Si rinnova il nostro appuntamento annuale in questa casa di Maria, che ci è tanta cara, un luogo amato da tante persone della nostra gente. È bello riconoscere nel santuario la casa di Maria perché il termine “casa” risveglia subito una relazione immediata, suscita confidenza, genera spontaneità. Quando usiamo la denominazione: “casa” essa non produce alcuna distanza, ma invece ravvicina, rassicura e identifica Maria in una di noi, nostra madre e sorella, alla quale ricorrere e affidarci.
E con noi affidiamo tutte le cose più preziose di noi stessi, gli slanci come i timori, le ansie, come anche le gioie più segrete del cuore. Le generazioni dei nostri avi hanno impregnato di preghiera queste mura, frutto di una confidenza che il popolo di Dio ha da sempre manifestato nei confronti di Maria.
Maria come madre premurosa è pronta ad ascoltarci, a venire di nuovo in nostro aiuto. Ci suggerisce come piacere a Gesù e compiere la sua volontà, che è la vera meta di ogni cristiano.
Maria non è una madre possessiva che tiene morbosamente legati a sé i suoi figli, ma come discepola del suo Figlio, addita loro la sorgente della grazia e della vita, li spinge ad avanzare, ossia a ricorrere a Gesù, ad ascoltare Lui, datore di ogni grazia, ad avere occhi più grandi, che sanno vedere oltre, ad andare incontro alla vita con fiducia nel Cristo crocifisso e risorto e così camminare con speranza.
“Quello che vi dirà, fatelo! Ci ripete ancora oggi. E ciò corrisponde al gesto simbolico che Gesù nel vangelo appena proclamato, usa quando opera la guarigione di una persona sordomuta. Gesù la prende in disparte, per risanare la causa del suo malessere, pone le dita negli orecchi a questo sordomuto poiché era affetto da sordità. e guardando il cielo sospira e dice: “Effatà” cioè apriti. Quest’ uomo non riusciva a parlare perché non poteva sentire.
Esiste una sordità fisica, ma anche una sordità spirituale, quella del cuore, di cui anche noi possiamo essere affetti. Non sempre sappiamo ascoltare la voce di Dio che sommessamente ci parla in tanti modi, dal momento che noi crediamo ostinatamente di sapere già tutto e caparbiamente crediamo di non avere bisogno di altro e di nessuno. “Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri, mi misero alla prova, pur avendo visto le mie opere” (salmo 94). È il monito che quotidianamente la Chiesa ci fa ascoltare ogni mattino nel salmo invitatorio. Un invito ad aprire il cuore all’ascolto di Dio, che vuole entrare in contatto con noi e ci parlerà di nuovo ancora, anche nel corso di questa giornata, dentro gli avvenimenti più ordinari o con persone che nemmeno immagineremmo come capaci di consegnarci messaggi eloquenti.
Ma spesso rinunciamo anche ad ascoltare quanti hanno desiderio vivo e magari urgente di parlarci: i nostri familiari, amici e colleghi di lavoro, mentre noi ci scusiamo perché non abbiamo tempo, siamo di fretta, non sopportiamo che altri aggiungano ulteriori preoccupazioni alla nostra esistenza già complessa. Siamo sordi agli appelli che ci giungono dai nostri fratelli che invece attenderebbero da noi parole di consolazione e di speranza.
Ci aiuti la vergine Maria, sempre aperta all’ascolto della Parola. Ci aiuti ogni giorno ad ascoltare le parole del suo Figlio, ma anche ad avere un cuore capace di accogliere in profondità i nostri fratelli, desiderosi di essere ascoltati con cuore docile e attento.
Oscar card. CANTONI
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