E’
l’ultima domenica del tempo pasquale prima delle feste dell’Ascensione e della
Pentecoste. La Parola ascoltata sembra voler mettere in evidenza Colui che è il
protagonista di questo tempo della Pasqua: lo Spirito santo.
Nel
vangelo – siamo nel contesto dell’ultima cena – Gesù afferma di voler pregare
il Padre perché conceda anche a noi lo Spirito: “io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito”.
Questo
ci fa comprendere innanzitutto che lo Spirito santo è un dono; il dono del
Padre e del Figlio. Dono che nella preghiera va chiesto al Padre che lo effonde
gratuitamente su quanti lo invocano.
In
cosa consiste questo dono?
Gesù
definisce lo Spirito “un altro Paraclito”.
Paraclito è Colui che sta vicino per difendere, custodire. Un “altro” perché prende il posto di Gesù
stesso pastore e custode delle nostre anime. Lo Spirito dunque continua in noi “per sempre” la presenza di Gesù
rimanendo “con noi”.
E’
poi chiamato “lo Spirito della verità”:
Colui cioè che illumina e dà orientamento alla nostra vita aprendola a ciò che
è vero, buono e bello. Chi si chiude a Lui – il mondo, cioè chi lo rifiuta –
non lo può ricevere e conoscere.
Ma
soprattutto lo Spirito è Colui che “rimane
presso di voi e sarà in voi”. E’ la vita stessa del Padre e del Figlio che
è posta in noi, nei nostri cuori. Nel nostro cuore non scorre solo sangue, ma
lo Spirito consolatore di Dio.
Per
questo Gesù può affermare: “Non vi
lascerò orfani”.
Si
resta orfani quando muore un padre. La morte in croce di Gesù non lo allontana
da noi, anzi, attraverso di essa il Padre gli dona la vita senza fine così che “io vivo e voi vivrete”.
Con
la Pasqua si attua una comunione così profonda tra Gesù e noi che viene
realizzata dallo Spirito dato in dono. Mai orfani: sempre abitati e amati da
Dio in ogni momento della nostra vita, anche nelle prove, nelle sofferenza, nel
momento stesso della morte; Lui è Padre che non ci abbandona; anzi ha posto in
noi la sua stessa vita, lo Spirito d’amore.
Questo
dono d’amore cosa chiede a noi? Solo accoglienza.
Il
vangelo si apre e si chiude con un duplice richiamo a un amore accogliente. “Se mi amate osserverete i miei
comandamenti”, e alla fine del brano: “Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva questi è colui che mi ama. Chi ama me
sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Questo
manifestarsi altro non è che il dono dello Spirito.
Un
amore che si traduce in ascolto della sua Parola e nel seguire giorno dopo
giorno la sua strada, ci rende sempre più pronti ad accogliere il dono dello
Spirito del Padre e del Figlio.
La
vita cristiana è entrare in questa relazione d’amore che ci assicura che non
siamo mai soli, mai orfani, ma sempre abitati dalla presenza dello Spirito.
Ecco
perché Pietro nella sua lettera ci invita: “adorate
il Signore, Cristo, nei vostri cuori”. Adorare è riconoscere con umiltà e
gioia una Presenza d’amore che ci supera e che ci avvolge.
Tuttavia
aggiunge subito: “pronti sempre a
rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
E’
un chiaro invito alla testimonianza, al comunicare a tutti Colui che abbiamo
conosciuto, amato e accolto nella nostra vita.
E’
la testimonianza che Filippo e i primi apostoli portano in mezzo alla gente,
così come ci ricorda la prima lettura, e che diventa la via che apre la strada
perché lo Spirito si effonda su tutti. Nel libro degli Atti c’è una diffusione
dello Spirito santo proprio grazie all’annuncio e alla testimonianza del
Vangelo.
Anche
noi come loro oggi siamo chiamati – personalmente e come comunità – a testimoniare
“la speranza che è in noi”, quella
speranza che è Gesù stesso che abita in noi attraverso il dono dello Spirito.
E’
il pressante invito che papa Francesco non si stanca di rivolgere alla chiesa
tutta: uscire, portare tra la gente, soprattutto tra chi è più piccolo, povero,
disperato, la bella notizia di un Dio che non ci vuole orfani, ma figli amati
per sempre e abitati dalla sua presenza.
E’
una testimonianza che va offerta certo con le parole, ma soprattutto con la
nostra vita attraverso uno stile di “dolcezza
e rispetto” verso tutti, anche verso coloro che non ci capiscono, ci
oltraggiano e ci deridono.
Come
possono capire le persone che incontriamo che sono amate da Dio? Solo
attraverso parole e gesti che sappiano dire loro questo amore concreto. Solo
attraverso la nostra vita che si apre alla solidarietà, all’attenzione per
l’altro, alla condivisione di ciò che siamo e abbiamo; solo con gesti di
perdono e di pace, di riconciliazione e di amore concreto.
Adora
Cristo che abita nel tuo cuore con il suo Spirito; porta Cristo ovunque e a
chiunque diventando testimone della sua presenza nella tua vita.
Questa la vita cristiana; questa la missione della
chiesa.
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