Siamo
giunti alla conclusione dell’anno liturgico.
La
chiesa ci invita a fissare lo sguardo su Gesù, riconoscendo che lui è, nel
tempo che passa, il signore, il re, il cuore dell’universo.
La
Parola ascoltata presenta Gesù come colui che, venuto a compiere la sua
missione in mezzo a noi, l’ha pienamente realizzata, manifestandoci il volto di
Dio, inaugurando il regno di Dio in
mezzo a noi, vincendo contro le forze del male, come ci ricorda Paolo nella
seconda lettura di oggi.
Egli ora guida, come pastore, tutti noi, verso
la piena realizzazione, affinché si giunga tutti alla meta e “Dio sia tutto in tutti”: poche parole
che dicono verso dove si muove il cammino della vita.
Verso
quel Dio che lui ci ha rivelato, così diverso, così ‘altro’ da come noi lo
abbiamo sempre pensato (e a volte continuiamo a pensarlo…). Un Dio non da
cercare, ma che ci cerca, come un pastore (“io
cercherò le mie pecore…andrò in cerca della pecora perduta”). Un Dio che ha
pensieri di vita e non di morte, che desidera solo radunare tutti in sé, perché
Lui sia tutto in tutti. Già il profeta ne descrive con verbi di efficace
chiarezza questo suo modo di essere: “cercherò…radunerò….condurrò…
farò riposare…fascerò… curerò…pascerò con giustizia…”.
Questo
volto di tenerezza e di misericordia di Dio si fa manifesto nella vita di Gesù,
il Figlio dell’uomo venuto, Dio tra noi, e che verrà alla fine perché “davanti a lui verranno radunati tutti i
popoli” affinché si compia il regno annunciato e seminato nei solchi della
storia e nel cuore degli uomini.
Con
Gesù Dio è entrato dentro la nostra storia fragile, dolorosa, segnata dalla
morte, per generarla alla vita, per guidare ciascuno di noi alla pienezza di
vita che ha il suo compimento appunto quando “Dio sia tutto in tutti”.
Verso
questo compimento si muove l’umanità intera; a lui tutti i popoli convergeranno,
così come in modo pittorico ma estremamente efficace descrive Matteo nel brano
del vangelo.
Lì
si manifesterà allora, ancora una volta, questo volto sorprendente di Dio che
Gesù ha rivelato.
Volto
di giudice certo, ma ben diverso da come lo possiamo immaginare; il giudice
rimane pastore, rimane figlio dell’uomo, re, riferimento e guida per tutti.
E
il giudizio sarà a sorpresa.
Non
saranno le colpe, gli sbagli, i peccati da noi commessi il motivo del giudizio;
questi, nella sua misericordia sono già dimenticati; ci troveremo a misurarci
con il bene fatto oppure rifiutato.
Misura
del giudizio sarà l’amore.
Dio
non ci giudicherà in base alle nostre debolezze, ma in base al bene che avremo
fatto o non fatto.
Non
è un Dio che ti giudica e condanna se non ce la fai a vivere in un modo più
alto, ma un Dio che ti giudica in base alle cose migliori della tua vita; sulla
base di quell’amore dato gratuitamente a ogni persona e creatura, perché in
esse – sia che ne eravamo consapevoli o meno – Dio stesso abita ed è presente.
Il
Dio, entrato con Gesù nella storia dell’uomo, è il Dio che è già in tutti e che
alla fine sarà tutto in tutti. E dunque ogni atto d’amore concreto compiuto
verso ogni creatura, a incominciare dai piccoli, dai bisognosi, è atto compiuto
verso di Lui: “l’avete fatto a me”.
Questa
è la sorpresa finale: “Quando mai
Signore…?” Senza saperlo lo hanno amato, amando ogni piccolo, ogni
creatura. Ciò che ci salva non è tanto sapere chi è Dio, presumere di
conoscerlo, bensì amarlo attraverso quel creato e quelle creature dove Lui già
è presente; amarlo attraverso i semplici gesti quotidiani di amore verso ogni
creatura.
“Venite benedetti”: così ci riconosceremo davanti a lui
se la nostra vita sarà stata contrassegnata dalla concretezza dell’amore, umile
e silenzioso, paziente e generoso, dispensato gratuitamente verso tutti coloro
che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino. Non ci verrà chiesto se avremo
fatto miracoli, se avremo avuto visioni, ma solo se ci siamo presi cura
dell’altro, se abbiamo regalato tenerezza e misericordia.
Festa
di Cristo re: per ricordarci dunque che la storia tutta è nelle sue mani; non
mani di un despota severo e padrone che domina, ma di un Figlio che rivela il
volto del Padre, di un pastore che cerca e raduna l’umanità per farla entrare
nella comunione di vita con Lui.
Una
storia che, pur in mezzo alla lotta contro le potenze del male, continua il suo
cammino verso la pienezza della vita, guidata da Colui che già ha vinto il male
e ci invita, da lui guidati e sostenuti, a resistere ad esso attraverso la
concretezza dell’amore.
Quell’amore
che rimane unica strada che porta alla vita. Unica strada che ci è data da
percorrere se vogliamo salvare questa nostra umanità, se vogliamo affrontare e
tentare di risolvere le tante emergenze che contrassegnano il nostro vivere
quotidiano.
Questo
amore, che avremo attuato anche a costo di fatica e sacrifici, è ciò che Dio
conserva come tesoro prezioso e per questo egli ci riconoscerà e ci chiamerà
con sé “Venite benedetti nel regno
preparato per voi”.
E
allora “Dio sarà tutto in tutti”,
sarà tutto in me, in ciascuno di noi, senza più la morte, per sempre.
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