"Ecco il nostro Dio…” dice il profeta. Un Dio che prepara un banchetto di festa per tutti, che vuole per tutti vita piena. Un Dio che dona e non chiede, non pretende. “Eliminerà la morte… asciugherà le lacrime su ogni volto”. E’ il Dio della vita, della gioia, della festa, della consolazione il Dio che Gesù ci rivela anche in questa parabola. Un Dio che vuole condurci, attraverso le sorprese del suo amore, all’incontro con Lui, dove la vita tutta trova la sua pienezza.
E Gesù, descrivendo nella parabola il Regno di Dio - “è simile a…” - vuol farci comprendere come tutto ciò riguardi non solo la meta finale bensì il nostro oggi dove il regno di Dio già è presente e cresce. Questo per ricordarci che la vita già ora deve esprimere tutta la sua bellezza e capacità di promuovere speranza, gioia, convivialità.
Bello, ma l’esperienza quotidiana sembra invece smentire tutto ciò. La vita ci appare ben altro, contrassegnata da morte, lacrime, violenza, delusione, male. Perché? E’ forse tutto un inganno ciò che la Parola ci annuncia? Solo illusione, evasione?
Che cosa impedisce il realizzarsi di quanto annunciato?
La parabola, nei diversi personaggi, raffigura tutti noi che, davanti alla chiamata “venite alle nozze”, più volte ripetuta, rispondiamo in modi diversi. Il racconto ci costringe a rivedere il nostro modo di rispondere alla chiamata che Dio rivolge, a tutti e a ciascuno, perché sono proprio le nostre risposte, le nostre scelte che impediscono il realizzarsi del desiderio di Dio che strappa veli di paura, che asciuga lacrime e vince la morte e vuole per noi vita piena.
Proviamo a individuare, attraverso il racconto, gli ostacoli che si frappongono tra il sogno di Dio e la realtà che stiamo vivendo.
Il primo ostacolo è l’indifferenza che porta a trovare scuse: ‘non ne ho voglia’; a pensare solo ai nostri affari: “non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Indifferenti all’invito e protesi solo su noi stessi. E’ così quando pensiamo che la questione Dio e la fede in Lui, siano fattore secondario della vita, quasi un di più… se c’è tempo bene altrimenti pazienza… Quando chiudiamo la nostra vita dentro gli stretti confini di una visione materialistica, lasciando Dio ai margini, viviamo pensando solo al nostro star bene e diventiamo così indifferenti verso tutti e tutto.
C’è un secondo atteggiamento che la parabola
esprime attraverso il rifiuto violento, l’opposizione: “presero i suoi
servi, li insultarono e li uccisero”. E’ la persecuzione, il rifiuto dei
profeti, la chiusura totale a chi ci porta il messaggio di vita che viene da Dio.
Non è solo violenza fisica. Oggi, anche tra noi cristiani, opponiamo questo
rifiuto quando non ascoltiamo la voce di chi ha il ruolo di guida, opponendo
critica, se non insulto e derisione. Quando preferiamo dare ascolto e voce a chi insulta, uccide, demolisce, piuttosto che a chi con mitezza e pazienza costruisce relazioni di pace.
La parabola poi ci mette in guardia anche da un ultimo rischio. E’ rappresentato nell’immagine di colui che accetta l’invito, ma si presenta senza l’“abito nuziale”. Cosa indica questo “abito nuziale” dimenticato? Sta a significare che costui ha risposto all’invito, ma con superficialità, senza convinzione e sincerità, senza amore, senza partecipazione, con freddezza. E’ il rischio che possiamo correre noi, cristiani di vecchia data; la superficialità che porta freddezza e non coinvolgimento. Il vivere sì una relazione con Dio, più per abitudine che per convinzione, quasi con stanchezza, come un peso, come un purtroppo piuttosto che opportunità, dono, passione e gioia.
Il sogno di Dio che vuole vita in pienezza per tutta l’umanità potrà realizzarsi solo se impariamo a non lasciarci condizionare da questi atteggiamenti negativi: indifferenza, violenza, superficialità.
Sull’esempio di Paolo, rimettiamoci in cammino imparando a stare dentro alla realtà quotidiana -“so vivere nella povertà come nell’abbondanza”- sapendo che “tutto posso in colui che mi dà forza”. Sapendo che Colui che ci chiama a una vita piena, alla festa di nozze, è anche Colui che ci dona la capacità di rispondere alla sua chiamata e di realizzare pienamente la nostra vita.
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