L’immagine utilizzata da Paolo nella
seconda lettura – il corpo e le diverse membra – descrive con efficacia la
Chiesa di cui tutti noi, grazie al dono del Battesimo, siamo parte. E’
un’immagine che parla di unità nella diversità, di comunione nella molteplicità
dei doni, di “convivialità delle differenze”, di un’armonia che si compie nel
rispetto delle diversità e nell’attenzione a chi è più debole e fragile.
Insomma nessuno può dire : “Non ho
bisogno di te, non ho bisogno di voi”. Anzi “le parti più deboli sono le più necessarie”. Solo se “le varie membra hanno cura le une delle
altre” il corpo trova la sua armonia e bellezza, la sua forza e vigore.
L’immagine possiamo applicarla, pur con le
dovute differenze, anche alla società che come cittadini insieme costituiamo.
Il popolo è come un corpo fatto da diverse
membra, e tutte sono ad esso necessarie. Non si possono fare discriminazioni,
né rifiutare o peggio eliminare alcune membra, se non a costo di far morire il
corpo stesso, di far venir meno il popolo, la società. Discorso attualissimo
questo, celebrando oggi la giornata della memoria che ci riporta a un passato
molto vicino carico di pazzia e di morte, frutto di aver voluto creare una
razza pura, eliminando il diverso.
Tuttavia l’armonia di un popolo, di una
società e della chiesa stessa non si attua semplicemente nell’accostamento di
parti diverse con la speranza che abbiano ad accettarsi.
Occorre piuttosto un legame, una spinta
interiore che permetta di crescere insieme percependo sempre più l’importanza
di ciascuno e la bellezza delle diversità che si accolgono, si rispettano, si
aiutano.
Quale può essere questo legame che rende il
corpo armonico, unito, solidale? La nostra società italiana è uscita dal secolo
buio delle grandi guerre dando vita alla Costituzione. Queste parole, definite
con saggezza e frutto di esperienza vissuta, continuano ad essere il collante
per la vita democratica del Paese. Così è ed è stato per ogni popolo.
La prima lettura ci presenta il popolo di
Israele dopo l’amara esperienza dell’esilio: si ricompone e si riunisce attorno
alla Parola di Dio riscoperta, accolta, ascoltata e vissuta.
La descrizione di questo momento solenne di
ascolto esprime la forza unificante e stimolante che la Parola ha verso gente
provata, divisa, emarginata. Si torna ad essere popolo attorno a una Parola,
alla Parola stessa di Dio.
Così è ancora oggi per noi cristiani. Come
Chiesa sappiamo che ciò che ci unisce in un solo corpo è quella Parola che si è
fatta carne in Gesù.
Il Vangelo di oggi si apre con la premessa
di Luca che come ministro della Parola vuole renderci partecipi della solidità
degli insegnamenti ricevuti. E poi il testo continua presentando Gesù che nella sinagoga legge la
Parola, la spiega. Si presenta come colui che è venuto a portare una parola che
genera liberazione, solidarietà, fraternità. Una parola che trova compimento,
oggi, subito in Lui.
“Gli
occhi di tutti erano fissi su di Lui”.
Anche noi oggi dobbiamo tornare a fissare
su Gesù i nostri occhi per trovare in Lui quella Parola viva ed efficace.
Parola che ha la forza di liberarci da ogni
forma di egoismo e di divisione, per renderci un solo corpo, il Suo Corpo,
nella pluralità e ricchezza dei suoi membri e nell’armonia che tutti unisce in
fraternità e amore. Chiesa che continua a testimoniare nell’oggi la forza
rinnovatrice di un Vangelo che può e deve continuare a trasformare noi stessi e
questa storia per renderla conforme al disegno di Dio, quale storia di
giustizia, di pace, di solidarietà tra tutti gli esseri umani.
Proprio come abbiamo pregato
all’inizio della Messa: “O Padre, tu hai mandato il Cristo ad annunziare
ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi
risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione
e di salvezza”.
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