sabato 28 dicembre 2024

"Carovana e tempio" - Festa della santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe


Due famiglie: Anna e Elkana con Samuele (1 lett.), Maria e Giuseppe con Gesù (Vg.); le troviamo a bussare alla porta del Tempio.

Un andare al tempio per cercare ma anche per riconoscere che la vita è del Signore, da lui viene, con lui va vissuta e a lui va affidata e donata. Questa potrebbe essere la sintesi del messaggio odierno. Questo è ciò che Giovanni nella 2 lettura ci ricorda: “noi siamo figli di Dio…e saremo simili a Lui”.

La famiglia umana di Gesù è detta ‘santa famiglia’, sicuramente modello e riferimento per tutte le famiglie. La parola ‘santa’ significa divina (solo Dio è il Santo). Una famiglia umana-divina. Come tutte le famiglie. Questo a ricordarci che la nostra vita non è solo un fatto biologico-chimico: in essa c’è un mistero grande che tutto avvolge e a tutto da senso.

Questo mistero grande, divino dentro l’umano, Gesù lo scopre all’età dei dodici anni – come ricorda il vangelo – l’età della maturità e dell’autonomia a quel tempo… Ed è così che esce dalla carovana, dalla comitiva, e si reca al Tempio. Fa questo per manifestare la consapevolezza di non essere solo un uomo in carovana con altri simili, bensì di doversi occupare delle cose del Padre, di essere nelle cose del Padre, di essere pienamente Suo figlio.

Oggi la realtà umana della famiglia è fragile, lo sappiamo bene. Non è più così protetta da un ambiente cristiano ed è per questo che ha bisogno di un aiuto più forte; ha bisogno di aprirsi ancor più all’affidamento a Dio.

Il nostro mondo è fatto per l’economia, per il divertimento, per altro. Ma non è fatto per la famiglia, assai poco riconosciuta, difesa, incentivata e aiutata. Come cristiani non ci basta più la carovana degli uomini, occorre che riscopriamo il riferimento divino. La nostra vita è una vita secondo il Cielo; la famiglia ha una missione che Dio le affida, c’è una chiamata di Dio che opera in ogni famiglia.

Maria e Giuseppe, in quel momento di angoscia e di smarrimento, sono chiamati a fare un salto di qualità, a riconoscere di essere nelle cose del Padre, di doversi occupare delle cose del Padre celeste. Solo questo riferimento al divino, al mistero della sua presenza dentro la nostra storia può ridare loro coraggio e fiducia nell’affrontare le sfide delle relazioni umane, dell’educazione del figlio, del lavoro e del mantenimento, dello stare dentro la carovana degli uomini, nella società, guidati e illuminati tuttavia da quel Dio che è sorgente e fine del loro essere famiglia.

“Devo occuparmi delle cose del Padre mio”. Forse ce lo siamo un poco dimenticati nelle nostre famiglie, nella nostra vita quotidiana, tante volte trascinata avanti nella carovana del fan tutti così, perdendo vigore, orientamento e significato nel nostro vivere di ogni giorno. Senza la luce del divino l’umano cade facilmente nel buio delle tenebre, nel vuoto del non senso.

La festa di oggi ci aiuti a recuperare questa dimensione essenziale del divino dentro la nostra vita umana e familiare. L’apertura diocesana dell’anno giubilare, l’intero anno santo, ci aiuti in un cammino dove reimpariamo a “occuparci delle cose del Padre”, a ridare spazio all’ascolto della sua Parola, alla preghiera, a una vita di fede profonda, alla Messa domenicale in famiglia e come famiglia. Tutto ciò ci aiuterà a riscoprirci figli amati e chiamati con la nostra vita, con le nostre relazioni familiari, a collaborare per realizzare il disegno d’amore di Dio che vuole fare di tutta l’umanità una sola famiglia di fratelli e sorelle, di figli da Lui pensati, scelti e amati da sempre.

 

 

sabato 21 dicembre 2024

"Ecco io vengo" - Quarta domenica di Avvento

 

Natale festa dello stupore: Dio viene in mezzo a noi e questo è a dir poco grandioso, impensabile.

Ancor più sorprendente che per fare questo non sceglie ciò che è sublime, grande, perfetto; no. Sceglie ciò che è piccolo, povero, chi non si impone, chi non conta. “E tu Betlemme, così piccola… da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore”. Due donne: Maria, Elisabetta. Sconosciute. Una ancora vergine, l’altra sterile e anziana. Qui, il Dio infinito sceglie di manifestarsi.

Ma c’è ancora un ulteriore passaggio ancor più sorprendente. Infatti poteva manifestarsi in loro con segni particolarmente prodigiosi o anche solo in modo puramente spirituale: un messaggio, una rivelazione. No. La scelta è quella del corpo, in un corpo umano tutto uguale al nostro.

E’ l’immagine che torna nelle letture. “Partorirà colei che deve partorire” dice il profeta. Nel vangelo è un canto di grembi che danzano, di bambini che sussultano di gioia, di donne incinte. E infine la lettera agli Ebrei afferma: “un corpo mi hai preparato… ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”.

Ecco l’inaudito: il Dio dell’universo sceglie come luogo, spazio per la sua presenza tra noi un corpo, il corpo. La salvezza ci raggiunge “nel corpo” prima che nell’anima

Questa la via scelta da Dio e rivelata a noi attraverso Maria nel suo incontrarsi con Elisabetta.

Maria accoglie nel suo corpo vergine il Dio che si fa carne e si sente spinta a mettersi in viaggio per portare ad altri questa presenza inspiegabile. “Si alzò e andò in fretta”. Un corpo che si mette in movimento per andare a portare, a far toccare con mano, ad altri, che siamo abitati da Dio. E questo avviene nell’incontro, descritto in modo delicato e splendido da Luca. Un incontro che si apre con un saluto: “salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussulto nel suo grembo”. Si scopre anche lei abitata da Dio, dalla Vita; “fu colmata di Spirito Santo”. Basta un saluto perché l’altro si senta abitato, amato da Dio. Salutare è donare salvezza.

Saluto e salvezza sono parole che si richiamano; hanno una radice comune. Il saluto di Maria diventa saluto di salvezza; una salvezza che pervade il corpo e l’anima di Elisabetta, così come prima ha pervaso il corpo e l’anima di Maria davanti al saluto dell’angelo.

Tutto ciò, per ricordarci che il Natale è la festa della concretezza e non tanto o solo dei buoni sentimenti, della poesia, o peggio festa di favole, di panettoni e regali... La concretezza di un Dio che prende carne e fa della carne lo spazio della salvezza. Fa dell’incontro con gli altri il luogo dove si rende presente il suo amore che ci salva.

Celebrare il Natale dunque deve mettere in gioco tutto noi stessi a partire dal nostro corpo che è chiamato a diventare lo spazio concreto dove Dio continua oggi a essere presente. L’umano è il luogo, lo spazio del divino. Abitati da Cristo, in modo simile a Maria, per diventare portatori di Lui a chiunque incontriamo. 

Perché questo avvenga è indispensabile che si crei in noi lo spazio adatto, attraverso il nostro farci e riconoscerci piccoli, bisognosi di Lui e in particolare attraverso l’ascolto della Sua Parola. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”: è la prima delle beatitudini del vangelo. Maria crede perché ascolta. E ascoltando permette alla Parola di prendere carne nel suo corpo. 

In lei vediamo l’immagine di ciò che ogni credente è chiamato a vivere: generare in noi Gesù attraverso l’ascolto della Parola e con la concretezza della nostra vita, con il nostro corpo, con tutto noi stessi portarlo agli altri attraverso la gioia dell’incontro, la capacità dell’accoglienza reciproca, l’abbraccio che scaturisce dal perdono, il gesto di servizio concreto che genera solidarietà e fraternità. 

Anche noi come Maria facciamo sentire agli altri quella vita più grande che portiamo in noi: la presenza di Gesù, il Dio fatto uomo.

 

sabato 14 dicembre 2024

"Che cosa dobbiamo fare?" - Terza domenica di Avvento - Gaudete

 

“Che cosa dobbiamo fare?” La domanda che risuona sulla bocca di persone diverse nel vangelo di oggi è una domanda che più volte anche noi ci facciamo.

Quando emerge questo interrogativo? Quando ci si trova davanti a situazioni o eventi che ci toccano da vicino, che ci interpellano, in negativo (malattie, fallimenti, liti, problemi sul lavoro e di relazioni varie…) e anche in positivo (un evento imprevisto, una nuova opportunità di lavoro o di sistemazione, una vincita, incontri che segnano la nostra vita…)

“Che cosa dobbiamo fare?”: quali scelte, quali priorità, davanti a situazioni di questo tipo che ci interpellano?

Così deve essere accaduto per quella folla che seguiva il Battista davanti all’annuncio carico di forza e di profezia del Messia, davanti all’annuncio di una novità che si profilava all’orizzonte e che chiedeva di preparare strade, di abbattere colli, di riempire vuoti.

Come fare? Come muoverci davanti a un evento così nuovo e sorprendente? Come preparare la strada alla venuta di questo Dio così imprevedibile?

“Che cosa dobbiamo fare?” Questa la preoccupazione, questo vogliono sapere quella folla di rappresentanti anche di tutti noi oggi. Che cosa dobbiamo fare perché fiorisca nella storia la novità e la bellezza di Dio, perché l’amore vinca l’odio, perché si aprano strade di riconciliazione, di pace, di giustizia.

Forse quella gente – come noi – si attendeva risposte impegnative e complesse. Giovanni Battista invece offre risposte estremamente semplici.

“Che cosa dobbiamo fare?”: basta un pezzo di pane, un vestito, un poco di onestà, il rispetto dei corpi e dei beni degli altri. Cose di tutti i giorni, niente di straordinario. Ma è come se dicesse: sei tu che devi cambiare, allarga il tuo cuore, sveglia i tuoi occhi, guarda chi ti circonda con un poco più di affetto; solo così prepari la strada a Dio, solo con un pizzico di amore in più nelle cose che fai. Nelle cose di tutti i giorni.

Non lasciarti cadere le braccia” abbiamo ascoltato nella prima lettura del profeta Sofonia, non ti vengono chieste cose straordinarie per andare incontro al Dio che viene, l’importante è il “come” le fai, quanta vita tua ci metti dentro in tutto il tuo ordinario quotidiano.

Questo vivere l’ordinario in modo straordinario, cioè con e per il Signore è ciò che tutti noi siamo chiamati a fare. I nostri impegni di ogni giorno, le relazioni con gli altri e nella famiglia, l’attenzione a chi ha più bisogno, il coltivare la giustizia e l’onestà in tutto. E’ la strada, è la via perché fiorisca ancora oggi la novità di Dio dentro la nostra storia personale e sociale.

E sarà allora esperienza di gioia. Quella gioia che oggi viene annunciata e augurata dalla Parola di Dio: “Rallegrati, grida di gioia…perché? Il Signore è in mezzo a te. Gioirà per te e ti rinnoverà con il suo amore”. Dunque “siate sempre lieti nel Signore, siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino”.

Facciamo crescere in noi e attorno a noi, nonostante i tempi difficili che stiamo vivendo, anzi soprattutto in questi tempi difficili, la gioia che nasce dalla certezza che il Signore viene ed è presente per sostenerci e guidarci con il Suo Spirito, Lui che è il più forte. Con Lui impariamo a discernere la paglia dal grano, ciò che è vano da ciò che invece veramente conta e vale. Ecco cosa dobbiamo fare: con la nostra amabilità riaccendere gioia e fiducia in chi incontriamo perché tutti possiamo comprendere che solo nel Signore ci sarà data vera gioia e la sua pace custodirà i nostri cuori e le nostre menti.

 

 

sabato 7 dicembre 2024

"Nulla è impossibile a Dio" - Immacolata concezione della b.v.Maria - Seconda domenica di Avvento

 

“Nulla è impossibile a Dio”. Queste parole dell’angelo, che vogliono rassicurare Maria davanti alla non facile decisione da prendere, dopo lo straordinario annuncio di diventare Madre del Messia atteso, accompagnate dall’annuncio che Elisabetta la sterile è già al sesto mese, diventano anche per noi parole di speranza, di incoraggiamento, di fiducia.

“Nulla è impossibile a Dio”. Nulla può fermare il suo disegno di amore, nemmeno il peccato delle sue creature, nemmeno la morte. “Benedetto sia Dio – dunque – che ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo”. Il suo disegno sicuramente lo porterà a compimento portando tutti noi, l’umanità intera, all’incontro di comunione e di amore con Lui.

In Maria ci offre concretamente il segno che a Lui nulla è impossibile. Con l’immacolata concezione di questa donna ci dice che tutto può essere rigenerato e ricreato, tutto, nonostante tutto.

“Nulla è impossibile a Dio”. E non perché usa la forza, il potere, il dominio piegando così le cose secondo i suoi disegni ma al contrario. Perché silenziosamente opera nella storia attraverso la disponibilità libera, umile, silenziosa di tanti che, come Maria, sanno dire a Lui “Sì, eccomi”.

“Nulla è impossibile a Dio”: sceglie una donna, considerata nullità in quel tempo, con un nome - Maria - che nessuno avrebbe desiderato avere (richiamo alla sorella di Mosè donna ribelle e malvagia resa poi lebbrosa); la sceglie da un paese sconosciuto e mal considerato quale era Nazaret (“può forse venire qualcosa di buono da Nazaret”). La chiama nella ferialità di una casa, magari mentre sta rifacendo il letto o è intenta a lavare le scodelle della colazione; non nel tempio, non mentre sta facendo riti di preghiera. Dio la sorprende nel bel mezzo della vita. Insomma, peggio di così, secondo la nostra logica umana, non poteva fare. Eppure “nulla è impossibile a Dio”: dal piccolo, dal povero, dallo sconosciuto, da ciò che è considerato scarto e nullità, Egli sa trarre una storia nuova, un’alba di speranza, una possibilità di riscatto e di salvezza. Lo vedremo confermato questo suo agire proprio nel Natale verso il quale l’avvento ci accompagna. Così è stato, così è ancora oggi e sempre.

“Nulla è impossibile a Dio”. Questo ci ricorda Maria, sorella e madre nostra nella fede. Fidati, ascoltalo, accoglilo e lui farà grandi cose nella tua vita. Da Lui lasciamoci guidare e sperimenteremo nuovi orizzonti per questa nostra umanità tormentata dalle conseguenze del peccato. “Nulla è impossibile a Dio”. Quando non ce la fai più, quando il peccato ti fa toccare la tua nullità, quando il dolore annebbia il cammino, quando fallimenti e prove segnano le giornate, ricordati sempre: “Nulla è impossibile a Dio” e non stancarti di fidarti di Lui, come Maria.

La festa di oggi allora non è qualcosa di avulso e lontano dalla realtà di ogni giorno, dalla concretezza della nostra vita. E’ piuttosto una festa che porta dentro la nostra realtà di ogni giorno una certezza e quindi una grande speranza. La certezza è che “Nulla è impossibile a Dio”. La speranza che Lui sa portare a compimento il suo disegno di vita e di amore per l’umanità tutta; nonostante tutto. La prova: Maria l’immacolata. La piccola pensata e scelta per essere segno di speranza e di salvezza per tutti coloro che come lei sanno fidarsi del Signore e vivere secondo la sua Parola.

In un mondo segnato dall’incertezza e dal conflitto, il mistero dell’Immacolata Concezione risplende come un invito alla speranza. È il segno tangibile che il bene può trionfare sul male e che l’amore di Dio, puro e infinito, continua a rigenerare l’umanità. Riflettere su questo oggi significa riscoprire la bellezza di una vita orientata alla santità (“scelti per essere santi e immacolati nell’amore”), ricordando che ciascuno di noi, pur tra le difficoltà, è chiamato a contribuire alla realizzazione di un mondo più luminoso, più giusto e più degno.