‘Hai fatto una bella gara, hai vinto, adesso sei sul gradino più alto del podio!’ Questa immagine sportiva rischia, a volte, di storpiare il senso della festa di oggi.
Quanti pensano che per Maria sia avvenuto così: è stata brava ora eccola sul gradino più alto: assunta in cielo!.
No, la sua assunzione non è il premio per i suoi meriti. Piuttosto è la rivelazione di un dono che sarà per tutti noi.
L’assunzione di Maria infatti ci parla della vita (sua e nostra) che arriverà a trovare il suo pieno compimento quale dono gratuito di Dio e non certo per merito nostro.
Maria, dopo il Figlio Gesù risorto “primizia di coloro che sono morti”, è la prima a partecipare alla vita nuova dei risorti, è la madre che ci apre la via. Ci dice che è questo ciò che Dio vuole per tutti: portare a pienezza la vita. A questo Lui ci guida, ci sostiene con il Suo Amore di Padre.
A noi, come a Maria, è chiesto solo di aprirci con fiducia a Lui, di lasciarci appunto guidare da questo Suo amore manifestato a noi attraverso il suo figlio Gesù.
Ecco allora che da questa prospettiva la festa odierna apre davanti a noi alcune interessanti e concrete conseguenze.
Innanzitutto ci ricorda che davanti a Dio non c’è il più bravo e il meno bravo; non ci sono classifiche (e nemmeno premi e castighi), tutti siamo per lui figli amati, da sempre pensati, voluti, attesi.
Ne deriva allora che la vita cristiana non è da vedersi in negativo (sacrifici, rinunce, fatica, distacco… per meritarsi il paradiso); bensì quale cammino, quale via verso la pienezza della nostra umanità tutta. E questo non può essere che cammino di gioia verso la piena felicità.
Questo allora significa che la nostra libertà, il nostro desiderio di felicità, di godimento, di dominio sono già il segno che siamo fatti per questo, che siamo incamminati verso un compimento. Ma esso non è il risultato del nostro io, del nostro accanirci per avere, prendere, possedere, (è qui dove noi ci illudiamo fino escludere Dio dal nostra vita!), bensì maturazione di un seme posto in noi da quel Dio che ci ha pensati e scelti come suoi figli.
Da ultimo, ma non meno importante: non regge più la distinzione tra corpo e anima, tra materia e spirito. L’Assunzione ci parla di un compimento globale della persona, di totalità. Il corpo è lo spazio concreto della divinità (e per Maria lo è stato in modo tutto particolare), di quella divinità che ci pulsa dentro (come nelle due donne del vangelo) e chiede di espandersi. Il compimento finale sarà appunto l’espansione massima di questa divinità che ci abita e che siamo chiamati a custodire ma anche a dare corpo con la nostra vita.
La festa dell’Assunta dunque più che parlare di premio finale, ci parla di potenzialità che attendono di attuarsi in un orizzonte di luce, di vita, di pienezza.
Ci parla di una umanità che può vincere ogni potenza (drago) che la opprime e la schiaccia e aprirsi alla vita, in una tensione costante verso una storia nuova che già Maria annunciava e proclamava nel suo cantico di lode: “Dio ha rovesciato…”, quel rovesciamento di criteri, di valori, di impostazioni che Dio compie attraverso la libera collaborazione di uomini e donne che si fidano di Lui, della Sua Parola e a Lui orientano le loro scelte, il loro cammino. Come Maria. E come Maria sia anche per noi.
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