Si dice che “ogni bambino che nasce è segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità” (Tagore). Ogni vita che nasce è un segno di speranza e, come dice il detto popolare “finché c’è vita c’è speranza”.
Vita e speranza: sono le due parole che
ritornano come tema nel messaggio per la giornata della vita che oggi si
celebra e che ha come tema appunto “Trasmettere la vita. Speranza per il
mondo”. Un mondo dove sempre più la vita sembra essere non accolta e amata, non custodita e cercata.
Una giornata che si colloca in questa domenica nella quale celebriamo la festa della Presentazione del Signore al Tempio.
Una festa ebraica che il vangelo di oggi racconta nell’episodio che vede Maria e Giuseppe compiere ciò che la legge di Mosè prevedeva dopo i quaranta giorni dalla nascita. Una festa dove vita e speranza vengono celebrate.
Il racconto descrive questa festa come purificazione rituale presso il tempio dove si presenta a Dio il primogenito e per lui si fa l’offerta di un sacrificio.
Possiamo da questo episodio ricavare almeno tre parole che ci aiutano a rendere questo fatto attuale anche per noi oggi.
‘Incontro’ è la prima parola. Incontro al Tempio tra questa famiglia con il bambino Gesù e gli anziani Simeone e Anna. Immagine dell’incontro tra Dio e il suo popolo come già annunciava il profeta Malachia nella prima lettura e come abbiamo pregato nel salmo. I due anziani hanno occhi che sanno riconoscere in questo bambino la visita di Dio stesso, luce e salvezza per tutte le genti, di un Dio, come ci ha detto la lettera agli Ebrei, che “non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura”, dell’umanità, nella quale entra e viene a visitarci. Così questa festa veniva chiamata, festa dell’incontro (hypapanté) e vuole essere anche festa del nostro incontro con quel Gesù che vogliamo riconoscere come salvezza e luce per la nostra vita.
‘Purificazione’ è la seconda parola che consideriamo. E non tanto la purificazione rituale da parte dei genitori dopo la nascita del figlio, ma ancor più, per noi, la purificazione della mente e del cuore. Abbiamo bisogno di purificare le nostre idee e i nostri atteggiamenti in particolare nei confronti della vita. Oggi in particolare è sempre più diffusa l’idea che noi siamo i padroni della vita e ne possiamo fare ciò che ci piace. Questa festa ci ricorda invece che la vita non è nostra ma è dono di Dio, viene da Lui e a Lui va orientata, offerta, per Lui va vissuta e spesa. Ogni vita dunque è sacra, sempre; è luogo della Sua presenza e a Lui va offerta, vissuta come risposta di amore. Ci aiutano a riconoscere questo i religiosi e le religiose (suore, frati, monaci e monache, consacrati e consacrate) che celebrano questa giornata come “giornata della vita consacrata”. La loro consacrazione vuole essere segno chiaro di questa appartenenza a Dio che tutti ci riguarda (a partire dal Battesimo) e del nostro vivere per Lui. Noi oggi per loro preghiamo e dalla loro testimonianza ci lasciamo purificare il cuore perché abbiamo a riconoscere la grandezza, la dignità della vita e a viverla nel costante orientamento a Dio che ne è l’autore e il porto sicuro dove la nostra esistenza troverà approdo e pace.
Ultima parola: ‘luce’. Richiamata certo dalle candele accese e dalle parole di Simeone “luce per rivelarti alle genti”. La vita è sempre una luce che si accende, un segno di speranza. Lo è nella misura in cui essa viene vissuta nel suo riferimento primo: Dio. E lo è sempre. La vita nascente come pure la vita morente e sofferente. In ogni età e condizione brilla sempre, anche sotto il velo della sofferenza, la luce della presenza di un Dio che della nostra vita si prende cura sempre pronto “a venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”. Da qui l’invito a una vita luminosa, dove impariamo a regalare a tutti una testimonianza positiva, carica di speranza anche in mezzo alle inevitabili prove e fatiche che la vita stessa porta con sé, sempre certi che Colui che questa vita ci ha donato è anche Colui che questa vita ci aiuta a realizzare in pienezza.
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