sabato 4 novembre 2023

XXXI domenica del tempo ordinario

 

Stare davanti o stare dietro. Oggi Gesù ci invita a verificare il nostro modo di essere e di vivere, il nostro modo di costruire le relazioni e la comunità.

Per tradurre in parole povere quanto è detto nel brano del vangelo potremmo usare l’immagine del cellulare che oggi ormai è diventato parte di noi. Lo si usa quasi per tutto. Forse meno per telefonare e più per fare foto e stare sui social. Ebbene ci sono due modi di fotografare col cellulare: fare foto o fare selfie. Questi due modi penso ci aiutano a capire la pagina del vangelo.

Oggi sembra prevalere la mania del selfie (a volte fino a mettere a rischio la propria vita). E fare selfie significa mettere sé stessi davanti all’obiettivo (nb. ‘selfish’ = egoista). Io al centro, Io davanti a tutto. Io. Mi fotografo per esibire la mia immagine davanti al mondo. Immagini che spesso finiscono - modificate, ritoccate, filtrate - sui social accompagnate a volte da commenti assai banali se non ridicoli. Il tutto per metterci al centro, per farci notare, per attirare su di noi l’attenzione degli altri con l’illusione di conquistarli e sedurli.

Ascoltando il Vangelo ci accorgiamo che le dinamiche che Gesù denuncia nell’atteggiamento degli scribi e dei farisei sono le stesse: apparire, farsi notare, mettere sé stessi al centro a parole più che coi fatti. Essi assomigliano molto ai seduttori e narcisisti di oggi. Vogliono essere visti, notati, con la pretesa che i loro comportamenti diventino prassi per tutti, imponendo quasi agli altri ciò che poi di fatto non sono e non fanno.

Gesù contrappone ad essi quello che invece deve essere lo stile dei suoi amici. E qui torniamo allora all’esempio di prima sostituendo al selfie la fotografia. Fotografare, a differenza del selfie, chiede di stare dietro l’obiettivo, di mettersi in secondo piano per fare spazio al panorama, alle persone che mettiamo davanti a noi e al centro della nostra attenzione. Non più l’io ma l’altro, il noi, che prevale. L’altro riconosciuto nella sua bellezza e valore e considerato per quello che è come amico e fratello, l’altro fatto sentire a proprio agio e apprezzato.

Si afferma così uno stile nuovo che Gesù chiede, direi esige dai suoi con quel “Ma voi non…”. Propone loro indicazioni ben diverse: “Non fatevi chiamare maestri… uno solo è il vostro maestro, voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi, perché uno solo è il Padre vostro. E non fatevi chiamare guide, perché uno solo è la vostra guida il Cristo”. “Chi tra voi è più grande sarà vostro servo”.

Tutto viene rovesciato. Gesù ci mette davanti la vera immagine delle relazioni. L’agire nascosto invece dell’apparire; la semplicità invece della vanità; il servizio invece del potere. Sono lo Statuto della nuova comunità. Uno solo Maestro, Padre, Guida: il Dio che in Cristo si è fatto servo di tutti noi, per renderci figli amati e fratelli. Ecco la vera gerarchia, se proprio deve essercene una: Dio in basso, ai piedi, servo, e in Lui noi tutti fratelli.

Dentro questi atteggiamenti è chiamata a muoversi e crescere la nostra vita personale se vogliamo costruire relazioni familiari e sociali costruttive, che non ci portino all’isolamento narcisistico, ma alla comunione gioiosa e fraterna.  

Su queste basi siamo chiamati insieme a ridare vita alle nostre comunità cristiane, alla chiesa tutta, attraverso un cammino di conversione che si apre e si attua in atteggiamenti di umiltà autentica, di servizio, di misericordia e di rinnovata fraternità. Il Sinodo che è in corso dentro la chiesa deve essere richiamo a questo stile nuovo, alternativo alla logica mondana. L’attuale situazione di precarietà economica deve stimolarci a rivedere le nostre relazioni sociali. Il dramma di una guerra sempre più diffusa e atroce, di una violenza serpeggiante nelle menti e nelle azioni deve stimolarci a ripensare una convivenza che sappia aprirsi all’accoglienza del diverso, a una società dove si attua la convivialità delle differenze.

Dal selfie alla foto di gruppo! E’ la strada di conversione che oggi la Parola ci propone, Dall’io al noi. Dal narcisismo che isola, alla fraternità che include e apre a relazioni certamente non sempre facili da costruire ma sempre feconde di novità e di rinnovata capacità di amare.

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