sabato 30 agosto 2025

"Imparate da me" - XXII del tempo ordinario - S.Abbondio patrono della Diocesi di Como


La Parola di Dio oggi ci offre consigli quanto mai attuali!

La società odierna è contrassegnata da atteggiamenti sempre più marcati di ricerca di visibilità, di primato, di primi posti come pure di piaceri fatti per ottenere qualcosa in cambio. Società di ‘arrampicatori’ l’aveva definita papa Francesco.

Questo porta a far sì che superbia, orgoglio, presunzione, ricerca di interessi, la fanno da padroni con un solo risultato: una crescente tensione nelle relazioni (in famiglia e nella società) fino a renderle ambiti di scontro e di litigio, contrapposizione, odio. Quelli che Gesù propone quindi sono consigli quanto mai attuali.

Tuttavia Gesù non fa che suggerire il Suo stesso modo di essere. Mitezza e umiltà. Due parole che facciamo fatica a fare nostre. ‘Ma così ci mettono tutti sotto i piedi…’: è la reazione istintiva. Miti e umili non certo per farci mettere sotto i piedi ma per fare come Gesù, che ci svela il volto stesso di Dio che ha scelto l’ultimo posto e il farsi dono gratuito d’amore, sempre. “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” dice Gesù.

E da Gesù ci invita a imparare anche il nostro patrono sant’Abbondio che oggi ricordiamo. Lui che, inviato dall’allora papa Leone Magno difese l’umanità e la divinità di Cristo, riconoscendolo vero Dio e vero uomo. Ed è proprio in questa sua umanità che si rivela la piena divinità, il volto stesso di Dio. Quale volto? Il volto dell’amore che si pone in relazione con l’umanità proprio con quello stile di umiltà, mitezza, piccolezza, servizio che la pagina del vangelo oggi ci propone. Dio è così, Gesù con la sua umanità ce lo ha rivelato. E così ci chiama a riconoscerlo nell’umanità di oggi, in ogni uomo e donna, e in particolare nel piccolo, nell’ultimo, nel dimenticato. Proprio qui, in questa umanità, si nasconde l’umana divinità di Dio. Quindi a noi che ci diciamo suoi discepoli ci è detto che solo vivendo una vita mite, semplice, povera possiamo sperimentare la vicinanza di Dio, riconoscerlo presente negli altri e dare vera testimonianza del vangelo costruendo relazioni fraterne fondate sulla mitezza e l’umiltà.

Non facile! viene da dire. Ma la capacità di una vita a immagine di Gesù viene solo dalla fede in Lui. Quella fede che Abbondio non solo ha difeso ma soprattutto ha trasmesso in particolare alla nostra chiesa di Como di cui è stato quarto vescovo. La sua opera di pastore si è sviluppata nel generare comunità cristiane unite nella fede e nella carità di Cristo capaci di vivere una vera e profonda comunione e fraternità proprio attraverso relazioni autentiche fondate nella carità.

Questa deve essere la chiesa e questo lo stile di chi la compone. Ce lo ricorda anche il nostro vescovo Oscar nel suo messaggio alla città e alla diocesi come invito a “Camminare insieme. Per una città più sinodale”, per una chiesa più autentica; camminare insieme per assomigliare ancora di più a Gesù, per imparare da Lui, mite e umile, a servire con amore autentico l’umanità tutta.

Con il nostro vescovo, successore di Abbondio, insieme, sentiamoci chiesa in cammino che sa manifestare al mondo, a chi si accosta a noi, la bellezza della fede, non con segni di grandezza e potere bensì con il linguaggio della fraternità autentica che ha la sua sorgente nel Signore Gesù mite e umile di cuore, servo per amore, immagine di quel Padre che ci chiama a vivere come suoi figli e tra noi fratelli.

 


L’INVOCAZIONE ALLE ISTITUZIONI, AI CITTADINI E AI CREDENTI

 «Nessuna sicurezza potrà essere costruita sulla violenza»

Questo appello nasce dalla convinzione dell’improrogabile necessità di favorire qualsiasi iniziativa di incontro per arginare l’odio, salvaguardare la convivenza, purificare il linguaggio e tessere la pace. Responsabilità di singoli e di soggetti collettivi! È un appello che esprime il tanto che unisce, messo a dura prova da quanto sta accadendo, ma nella certezza che il dialogo deve trovare le soluzioni a quanto umilia le nostre fedi e resistere. Ciascuno di noi – primi firmatari – avrebbe certamente qualcosa da aggiungere per esprimere il dolore che proviene dalle rispettive comunità, nelle quali vi sono posizioni e convinzioni diverse, così come aspettative rispetto a determinati fatti e scelte. L’appello è aperto a quanti condividono questa preoccupazione unitaria che genera responsabilità comune, mettendo da parte, in questo documento, quanto divide, per rafforzare ciò che ci unisce, nello sforzo comune di capire il dolore e le ragioni dell’altro, generando un impegno rinnovato per trovare soluzioni giuste e durature per tutti. In modo particolare, l’appello è aperto al “Tavolo delle religioni” che da tre anni si trova presso la sede della Cei nell’intento di cercare una “Via italiana del dialogo interreligioso”.

Appello alle Istituzioni italiane, ai cittadini e ai credenti in Italia

“Sta lontano dal male e fa il bene, cerca e persegui la pace”. (Salmo 34, 15) “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto”. (Rm 12,15) “Abbiamo prescritto ai figli di Israele che chiunque ucciderà una persona è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chiunque avrà dato la vita a una persona sarà come se avesse dato la vita all’intera umanità. Sono giunti loro i Nostri inviati con le prove chiare eppure molti di loro, pur dopo questo, sono stati intemperanti sulla terra”. (Corano, V: 32)

La coscienza dei tempi oscuri che stiamo attraversando e del potere di illusione che soffia anche sulla tragedia in corso in Medio Oriente, ci richiama, come leader di comunità religiose, come credenti e come cittadini, a denunciare l’insinuarsi di pericolose generalizzazioni e dannose confusioni tra identità politiche, nazionali e religiose e ci spinge a richiamare alla cautela nello scambio di informazioni e alla pacatezza nei toni e nelle azioni.

L’abuso della religione per la sopraffazione altrui ci costringe ad assistere a una polarizzazione che si nutre di un fanatismo travestito da servizio verso il nostro comune Dio e il bene dei fedeli, assecondando una falsa giustizia superiore e nascondendosi dietro una finta fratellanza.

Il giustizialismo populista, una folle prospettiva suprematista e la mediatizzazione di un vittimismo sordo alle ragioni della responsabilità ci obbligano a denunciare una strumentalizzazione anche della politica: si tratta di un male che si nasconde dietro il paravento della “maggior ingiustizia dell’altro”, e che mira solo a rendere tutte le parti in gioco pedine inconsapevoli della distruzione del mondo ricostruito e ricostituito nel secondo dopoguerra.

Dobbiamo denunciare la nefandezza di una propaganda che, sfruttando ingenuità e visceralità, ottenebra un discernimento sano e banalizza il senso profondo della nostra stessa umanità, inducendo a schierarsi l’uno contro l’altro, ma mai a favore del Bene, fomentando alternativamente antisemitismo e islamofobia o rianimando le inveterate avversioni al cristianesimo cattolico e alle religioni in generale, anziché collaborare insieme per una vera Pace. Condividere originalità, curiosità per i significati dei nostri testi sacri, con studio e conoscenza, e difendere da ogni abuso e distorta interpretazione, che allontanano verso derive dell’odio, pregiudizio e violenza altrui. L’odio e la violenza non hanno mai alcuna legittimità, portano solo alla diffusione della crudeltà di chi cura ambiguamente interessi paralleli volgarizzando e corrompendo le interpretazioni e la natura autentica dei testi sacri per benedire l’uso delle armi e organizzare la morte dell’altro. «Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi » (Dichiarazione “Fermi tutti” di Bologna).

Noemi Di Segni - Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei)

Yassine Lafram - Presidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia (Ucoii)

Abu Bakr Moretta - Presidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis)

Naim Nasrollah - Presidente della Moschea di Roma

Imam Yahya Pallavicini - Comunità religiosa islamica italiana (Coreis)

Cardinale Matteo Maria Zuppi - Presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei)

sabato 23 agosto 2025

"Io sono la porta" - XXI domenica del tempo ordinario

 

Il disegno del Padre, già annunciato dal profeta Isaia, vuole che tutti gli uomini siano salvi: tutti, senza alcuna distinzione di razza, religione, cultura, meriti... “Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue…”. E’ la visione di un raduno universale, di un’umanità radunata insieme pur nelle sue diversità. Questa visione ci è riproposta da Gesù nel vangelo: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”.

Il messaggio di oggi annuncia dunque un Dio che salva tutti. Tutti siamo chiamati a salvezza; non regge la domanda: sono pochi quelli che si salvano?. Dio elegge e sceglie tutti, non seleziona e scarta nessuno.

Tuttavia per conseguire questa salvezza Gesù ci ricorda: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”.

Cosa significa questa frase? L’immagine della porta stretta può sembrare quella di un ingresso riservato a pochi; in realtà la porta stretta del Regno è aperta a tutti. L’anno santo ce lo ricorda. Occorre che ognuno scelga di passare da quella porta. Ma non tanto da quella di una chiesa giubilare. E nemmeno riduciamo questa porta stretta a un generico impegno allo sforzo, alla fatica, alla rinuncia. Non dimentichiamo che la salvezza è dono di Dio offerto a tutti e non nostra conquista, un nostro sforzo. In queste parole c’è altro.

Esse ci chiedono due cose: una ‘conformazione’ e una ‘spogliazione’.

Quando una porta è stretta, piccola, per attraversarla occorre che noi ci conformiamo ad essa, facendoci piccoli, restringendoci a sua misura. Ebbene questo ci è richiesto. Conformarci alla porta. E chi è la porta, se non Gesù stesso?: “Io sono la porta - dice Gesù nel vangelo di Giovanni - Se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv.10,9).

Inoltre non potremmo mai passarci se siamo appesantiti da cose inutili, da ingombri, occorre che ce ne liberiamo, ci spogliamo di quanto non è essenziale, di quanto è inutile.

Lo sforzo che ci è chiesto sta allora nel conformarci a Gesù stesso e del liberarci da quanto ci impedisce di seguirlo.

Per entrarvi occorre camminare con Cristo verso Gerusalemme (così inizia il vangelo oggi) cioè vivere con lui il mistero pasquale di una vita che si fa dono d’amore.

Non ci salva un’appartenenza a un popolo e nemmeno la nostra identità cristiana, non una serie di ‘cose’ fatte, riti, tradizioni, feste, di cui sentirci orgogliosi: in questo non c’è alcun merito. Ce lo dice il vangelo: “’Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’. Ma egli vi dichiarerà: Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Ci salva solo la nostra somiglianza a Gesù che fa della sua vita un dono d’amore per tutti, senza distinzioni.

Assumere il suo modo di pensare, di giudicare, di agire. Ecco allora che il cristiano gioca tutto non nelle cose che fa, nei meriti che accumula, bensì nel suo modo di essere. Nel seguire Gesù fino a vivere come Lui, operando come lui nelle nostre relazioni quotidiane. Salvezza è accogliere Gesù, il figlio di Dio, è conformarmi a Lui, è vivere a sua immagine.

Tutti coloro che, consapevoli o meno, vivono come Lui, secondo la sua proposta di vita, passeranno per la porta che introduce alla vita piena. Siano essi cristiani o islamici, credenti o non credenti, bianchi o neri… Gesù li riconoscerà non tanto da ciò che avranno fatto per Lui, ma da quanto a Lui assomigliano, da quanto a Lui si sono resi simili, da quanto la loro vita si è spesa a servizio degli altri, nella ricerca della giustizia, della pace, della fraternità solidale, nella custodia del creato.

E noi, cristiani, i primi chiamati, facciamo attenzione per non rischiare di trovarci ultimi, prestiamo attenzione di non illuderci per questo privilegio. Piuttosto cerchiamo di “sforzarci” ogni giorno di conformarci al Suo amore, collaborando con tutti nell’edificare una umanità che sia già anticipo del banchetto finale del Regno di Dio.