Due famiglie: Anna e Elkana con Samuele (1 lett.), Maria e Giuseppe con Gesù (Vg.); le troviamo a bussare alla porta del Tempio.
Un andare al tempio per cercare ma anche per riconoscere che la vita è del Signore, da lui viene, con lui va vissuta e a lui va affidata e donata. Questa potrebbe essere la sintesi del messaggio odierno. Questo è ciò che Giovanni nella 2 lettura ci ricorda: “noi siamo figli di Dio…e saremo simili a Lui”.
La famiglia umana di Gesù è detta ‘santa famiglia’, sicuramente modello e riferimento per tutte le famiglie. La parola ‘santa’ significa divina (solo Dio è il Santo). Una famiglia umana-divina. Come tutte le famiglie. Questo a ricordarci che la nostra vita non è solo un fatto biologico-chimico: in essa c’è un mistero grande che tutto avvolge e a tutto da senso.
Questo mistero grande, divino dentro l’umano, Gesù lo scopre all’età dei dodici anni – come ricorda il vangelo – l’età della maturità e dell’autonomia a quel tempo… Ed è così che esce dalla carovana, dalla comitiva, e si reca al Tempio. Fa questo per manifestare la consapevolezza di non essere solo un uomo in carovana con altri simili, bensì di doversi occupare delle cose del Padre, di essere nelle cose del Padre, di essere pienamente Suo figlio.
Oggi la realtà umana della famiglia è fragile, lo sappiamo bene. Non è più così protetta da un ambiente cristiano ed è per questo che ha bisogno di un aiuto più forte; ha bisogno di aprirsi ancor più all’affidamento a Dio.
Il nostro mondo è fatto per l’economia, per il divertimento, per altro. Ma non è fatto per la famiglia, assai poco riconosciuta, difesa, incentivata e aiutata. Come cristiani non ci basta più la carovana degli uomini, occorre che riscopriamo il riferimento divino. La nostra vita è una vita secondo il Cielo; la famiglia ha una missione che Dio le affida, c’è una chiamata di Dio che opera in ogni famiglia.
Maria e Giuseppe, in quel momento di angoscia e di smarrimento, sono chiamati a fare un salto di qualità, a riconoscere di essere nelle cose del Padre, di doversi occupare delle cose del Padre celeste. Solo questo riferimento al divino, al mistero della sua presenza dentro la nostra storia può ridare loro coraggio e fiducia nell’affrontare le sfide delle relazioni umane, dell’educazione del figlio, del lavoro e del mantenimento, dello stare dentro la carovana degli uomini, nella società, guidati e illuminati tuttavia da quel Dio che è sorgente e fine del loro essere famiglia.
“Devo occuparmi delle cose del Padre mio”. Forse ce lo siamo un poco dimenticati nelle nostre famiglie, nella nostra vita quotidiana, tante volte trascinata avanti nella carovana del fan tutti così, perdendo vigore, orientamento e significato nel nostro vivere di ogni giorno. Senza la luce del divino l’umano cade facilmente nel buio delle tenebre, nel vuoto del non senso.
La festa di oggi ci aiuti a recuperare questa dimensione essenziale del divino dentro la nostra vita umana e familiare. L’apertura diocesana dell’anno giubilare, l’intero anno santo, ci aiuti in un cammino dove reimpariamo a “occuparci delle cose del Padre”, a ridare spazio all’ascolto della sua Parola, alla preghiera, a una vita di fede profonda, alla Messa domenicale in famiglia e come famiglia. Tutto ciò ci aiuterà a riscoprirci figli amati e chiamati con la nostra vita, con le nostre relazioni familiari, a collaborare per realizzare il disegno d’amore di Dio che vuole fare di tutta l’umanità una sola famiglia di fratelli e sorelle, di figli da Lui pensati, scelti e amati da sempre.
Nessun commento:
Posta un commento