Ancora una
volta sono gli scribi e i farisei che provocano Gesù, come domenica scorsa. Sono
i più integralisti e rigidi, scrupolosi nel far osservare la legge…agli altri,
giudici spietati verso chi non rientra nei loro schemi mentali. Come questa
povera donna sorpresa in adulterio.
C’è in
questo atteggiamento un non so che di attuale. Condannare, giudicare, mettere
all’indice chi, secondo noi, sbaglia, è diverso o agisce fuori da quella che è
ritenuta la prassi comune. Oggi questo è diventato un vizio pubblico: con
parole e gesti si porta a rovina la convivenza stessa, le relazioni sociali,
anche dentro le famiglie, alimentando sfiducia, cattiveria, odio. E quante
volte certi giudizi diventano come muri che bloccano ogni possibilità di
crescita, di cambiamento, di maturazione!
“Ma allora
lasciamo correre tutto? Va tutto bene? Lasciamo che ognuno faccia quel che
vuole?”. No. La questione non è questa. Occorre riconoscere ciò che è
sbagliato, il peccato, ma salvare, aiutare chi sbaglia, la persona.
Gesù non
chiude un occhio sul peccato, non scusa la donna per un peccato che sicuramente
ha commesso. Gesù vuole però che il giudizio di Dio sia di Dio, non dell’uomo;
l’uomo non può arrogarsi questo diritto, tutti siamo peccatori: “chi di voi è senza peccato getti per primo
la pietra”.
E il
giudizio di Dio non è mai senza una possibilità di salvezza, perché Dio non
vuole la morte ma la vita per tutti i suoi figli.
Nell’incontro
tra ‘la miseria e la misericordia’
(come s.Agostino definisce questo racconto) Gesù regala a quella donna - e a
tutti noi - la speranza. Una speranza più forte di ogni peccato. Condanna il
peccato, la miseria, non condanna il peccatore, usa misericordia. E con il
perdono lo riabilita e lo apre alla speranza di una vita nuova, di un futuro
nuovo.
“Non ricordate più le cose passate, non pensate più
alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova”. Sono le parole del profeta nella 1 lettura.
La novità lì promessa è la novità stessa manifestata da Gesù. “Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora
germoglia, non ve ne accorgete?”.
Forse il
dramma è proprio qui. Non ci accorgiamo che è possibile una via nuova, scelte
diverse. Andiamo avanti immersi nei nostri schemi, nel nostro modo abituale di
catalogare gli altri, Dio, noi stessi e non ci accorgiamo che invece Dio ha
rovesciato tutto, ha scompigliato i nostri schemi, ha buttato all’aria i nostri
giudizi.
In Gesù fa
germogliare la novità sconvolgente del suo amore misericordioso che ha la forza
di aprire un futuro là dove tutto sembrava fosse perduto. Ha la capacità di
ridare speranza a chi, a causa del suo passato, si sente soffocare
dall’angoscia e dalla disperazione.
La
presenza di Gesù è la novità assoluta: una presenza che cambia il destino di
ciascuno di noi.
Cambia il
nostro modo di guardare a Dio e ci svela il suo vero volto di perdono e
misericordia.
Cambia il
nostro modo di guardare verso l’altro, sentendo ogni creatura come parte di noi
stessi aprendoci ad atteggiamenti di misericordia e di perdono reciproco.
La
presenza di Gesù poi cambia anche il nostro modo di guardare a noi stessi
perché ci fa comprendere che non c’è fallimento che non possa essere superato;
non c’è caduta dalla quale non ci si possa rialzare; non c’è peccato che non
possa essere perdonato.
Con Lui
tutti possiamo sempre ricominciare di nuovo. Tutti possiamo cambiare. E insieme
possiamo aiutarci a cambiare questa nostra società divenuta così spietata e
ingiusta, così arrogante e giudicante.
Cambiamo
sguardo, cambiamo prospettiva, per generare relazioni di misericordia, di
attenzione alle fatiche dell’altro; offrendo quel perdono che apre a strade di
novità, regalando parole e gesti di comprensione e di incoraggiamento che
permettano, riconosciuti gli sbagli, di ricostruire se stessi.
“Và e d’ora in poi non peccare più”:
ecco la forza del perdono, che riconosce il peccato ma permette di superarlo,
di aprirsi a una novità di vita. Sono
parole dette per ciascuno di noi: “Và e
d’ora in poi non peccare più”. Và e d’ora in poi regala a tutti
misericordia e non giudizio e condanna.
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