Ci
sono due eccessi nella vita di oggi: da una parte l’attivismo frenetico che non
concede tregua alcuna, rendendoci schiavi dell’orologio, del computer, del
cellulare, degli infiniti impegni che ritmano le giornate…; dall’altra
l’indifferenza più assoluta, il pensare solo ai propri interessi, alle proprie
preoccupazioni, senza scomodarsi affatto per gli altri…
Due
eccessi che tante volte si incontrano: il nostro frenetico vivere diventa un
pensare solo a noi stessi.
Siamo
invitati, dalla Parola di Dio oggi, a ritrovare un equilibrio, a uscire da una
vita dispersiva, a tendere a una vita più armonica e feconda.
Per
fare questo occorre innanzitutto verificare il nostro modo di vivere “i tempi e i momenti” – come ammonisce
Paolo nella seconda lettura – che la vita ci presenta. Paolo richiama i
cristiani a quella vigilanza che deve tradursi in un saper vivere con
responsabilità. “Non dormiamo, vegliamo,
siamo sobri”. “Non siete nelle tenebre… siete tutti figli della luce e figli
del giorno”. E’ invito a una vita luminosa che non cade negli eccessi sopra
accennati, ma si attua nell’equilibrio della responsabilità, capace di
riconoscere “i tempi e ei momenti”,
le occasioni che ci vengono date e di farle fruttificare al meglio.
Esempio
di tale vita vissuta con responsabilità è l’immagine della donna che il libro dei Proverbi ci presenta nella prima lettura.
Un’immagine che è riferita non tanto alla donna in sé, bensì vuole rappresentare
l’umanità stessa, quello che dovrebbe essere il modo di vivere del popolo di Israele,
di cui appunto la donna è immagine.
In
lei vediamo descritta una vita non certo dispersiva, anzi: sa unificare ogni
cosa (corpo, mente e spirito), divenendo così capace di vivere con
responsabilità i doni ricevuti. Una responsabilità che si traduce in
affabilità, laboriosità, vigilanza, generosità. Una vita dunque che si realizza
in modo luminoso, in piena armonia, lasciando attorno a sé una scia di luce, di
bellezza, di bene: “superiore alle perle
è il suo valore”. Così dovrebbe essere il nostro vivere nel mondo.
E
il vangelo torna sul tema presentandoci la figura dei tre servi. Anche in loro
possiamo vedere cosa significhi vivere con responsabilità o meno, e il
risultato che ne deriva. La felicità e la realizzazione (“prendi parte alla gioia del tuo padrone”) oppure il fallimento (“gettatelo fuori nelle tenebre”). Luce
e tenebre ritornano anche qui a indicare un modo di essere e di vivere.
Ma
importante e interessante è notare che il diverso modi di agire di questi servi
è strettamente legato all’idea e al rapporto che essi hanno con il loro
padrone.
I
primi due percepiscono che questo padrone-signore è estremamente generoso e
pieno di fiducia nei loro confronti, né colgono tutta la gratuità del dono
ricevuto (non dato in prestito…: “consegnò”
dice il testo: è un dare senza riprendere). Si rendono conto che più che servi
li considera suoi collaboratori, di più: quasi suoi familiari. E tali si
sentono. E la consapevolezza di ciò, li spinge a impiegare con libertà,
genialità, generosità quanto ricevuto.
Il
terzo servo invece si è fatta un’idea diversa e sbagliata “so che sei un uomo duro… ho avuto paura”: pensa al padrone con
paura, teme il suo giudizio, non coglie la sua gratuità, ma vede il rapporto
con lui in termini di contratto; è rimasto servo, non ha colto l’opportunità e
il dono ricevuto. Da questo modo di vedere e pensare deriva paura, timore,
calcolo, che portano questo servo non a impiegare, ma a nascondere, a
conservare quanto ricevuto.
Il
risultato è descritto chiaramente. La fiducia nella gratuità e nell’amore del
padrone, che ha portato i due servi al moltiplicare i doni del suo amore, è
premiata: “Bene, servo buono e fedele”;
e il padrone non solo non richiede quanto dato, ma rende partecipi di tutti i
suoi beni, di tutta la sua vita: “ti darò
potere su molto.. prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Non sono più
servi, ma signori come Lui.
La
paura che invece spinge a chiudersi e a conservare quanto ricevuto in dono
porta al fallimento: “Servo malvagio e
pigro”. E’ il “servo inutile”: perché
chiamato ad essere signore, è rimasto servo. E’ rimasto seppellito nelle
tenebre, perché ha seppellito i doni, le opportunità ricevute. Una persona che
ha fallito la sua esistenza per paura.
Il
cuore della parabola dunque è condurci a una corretta immagine di Dio e a
costruire con Lui una relazione giusta, liberandoci dalla paura di Dio che
impedisce di realizzarsi. Solo così tutta la nostra vita potrà diventare
produttiva, feconda.
Dio,
ci ricorda Gesù, non è un padrone avido, cui preme il guadagno, la resa, ma un
padre che ci riempie di doni e desidera solo che viviamo rimanendo fedeli al
Lui, fiduciosi nel suo amore, perché solo così questi doni potranno
moltiplicarsi, diffondersi.
Noi
non viviamo per restituire a Dio i suoi doni, ma per essere resi partecipi del
suo amore, per essere trasformati da servi in signori, da schiavi a figli. Solo
la fiducia in lui può aprirci a vivere come figli della luce. La paura invece
che ci chiude in noi stessi, alla fine ci immerge e ci soffoca nelle tenebre. Dal
rapporto che viviamo con Dio deriva dunque l’impostazione della nostra vita e
dipende poi il nostro modo di agire nella storia. Se tutto si riduce a un rapporto contrattuale
(padrone-servo) la vita diventa calcolo, paura di sbagliare, stretta osservanza
di regole, conservazione e attaccamento a quanto ricevuto.
Se
invece ci apriamo a un rapporto di gratuità e di amore (padre-figli) la vita
allora diventa opportunità, capacità di generare e moltiplicare l’amore
ricevuto, fantasia e generosità per moltiplicare e far crescere quel Regno di
Dio che ci è stato messo nelle mani perché, come figli, collaboriamo a
diffonderlo con amore e non a seppellirlo per paura.
Che
cristiani siamo dunque? Conservatori o creativi? Pigri o responsabili?
Un’immagine sbagliata, errata di Dio, può rovinare per
sempre l’esistenza del credente e la vita-missione della chiesa stessa. Sta a noi aprirci con fiducia a Lui così da
vivere nel tempo con responsabilità e armonia, non sciupando i momenti e le
occasioni che Lui ci offre, moltiplicando i doni del Suo amore
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