“Pace a voi”. Così, sempre, il Risorto si presenta ai suoi amici. Sono le sue prime parole, il suo primo dono dopo essere risorto dai morti. “Pace a voi”.
Che cosa ne abbiamo fatto di questo dono? E’ la domanda che il nostro Vescovo ci pone nell’invito che ha rivolto a tutte le comunità a vivere questa settimana di ottava, che oggi si chiude, dedicando ampi spazi di preghiera e di adorazione eucaristica, per riscoprire lì, nel pane offerto e donato, Colui che è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.
Così dice il nostro vescovo: “Il mondo attraversa, ancora una volta, un momento difficile. Non possiamo nasconderci che l’invito del Risorto – «pace a voi» – mentre continua ad alimentare la speranza e gli sforzi di riconciliazione compiuti da tanti «operatori di pace», risuona al tempo stesso nelle coscienze di tutti come un rimprovero. Che cosa ne abbiamo fatto della pace? Questo interrogativo vale per il mondo a tutti i livelli, ma anche per la Chiesa, nella quale dobbiamo purtroppo constatare, con amarezza e profondo senso di vergogna, che divisioni, invidie e gelosie non sono del tutto assenti. Per questo abbiamo tutti bisogno di tornare a Dio, di piegare le ginocchia del corpo e del cuore davanti a lui per rimetterlo al centro della vita, dei pensieri e delle azioni della Chiesa”.
E’ un interrogativo che ci tocca tutti come cristiani, come comunità. Davanti all’immagine eloquente di una comunità capace di vivere in profonda comunione, “un cuor solo e un’anima sola” come ci ricorda il testo degli Atti degli Apostoli, capace di condividere i propri beni con chi fa più fatica (“quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno”… più o meno come facciamo oggi!!), capaci così di “testimoniare con grande forza la risurrezione del Signore”, oggi siamo chiamati a rivedere il nostro essere cristiani, a ripensare lo stile delle nostre comunità, nella consapevolezza che divisioni, invidie, gelosie, egoismi non generano assolutamente la pace, anzi sono il segno che il dono della pace che il Risorto ci consegna non lo abbiamo ancora accolto.
Tuttavia Lui non si stanca di farsi presente tra noi nonostante le nostre chiusure, paure e fatiche. Torna, otto giorni dopo, torna sempre, per vincere la nostra incredulità e durezza di cuore. Torna per rinnovare il dono e offrirci Colui che della pace è la sorgente: lo Spirito. «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Quello Spirito che porta la pace attraverso il perdono, la misericordia che viene dal Padre e che siamo chiamati non solo ad accogliere ma anche a distribuire. Senza perdono non potrà mai fiorire la pace! Quel perdono che nasce dalle ferite del Cristo, e di ogni cristo: “mostrò loro le mani e il fianco”, “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”. Da quelle ferite è venuto il dono dello Spirito che genera misericordia e pace.
Con la forza dello Spirito, e “con l’acqua e con il sangue”, esplicito riferimento di Giovanni nella seconda lettura al Battesimo, siamo stati “generati da Dio” per vincere il mondo con la nostra fede e testimoniare a tutti la vita nuova di figli nell’amore verso Dio e verso il prossimo.
Proprio attraverso il Battesimo, rinnovato nella veglia pasquale, siamo stati immersi nella vita della Trinità, nella comunione d’amore con il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Rinnovati dalla misericordia della Trinità santa, siamo chiamati a diffondere questo amore misericordioso toccato, sperimentato, come Tommaso, nel Cristo crocifisso e risorto, riconosciuto come “Mio Signore e mio Dio”.
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