“Và a
lavarti… andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Queste le modalità
attraverso le quali l’uomo cieco dalla nascita torna a vedere.
Dall’acqua alla luce. L’acqua rinnova e
purifica aprendo gli occhi al vedere. Acqua, luce: Gesù. E’ lui che nel vangelo
oggi si presenta come “la luce del
mondo”.
Nel brano torna più volte il verbo vedere:
Gesù “vide”, così i suoi discepoli,
poi la gente che lo “aveva visto prima”
e ancora i farisei, i giudei, i genitori stessi del cieco. E infine è lo stesso
cieco che recuperata la vista si sentirà dire: “Tu lo hai visto”, arrivando così alla splendida professione di
fede “Credo Signore!”.
Si parla di vedere, ma con effetti diversi.
C’è chi vede ma non riconosce, e chi non vede ma arriva a credere.
E’ tutta una questione di sguardi. Già lo
ricordava Dio al profeta Samuele, mandato a ungere Davide: “Non guardare al suo aspetto…non conta quel che vede l’uomo; l’uomo
vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”.
Come sono vere queste parole. Il nostro
sguardo il più delle volte sa solo fermarsi all’apparenza, all’esteriorità e si
fa sguardo che critica, giudica, condanna, cataloga, esclude… Come i discepoli
che vedono e subito si chiedono “chi ha
peccato?”; come i farisei che vedono ma si fermano ai loro schemi,
all’esteriorità di una legge non rispettata perché era sabato: diventano così spietati
giudici, incapaci di riconoscere la novità che era lì sotto i loro occhi.
Sguardi diversi: alcuni colpevolizzanti,
altri solidali, pieni di misericordia, come lo sguardo di Gesù che “vide” e si avvicinò, toccò con mano,
sanò gli occhi del cieco.
Qual è il nostro modo di vedere le persone,
i fatti e gli eventi della vita, il nostro modo di guardare agli altri e a Dio?
Sguardi superficiali e pronti a ‘fare le
misure’ a tutto e a tutti o sguardi profondi che aprono a speranza, fiducia,
offrono vicinanza e solidarietà?
Abbiamo bisogno di imparare sguardi nuovi.
I nostri occhi sono forse abituati a vedere
di tutto e di più, ad immagazzinare così tante immagini e il più delle volte
tristemente negative che anche il nostro sguardo poi ne resta condizionato,
indebolito, malato.
Lasciamo che Gesù stesso si fermi vicino a
ciascuno di noi per sanare i nostri occhi, gli occhi del nostro cuore e della
nostra mente, così che abbiano ad essere capaci di vedere le cose come
realmente sono e le persone in tutta la loro verità, quali figli e figlie amati
dal Padre.
Occhi che sappiano riconoscere gli spiragli
di luce che sono dentro la nostra storia, nelle nostre situazioni complesse e a
volte drammatiche, per vedere così la Sua Luce che sempre ci accompagna e ci
guida; per riconoscere la Presenza in mezzo a noi di un Dio che afferma: “Io sono la luce del mondo”.
Allora possiamo arrivare anche noi di nuovo
a dire: “Credo Signore!”. Credo che
tu mi hai, ci hai, illuminati da sempre. Credo che è la tua luce che ci abita
ed è più forte di ogni tenebra.
Nel Battesimo, mentre venivamo portati per
essere lavati nell’acqua della vita, ci è stato detto: “Ricevi la luce di Cristo” e ci è stata consegnata, accesa dal cero
pasquale, una candela, per ricordarci che da quel giorno, attraverso l’acqua
siamo rinati e passati dalle tenebre del peccato alla luce della vita nuova che
ci dona Gesù.
Per questo Paolo non esita a ricordarci: “Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel
Signore”. Poi aggiunge, usando il testo di un inno utilizzato proprio nella
celebrazione del battesimo dai primi cristiani: “Svegliati tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà”.
In questo cammino quaresimale verso la
Pasqua, Gesù possa di nuovo aprire i nostri occhi, convertire i nostri sguardi,
risvegliarci dal nostro sonno che ci immerge, a volte senza che ce ne rendiamo
conto, nelle tenebre del male.
Il Vangelo di oggi ci chiede di guarire, di
conquistare una vista nuova, di conquistare un volto raggiante. Come è
possibile?
Il suo ‘passarci accanto’, qui nella
celebrazione dell’eucaristia, rende possibile tutto ciò. Qui il Signore con la
sua Parola e la sua presenza viva converte i nostri occhi e la nostra vita; ci
trasforma e illumina i nostri volti così da poter uscire di nuovo illuminati e
capaci di portare la sua luce a tutti. Quella luce che viene dalla sua
misericordia, dal suo perdono e che diventa gioia profonda del cuore. E’ Lui infatti
che ci fa passare dalla presunzione di vedere, di sapere tutto, di crederci bravi
e migliori degli altri, all’umiltà di chi si riconoscere segnato dall’orgoglio;
e ci conduce poi dalle tenebre del peccato allo splendore della sua luce così
che possiamo veramente essere “luce nel
Signore” e “comportarci come figli
della luce”. Che significa, ricorda ancora Paolo, capaci di vivere con “bontà, giustizia e verità, cercando ciò
che è gradito al Signore”.
Con Gesù i nostri occhi possano abbandonare
lo sguardo superficiale, che si ferma solo all’apparenza, per imparare lo
sguardo nuovo di Dio che sa vedere in profondità, e come Lui saper andare al
cuore di ogni persona, situazione e cosa per riconoscere la sua Presenza di
Luce che sempre accompagna i nostri passi.
Nessun commento:
Posta un commento