sabato 11 ottobre 2025

"Ti ho amato" - XXVIII domenica del tempo ordinario

La Parola di Dio di oggi potrebbe sembrarci un generico invito a saper ringraziare il Signore per i doni ricevuti: così come ha fatto il lebbroso samaritano, così come ha fatto Naaman il Siro nell’episodio raccontato nella prima lettura.

Credo tuttavia che ci sia una prospettiva più profonda da cogliere. Attraverso questi personaggi Gesù non vuole offrirci un buon esempio da seguire, ma ci interpella e ci stimola a ripensare al nostro rapporto con lui, alla nostra vita di fede.

Proviamo a comprendere meglio il testo nei suoi particolari.

C’è innanzitutto un’immagine di movimento. Tutto avviene “lungo il cammino”. Gesù è in cammino. I lebbrosi si scoprono guariti “mentre essi andavano”, mentre erano in cammino…

C’è anche un’immagine di staticità. Il “villaggio” di cui si parla aveva al tempo una connotazione negativa. Era simbolo della chiusura, della tradizione, della paura verso ogni novità. Simbolo dunque delle nostre sicurezze che ci impediscono di vivere, respirare e che, come lebbra, divorano la nostra vita, la mutilano, la fanno marcire.

Ebbene, Gesù entra nel villaggio ed entra per portare liberazione: invita quanti si riconoscono ‘lebbrosi’, malati, a uscire, a mettersi in cammino. E’ invito a uscire dalle tue sicurezze, dal tuo star bene lì dove sei, dal guscio delle tue certezze e metterti in cammino fidandoti di Colui che ti dice: “Andate”.

Certo è un “andate” che suona strano. Dove manda? Dai sacerdoti, da coloro che rappresentavano la legge. Ci si potrebbe aspettare una reazione a questo invito: perché da loro, non abbiamo bisogno dell’autorità, della legge. Tuttavia Gesù sembra, con questo invito, voler indicare che solo nella adesione al cammino del popolo, alle sue leggi, si trova la strada che fa uscire dal villaggio e apre agli altri. I primi passi da compiere, anche per noi, sono quelli di condividere valori umani comuni che ci fanno popolo, uscendo dai nostri particolarismi. E questi lebbrosi, fidandosi dell’invito, si scoprono infatti purificati, risanati, proprio mentre si mettono a camminare sulla strada indicata da Gesù.

Mentre vanno dai sacerdoti solo uno di loro intuisce che c’è Qualcuno che è superiore ai sacerdoti, alla legge; sa riconoscere che questa purificazione viene da Colui che li ha spinti ad andare, a uscire, a muoversi.

Uno solo, che torna non solo a dire grazie, ma soprattutto a riconoscere in Gesù la presenza di un Dio che va lodato e amato perché capace di un amore che libera. A riconoscere che solo fidandoti di questo Dio la tua vita può venire risanata, tu puoi uscire dal villaggio del tuo stretto io e aprirti agli altri, alle relazioni nuove, alla vita vera.

Uno solo, e per lo più straniero, samaritano: a ricordare a noi che quasi sempre gli ultimi, i più lontani (secondo i nostri criteri) sono i primi che sanno riconoscere la presenza di Dio dentro la vita quotidiana fino a fidarsi di Lui.

Fidarsi, sì; perché “La tua fede ti ha salvato”. E questa fede che cos’è se non tornare a Gesù, riconoscere in Lui il volto di Dio? La fede è questa nostra capacità di rispondere all’amore di Dio per noi.

Tutti guariti dunque ma uno solo salvato. Curioso anche questo. Noi che pensiamo che la guarigione da un male sia la cosa più importante. Di fatto non stanno così le cose. Si può guarire ma non salvarsi. La salvezza, ovvero la pienezza della vita, sta oltre la guarigione fisica o psichica, sta nel ‘tornare’, nel riconoscere Gesù e fidarsi della sua Parola, nel mettersi ai suoi piedi riconoscendo che solo da Lui viene la possibilità di una vita piena.

Ecco allora che il brano va ben al di là del saper dire grazie e ci offre diversi spunti personali e anche comunitari.

La Parola ci invita a ripensare alla nostra fede in Gesù, al nostro saper tornare sempre a Lui, al riconoscere che solo da lui viene possibilità di vita autentica. Ci invita a essere cristiani capaci di uscire dal villaggio, dalla chiusura che deturpa e rischia di far marcire la nostra vita. E’ la lebbra che oggi ci sta facendo lentamente isolare e marcire. Gesù ci libera, ci apre, ci invita a portare a tutti la bella notizia dell’amore di Dio che abbatte ogni barriera e fa rifiorire la vita.


 

Nessun commento:

Posta un commento