Suo Spirito e ciò che dice fa, compie, come agli inizi della creazione.
Non può quindi esserci vita cristiana senza la guida e la luce della Parola di Dio. “Luce ai miei passi è la tua Parola” proclama il salmista.
Oggi più che mai deve esserlo per ciascuno di noi e per le nostre comunità, per la chiesa tutta. 
Così ha detto il cardinal Bassetti qualche giorno fa: “Riscoprirne la centralità è condizione per dirsi e diventare cristiani: occorre tornare a un incontro personale e comunitario con la Parola. Parola mai ovvia, mai banale, tesoro inesauribile, che non afferreremo mai nella sua ricchezza e profondità. Della Parola vive ogni discepolo; per la Parola crede; sulla Parola poggia la pietà, la catechesi e la fede vissuta; dalla Parola si riversano sugli altri i gesti della carità e si genera e rigenera la comunità. Attorno alla Parola ci si ritrova fratelli. Quando si permette alla Parola di liberare la sua carica profetica.. si diventa capaci di cogliere ciò che nella vita è vero, giusto, conforme al Vangelo e ciò che non lo è, per discernere e comportarsi di conseguenza”.
Questa domenica, come ogni domenica, ci aiuti a radicare sempre più la nostra vita nella Parola che ascoltiamo, imparando, ogni giorno, a leggerla e conoscerla, ad ascoltarla e assimilarla nel cuore, a viverla, proprio sull’esempio di Colei che riconosciamo “beata” perché ha accolto la Parola e ad essa ha dato carne, Maria. Come lei anche noi ogni giorno ripetiamo: “avvenga di me secondo la tua Parola”.

sabato 18 gennaio 2020

Agnello e figlio per ricondurre all'unità. - II domenica del tempo ordinario



Oggi la Parola ci presenta un testimone qualificato di Gesù: Giovanni il battista che abbiamo incontrato domenica nell’episodio del battesimo al Giordano.
Giovanni stesso dicendo: “Ho visto e ho testimoniato”, si presenta come testimone autorevole.
La sua testimonianza su Gesù è resa attraverso due espressioni e immagini: agnello e figlio; più precisamente: “Ecco l’agnello di Dio” e “questi è il Figlio di Dio”.
Cosa vuole testimoniare con queste due affermazioni?
L’immagine dell’agnello è immediato richiamo alla mitezza: Gesù non è un lupo venuto a conquistarci con la forza, ma un agnello pronto anche al sacrificio, al dono della vita.
Come non pensare alla notte della prima Pasqua con il rito dell’agnello immolato il cui sangue sugli stipiti delle case salva gli Israeliti?. Per gli ebrei l’agnello significava liberazione, salvezza. Ebbene tutto questo si compie in Gesù.
Questo agnello è “di Dio”, specifica Giovanni. Cioè lo rappresenta. Gesù rivela Dio come “agnello”, come Colui che opera con mitezza e si fa dono d’amore, fino ad offrire la propria vita.
Non solo: Giovanni specifica anche cosa fa questo agnello: “toglie il peccato del mondo”, dice il nostro testimone. Non tanto i peccati cioè le nostre ripetitive mancanze, ma il peccato, la radice stessa del peccato che sta nel ‘non amore’, nell’incapacità radicale di amare Dio e il prossimo, sta nella divisione che allontana da Dio e dagli altri.
Il fine di tutto ciò è attuare quanto già il profeta Isaia aveva annunciato: “Mio servo tu sei… per ricondurre… per portare la salvezza fino all’estremità della terra”.
La missione dell’Agnello dunque è tesa a realizzare una fraternità, una comunione tra tutte le genti della terra: servo e luce che riconduce tutti dalla dispersione all’incontro, dalla lontananza alla comunione fraterna.
La seconda parola-immagine usata da Giovanni nella sua testimonianza è quella di “figlio di Dio”.
Gesù viene definito “figlio di Dio” in quanto è riconosciuto abitato dallo Spirito stesso di Dio, dalla Sua Presenza; uno Spirito visto “discendere” e poi “rimanere su di lui”. Dio è in Lui e in Lui opera.
Gesù allora è l’agnello venuto a togliere il peccato nella sua radice profonda e a donarci, riempirci, dello stesso Spirito del Padre, rendendoci così in Lui figli e fratelli.
Accogliere Gesù, invocarlo, sia personalmente che come comunità, come chiesa radunata insieme (come dice Paolo nella seconda lettura ricordandoci che in Gesù siamo “la chiesa di Dio”, resi santi, cioè figli, in Lui), significa riconoscere che in Gesù e per Gesù noi possiamo innanzitutto essere sciolti dal peccato e passare dal non amore alla capacità di amare “come Lui”. Diventiamo così figli e fratelli grazie allo Spirito che ci è stato dato in dono e che ci abita.
Questo ci mette nella condizione di svolgere anche noi, con Gesù, quella missione/testimonianza che ancora attende di essere pienamente realizzata: generare fraternità tra le genti.
Siamo a servizio della fraternità come cristiani.
“Ricondurre”: è questo il verbo che descrive la missione di Gesù e che è affidata anche a noi.
Ricondurre e non disperdere, allontanare, dividere… Ricondurre significa ricostruire relazioni, rifare famiglia, riscoprirci fratelli e sorelle perché figli di quel Dio che come agnello e figlio è venuto per coinvolgerci nel suo progetto di amore.
Questa missione dobbiamo attuare ogni giorno e in ogni ambiente di vita. In particolare in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sentiamoci chiamati a diventare, attraverso la preghiera e attraverso la vita, costruttori di comunione con tutti a iniziare dalle nostre case  e comunità.
Collaboriamo nel portare a compimento la missione stessa che Gesù, l’agnello e il figlio di Dio, è venuto a iniziare in mezzo a noi e a ricomporre quell’unità tra i cristiani che lui ci ha chiesto come “segno” per essere riconosciuti suoi discepoli.

sabato 11 gennaio 2020

Immersi nell'Amore per testimoniare misericordia - Battesimo del Signore


Il Battesimo di Gesù è ancora una volta ‘manifestazione’ (come il natale e l’epifania): in questo fatto Dio si rivela, svela a noi chi lui è, il suo volto, attraverso Gesù, il Dio fatto uomo.
La descrizione ci è offerta nel vangelo proprio nel momento in cui lui uscì dall’acqua; “ed ecco…”: si mostra avvolto,  abitato, immerso nello Spirito di Dio. La Voce lo definisce: il figlio, l’amato, il mio compiacimento. E già i profeti (Isaia) lo avevano annunciato “Ecco il mio servo”. Così che la prima comunità cristiana (negli Atti degli Apostoli) riconobbe che da questo fatto ebbe inizio la sua missione: “passò beneficando e risanando”.
Un Dio dunque che in Gesù si rivela solidale, vicino, pronto a condividere la nostra vita di peccatori e a donare la sua come servo per amore.
Nel Battesimo di Gesù possiamo così vedere anche la bellezza e la grandezza del Battesimo cristiano, il Battesimo che abbiamo ricevuto e che ci ha introdotti nella stessa vita del Figlio di Dio attuando in noi quanto realizzato in Gesù.
Nel Battesimo infatti tutti noi siamo stati immersi nello Spirito di Dio, dichiarati figli, amati, nei quali Dio trova piacere, gioia; e nel contempo chiamati a essere servi pronti a fare della nostra vita un dono sullo stile di Gesù, passando, beneficando risanando…
Questo ci dice che, grazie al Battesimo, in Gesù formiamo una sola famiglia, un solo corpo, riconoscendoci figli e fratelli; quella famiglia che ha nome di ‘chiesa’, l’assemblea, il popolo dei figli di Dio.
Con Lui anche noi siamo immersi nello Spirito per essere resi capaci di vivere la stessa missione a servizio dell’umanità. Una missione di solidarietà, di condivisione, al passo degli ultimi e con lo stesso stile di Gesù che già il profeta annunciava: mitezza, non violenza, rispetto di tutti, accoglienza, coraggio… “Non griderà, non alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta”, segno così di alleanza e luce per il popolo. Una missione caratterizzata da un amore misericordioso gratuito e fedele.
Il Battesimo dunque ci segna, ci conforma a Lui, perché immersi nella sua vita ci immergiamo nel mondo per portare quell’amore misericordioso che apre alla speranza, al futuro. Insieme, come Chiesa.
E’ significativo allora proprio oggi iniziare, dopo mesi di lavoro preparatorio, il Sinodo Diocesano. Momento forte della vita della nostra chiesa che si interroga proprio su come vivere oggi quella missione che il Battesimo ci affida.
Lo Spirito Santo, scenda ancora su tutti noi, popolo di Dio, perché, insieme al nostro vescovo Oscar, abbiamo a camminare insieme e a discernere, nel confronto e nell’ascolto, nella preghiera e nella riflessione, nella capacità di aprirci alla perenne novità del vangelo, quali scelte mettere in atto per vivere oggi quella missione che trae la sua origine proprio a partire dal Battesimo di Gesù e nostro.
Lo Spirito ci renda chiesa che sa ancora oggi stare nel mondo con lo stile di Gesù che il libro degli Atti (nella 2 lettura) descrive sinteticamente con alcune frasi: “beneficando e risanando”, “senza fare preferenze di persone” ma accoglienti verso tutti, “annunciando la pace per mezzo di Gesù” e come Gesù con mitezza, rispetto, misericordia.
Da oggi fino alla fine di agosto, accompagniamo il cammino sinodale con la preghiera, l’informazione (il Settimanale Diocesano) e anche con il risvegliare in noi la partecipazione e la collaborazione a servizio della chiesa locale, delle nostre comunità, così da ritrovarci pronti a recepire e attuare quanto il Sinodo ci indicherà e soprattutto fin d’ora a vivere conformemente al nostro Battesimo.


domenica 5 gennaio 2020

Epifania: uomini e donne in movimento...


Tutto nel Natale è movimento: da Giuseppe e Maria che vanno da Nazareth a Betlemme per il censimento e poi in Egitto per fuggire da Erode; dagli angeli impegnati in messaggi e sogni, ai pastori messi in cammino nel mezzo della notte…
Ma soprattutto questa festa dell’Epifania sottolinea maggiormente questo movimento. L’episodio dei Magi è tutto un andare e venire di gente, di stelle, di re e di scribi.
Questi personaggi che vengono da lontano sono simbolo di popoli interi in movimento, così come già il profeta Isaia annunciava: “cammineranno le genti… vengono da lontano... tutti verranno”. Un movimento globale, universale: l’universo intero, le stelle e gli uomini, sono in movimento.
Nasce un primo pensiero: la vita degli uomini, la nostra vita è cammino, ricerca, tensione verso un oltre… Vietato fermarsi, rassegnarsi, pensarsi arrivati: siamo tutti in movimento.

Ma qual è la causa di questo camminare, muoversi?
La causa è il movimento più importante: quello di Dio verso l’uomo, di Dio che si è fatto uomo in Gesù. E’ questa Sua presenza in mezzo a noi che provoca ricerca, il muoversi di popoli e di creature. 
Gesù è il punto in cui convergono i più profondi aneliti che dal creato salgono. Tutto e tutti si muovono verso di Lui, consapevoli o meno. La stella come i Magi, ma anche Erode e i suoi scribi: che lo riconoscano o meno, di fatto da Lui sono interpellati, chiamati a prendere posizione.
“Le genti sono chiamate in Cristo a partecipare alla sua stessa eredità” scrive Paolo, ad aver parte alla sua stessa vita, la vita dei figli di Dio.
Nasce un secondo pensiero: Gesù è il centro della storia, del mondo e – lo speriamo – anche della nostra stessa vita. Solo convergendo verso di Lui possiamo trovare pienezza e “formare lo stesso corpo”, fare unità, fraternità.

Dio fatto uomo in Gesù, dal di dentro dell’umanità, spinge l’umanità stessa a ricercarlo, a incontrarlo. Ma dove? L’episodio dei Magi, come quello della notte di Natale, ci invita a riconoscerlo nell’umanità stessa, quella più nascosta, fragile, piccola, povera; in un bambino in braccio a sua madre.
I Magi sono stati capaci di riconoscerlo, di orientare a Lui il loro cammino, mettendo alle spalle sicurezze, calcoli, certezze. A differenza di Erode e degli abitanti di Gerusalemme, chiusi nelle loro paure e nella presunzione di conoscere già tutto.
Nasce allora un terzo pensiero: diventare cercatori di Dio dentro l’umanità, nella ferialità, nella vita e nelle relazioni quotidiane, mettendo alle spalle anche noi, certezze, sicurezze, pretese e paure. Grandissima sarà anche per noi la gioia di questa scoperta, della Sua presenza in mezzo a noi.

Questo incontro con Gesù diventa poi un nuovo inizio. Da Lui il movimento riparte, continua. Ma non più come prima. “Per un’altra strada fecero ritorno” scrive Matteo chiudendo il racconto dei Magi. C’è un nuovo cammino che si apre.
Nasce allora un ultimo pensiero. L’incontro con Gesù non ci rende degli arrivati, ma dei mandati; ci fa missionari, ci rimette in cammino, come i Magi, su strade diverse: non più le nostre strade, ma le sue, le strade del suo Vangelo, della Sua Parola che chiede di poter arrivare al cuore di ogni uomo e donna. Missionari per portare ovunque la notizia dell’amore di Dio che è per tutti, senza confini, e che tutti vuole unire a sé.

Ecco l’Epifania: la festa della manifestazione di Dio alle genti; una manifestazione che chiama alla ricerca, a un incontro imprevedibile, che apre a cammini nuovi.
Come cristiani e come chiesa, la festa di oggi ci invita a non sentirci degli arrivati, ormai assopiti in una vita cristiana scontata e puramente ripetitiva; ci chiama ad essere uomini e donne in movimento, con tutti gli uomini e le donne di ogni popolo e nazione, per incontrare il Dio fatto uomo, Gesù; trovare in Lui l’unico davanti al quale val la pena di prostrarsi e di adorare; infine portare a Lui tutti coloro che incontriamo. 
L’Epifania è il Natale che si espande a tutti i popoli e alle genti, e che troverà nella Pasqua annunciata la piena manifestazione di questo amore di Dio che muove verso di Lui l’umanità intera, che “che move il sole e le altre stelle” (Dante), tutto l’universo a una comunione e una gioia senza fine.