...accompagnati dalle parole del nostro vescovo Oscar:
Un
altro anno è compiuto, uno nuovo è alle porte. Per un cristiano tutto è nelle
mani di Dio, che attraverso la signoria di Cristo risorto guida efficacemente
la storia e la conduce a pienezza. Da
qui il nostro umile ringraziamento per i benefici ricevuti nell’anno che si
chiude.
Contemporaneamente,
però, tutto è affidato anche alle nostre mani, alla nostra libertà, alla
responsabilità e alla saggezza delle nostre scelte, essendo noi uomini artefici
del nostro futuro, così come del creato,
affidatoci da Dio quali custodi e non certo padroni.
Le
nostre azioni passate ci seguono, ci aprono strade nuove o le ostruiscono. Noi
paghiamo lo scotto delle nostre paure, delle nostre difese, delle nostre prevenzioni.
Nello stesso tempo non cessiamo di reinventarci, di aprirci a nuove mete, di
tentare altre possibili sviluppi, in un clima che eviti tensioni e
contrapposizioni, solo protesi nell'interesse del bene comune.
Noi
siamo anche debitori di quanti, nel tempo, ci hanno preparato, a loro volta, la
casa comune che è il nostro mondo. Anche solo osservando la nostra Cattedrale,
soprattutto l’altare, di cui è ricorso quest’anno il 700^ anniversario della
sua consacrazione, ci rendiamo conto della ricchezza che ci è stata donata. A
loro volta, i nostri figli saranno determinati dall'impegno o meno con cui noi,
in questa nostra precisa epoca della storia, avremo creato le condizioni per un
loro futuro.
Siamo
tutti coinvolti in una medesima avventura, affascinante, da una parte, ma,
dall'altra, anche piena di enigmi. Non possiamo permetterci di voltarci
dall'altra parte, come se niente dipendesse da noi, come se le difficoltà,
tuttora persistenti, fossero causate solo dagli altri; non possiamo ritirarci
nel nostro ristretto orizzonte, dove tutto funzionerebbe secondo la nostra
unica prospettiva. Non è più possibile delegare ad altri i doveri e le
responsabilità di ciascuno. A tutti il compito di partecipare, di prendere
l'iniziativa, di aprirsi al futuro da persone coinvolte e non solo da spettatori.
Solo lavorando insieme possiamo contribuire efficacemente alle soluzioni che
affliggono l'umanità e che rendono la nostra società uno spazio accogliente e
ospitale.
Dobbiamo
fare i conti, piuttosto, con la realtà complessa e articolata, che ci supera,
che ci conduce al di là dei nostri confini, che ci dischiude nuovi orizzonti,
imparando a convivere, qui nella nostra terra, con una cultura pluralista,
frutto della presenza di persone provenienti da altre parti del mondo. Le
persone, sebbene diverse da noi, non possono essere ritenute delle minacce o
nemici da temere, ma devono essere ospitate come fratelli in umanità.
Il
nostro compito consiste nel riflettere sul nostro stile di vita e i nostri
ideali, riconoscere i valori fondamentali e ineludibili, che promuovono il bene
dei singoli e insieme il bene comune, e nello stesso tempo, imparare a chiamare
per nome ciò che condiziona l'uomo, lo degrada e gli fa rinunciare alla sua
dignità regale, che deriva dalla comune appartenenza alla famiglia dei figli di
Dio.
Non
siamo figli unici, ma membri di un vasto mondo articolato, chiamati a vivere la
nostra comune umanità dentro il nostro territorio. Il mio ministero di
comunione e di sintesi, mi aiuta a tenere aperti gli occhi ed accorgermi dei
tanti casi che mi vengono presentati e che a volte mi trovano incapace di
soluzioni a breve scadenza.
Penso
alla tante famiglie divise, dove non c'è armonia, né intesa tra marito e
moglie, ma ostilità e a volte anche violenza, alla incapacità di dialogo tra genitori e figli, ai giovani senza
prospettive di lavoro, alle tante persone vittime delle varie forme di
dipendenze, alcune delle quali frutto del troppo progresso. Penso alla
solitudine degli anziani, lasciati soli dai propri figli, a quanti, non più
giovani, hanno perso ogni prospettiva di lavoro e hanno vergogna di confidare
ai loro figli la loro umiliante situazione, tentando anche, a volte, di
togliersi la vita.
Penso
ai profughi che ospitiamo, i quali hanno lasciato le loro terre d’ origine,
fuggendo dalla guerra, persecuzioni e degrado ambientale e altre forme di
violenza organizzata. Accogliere queste persone non basta, occorre favorirne l’
integrazione, permettendo che essi partecipino pienamente alla vita della
nostra società .
Assieme
a queste povertà materiali, ne esistono però altrettante, a livello spirituale,
non abbastanza sottolineate, e più gravose ancora, perché tolgono la pace, non
favoriscono rapporti interpersonali significativi, condannano l’ uomo a vivere
una sola dimensione: un benessere materiale, senza respiro d'anima, alla
ricerca di gratificazioni immediate. Quante persone snaturano gli avvenimenti
più importanti della vita, come il
nascere o il morire, privano i legami
affettivi di stabilità, coerente e fedele, fondano tutto sull'incertezza del
provvisorio, o su gioie apparenti, che non sono altro che evasioni dagli
impegni della storia.
Se
si toglie alla vita la sua dimensione trascendente, non c'è più spazio per Dio,
ma anche per le persone, ridotte a semplici concorrenti, esseri anonimi e senza
volto, invece che fratelli.
Le
speranze che il mondo consumista di oggi offre ai giovani sono troppo piccole
per riempire il cuore degli esseri umani, assetati di infinito.
Davanti
a questi esempi di povertà materiale e immateriale, vogliamo tutti sentirci
coinvolti e sostenerci reciprocamente, in un comune impegno per dare un'anima
alla società, perché sia "a misura d'uomo" e alle persone la garanzia
per una vita piena, intensa e felice.
La
comunità cristiana, se vuol offrire un aiuto concreto alla società e presentare
un' immagine di Chiesa "esperta in umanità", nel tentativo di rendere
il mondo più umano, dovrà favorire
sempre più l'incontro con le istituzioni civili, con gli organismi di
partecipazione, per costruire e sviluppare con essi una cultura fondata sulla misericordia,
mediante delle scelte essenziali e significative, che il prossimo Sinodo
diocesano potrà proporre e favorire.
Vogliamo
partecipare alla costruzione di una cultura fondata sulla misericordia, in cui
nessuno guarda all'altro con indifferenza, né gira lo sguardo quando vede la
sofferenza dei fratelli.
Sempre
più comprendiamo come la Chiesa debba mettersi a servizio del mondo, portando
un messaggio di speranza, soprattutto a quella parte di umanità ferita,
dolorante, che ha bisogno di compassione e di aiuto per ritrovare se stessa,
senza sentirsi giudicata, ma piuttosto accolta e sostenuta da una comunità
cristiana che si presenta "col volto di mamma", come ha auspicato
papa Francesco. La fede in Cristo rende la persona libera, piena di gioia e
capace di compassione.
Mi
è caro ricordare ora uno dei prossimi appuntamenti che coinvolgerà anche la
Chiesa di Como e la società civile, ossia la beatificazione a Vigevano, il
prossimo 3 febbraio, di Teresio Olivelli (1916-1945), nativo di Bellagio, membro attivo dell'Azione
Cattolica, rettore del collegio universitario Ghislieri di Pavia, alpino nella
campagna di Russia, membro della Resistenza e infine internato in un campo di
concentramento nazista, in cui offrì la sua vita per difendere un suo compagno
di prigionia. A buon diritto, il papa S. Giovanni Paolo II definì la sua morte "simile a quella di S. Massimiliano
Kolbe". I suoi gesti eroici non furono improvvisati, ma frutto della sua
paziente formazione, della abituale intimità con Dio e con l'esercizio
quotidiano e feriale della carità.
Non
posso poi tralasciare un appello che mi sembra importante e che deve
interessare tutti. Nel prossimo mese di marzo saremo chiamati alle urne.
Siamo
in un periodo in cui i partiti e gli uomini politici hanno generato delusione e
lontananza dall’impegno politico. Il malcontento e la diffidenza verso i
leaders politici si sono approfonditi a causa di aspettative non soddisfatte e
problemi non risolti. L’astenersi dal voto, a cui tutti invece siamo obbligati,
non deve essere espressione di questa
delusione. Non deve essere il partito dei rinunciatari a prevalere, e nemmeno i
leaders populisti possono assumere le responsabilità di governo sfruttando le
rabbie e le paure della gente, a causa di promesse di cambiamento seducenti,
quanto irrealistiche. Ciascuno in coscienza si orienti verso quei candidati che
presentano programmi che facilitino il bene possibile, che tutelino la dignità
e il rispetto delle vita delle persone, che facilitino la solidarietà e non si limitino a promesse aleatorie.
Mancare al voto è da considerarsi un vero e proprio peccato di omissione, che
non fa altro se non delegare in bianco, senza compromettersi responsabilmente.
Una
iniziativa che mi sento di raccomandare alla comunità civile è quella di favorire la presentazione della prima parte
della Costituzione italiana, nel settantesimo della sua promulgazione, dove
sono enumerati i fondamentali principi, diritti e doveri per una società libera
e democratica. In un epoca in cui si sono smarriti gli ideali del vivere
civile, è urgente aiutare le persone e la società a riscoprire l'essenziale di
una civiltà veramente umana.
Potrebbero
nascere sani dibattiti da parte delle grandi famiglie culturali ideologiche,
che insieme hanno redatto a suo tempo la Costituzione, e organizzare interventi
educativi anche nelle nostre scuole superiori,
per aiutare i giovani ad attualizzare quei principi fondativi, base del
nostro vivere civile.
A
conclusione, auguro a tutti che Gesù, nato nelle nostre vite, possa essere
donato, a nostra volta, a quanti non hanno mai sperimentato amore e gesti di
tenerezza, poiché tutti hanno diritto di toccare con mano la grazia di Dio, di
cui noi siamo stati partecipi.
Nessun commento:
Posta un commento