“Pellegrini di speranza”: con queste parole che scandiscono i passi del Giubileo, ci auguriamo oggi il buon anno.
Che tutti noi possiamo essere pellegrini di speranza.
Innanzitutto pellegrini. Cioè uomini e donne in costante ricerca di senso, di luce, di pace, di amore vero. Non si tratta solo di fare un pellegrinaggio - il che sarebbe fin troppo facile -. Il vero pellegrinaggio (molto più impegnativo) è quello interiore: “solo il viaggio dentro noi stessi ci restituisce al mondo innamorati della vita” (A.Zarri)
Pellegrini dunque di speranza. Sì perché oggi siamo un po' tutti, in vario modo, come dei disperati, dei senza speranza o con speranze deboli, ridotte a banalità oppure a utopie impossibili. Sia un anno dunque non di disperazione ma di rinnovata e ritrovata speranza.
E noi cristiani sappiamo bene dove trovarla: essa ha un nome, essa è una persona concreta: “gli fu messo nome Gesù”. Lui è la nostra concreta speranza: “trovarono il bambino, con Maria e Giuseppe”. Lui il vivente, Dio con noi, è certezza di vita, di amore misericordioso, di benedizione e di fecondità. Lui è la porta che ci introduce a una speranza certa che non avrà fine, ma solo compimento. Lui è la porta dalla quale passare, e non solo o tanto le cosiddette ‘porte sante’, richiami simbolici alla vera porta che è Cristo.
Allora, pellegrini di speranza, muoviamo i nostri passi, i nostri cuori, le nostre scelte lungo questo nuovo anno verso ciò che è l’essenziale, imparando a custodire nel cuore – come ci ha ricordato papa Francesco nella recente enciclica – e come continuamente Maria la Madre di Dio che oggi festeggiamo ci insegna, lei che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”, tutti quei doni che Dio non si stanca di riversare su tutti noi con abbondanza.
E il dono più grande è sicuramente l’essere diventati suoi figli: “e che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!» - così ci ha detto Paolo nella seconda lettura. E continua: ”Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio”. Eredi della speranza che nasce dalla certezza di ciò che siamo e dell’amore che a Lui ci unisce in eterno, per sempre.
Viviamo con gioia il tempo che ci verrà donato, viviamo da figli e non da schiavi, imparando a spezzare e a estinguere ogni debito che ci imprigiona e ci chiude gli uni agli altri nella schiavitù del male e della cattiveria, così che possa fiorire la pace. E’ quanto papa Francesco ci ricorda col il suo messaggio in questa giornata mondiale di preghiera per la pace: “Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo”.
E conclude con questa preghiera che facciamo nostra:
“Concedici, la tua pace, Signore! Rimetti
a noi i nostri debiti, Signore, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e in
questo circolo di perdono concedici la tua pace, quella pace che solo Tu puoi
donare a
chi si lascia disarmare il cuore,
a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli,
a chi senza timore confessa di essere tuo debitore,
a chi non resta sordo al grido dei più poveri”.
Buon anno santo a tutti!
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