Nella casa di Betania, con Maria e Marta, nella tenda di Mamre con Abramo e Sara, siamo invitati a riscoprire la gioia e la bellezza delle relazioni, dell’attenzione all’altro chiunque esso sia. A quell’altro che in ogni caso – e san Benedetto lo ribadisce bene nella sua Regola – è Cristo stesso; ogni ospite è come se fosse Cristo.
Questa ospitalità, attenta alla persona, diventa alla fine feconda, arricchente.
Lo vediamo in Abramo e Sara che da quell’accoglienza ai tre pellegrini, ricevono l’annuncio di una promessa tanto attesa: “tua moglie avrà un figlio”. Da questa ospitalità nasce la vita.
La vita di Abramo e Sara è sterile fino a questo gesto di ospitalità; la loro vita porta frutto quando ospitano i tre viandanti che passano da loro. Grazie a questo incontro la loro vita senza futuro, ora lo avrà: avrà una discendenza.
E’ l’altro, accolto e ascoltato, che ci arricchisce.
Così può essere anche per noi se ci apriamo ai fratelli con ospitalità, accoglienza, ascolto e attenzione.
L’altro sempre ti arricchisce se lo sai accogliere, se sai prestargli attenzione: è ricchezza che feconda la tua vita.
Anche nella casa di Betania Marta, come Abramo, si rivela accogliente, ospitale. “Marta lo ospitò” dice il vangelo.
Tuttavia emerge anche un rischio: lasciarsi così prendere dal fare da dimenticarsi dell’ospite stesso e diventando pure scorbutica e arrabbiata con la sorella. Si perde di vista la persona, l’altro, sommersi in modo esasperato dalle cose, da ciò che c’è da fare.
Gesù infatti non disprezza il servizio e l’impegno di Marta, ma la invita a non cadere in quell’agitazione e affanno che distolgono il cuore dalle persone per chiuderlo sulle cose, sul da farsi, rendendoci duri e acidi. Ecco il rischio: lo diciamo con le parola di E.Ronchi “attento a un troppo che è in agguato, a un troppo che può sorgere e ingoiarti, troppo lavoro, troppi desideri, troppo correre, «prima la persona poi le cose».
Il primo servizio, ricorda Gesù, è la vicinanza, l’ascolto.
Gesù dice a Marta, e anche a noi: fa’ un po’ meno, sediamoci, guardiamoci e ascoltiamoci. Prestiamoci attenzione gli uni gli altri.
E’ la strada indicata per noi e per le nostre comunità che oggi rischiano di essere prese da “molti servizi”, di continuare a correre ed affannarsi per mille cose, dimenticando che “di una cosa sola c’è bisogno”. Questa “sola cosa” non esclude tutto il resto, ma indica una precedenza fondamentale: dobbiamo dare precedenza alla cosa più importante, essenziale che è l’ascolto, l’attenzione alla persona, alle relazioni, per non cadere nella trappola delle cose e di un servire senza amore.
Gesù infatti non cerca servitori, ma amici; non persone che facciano delle cose per lui, ma gente che lo accolga, lo ascolti gli lasci fare in noi quelle “grandi cose” che sua madre Maria canta: ”grandi cose ha fatto in me l’onnipotente”.
Grandi cose ha fatto con Abramo e Sara; grandi cose oggi vuole compiere con le nostre comunità, con ciascuno di noi. Occorre passare da persone distratte e superficiali, affannate e agitate, a uomini e donne che esercitano uno sguardo di attenzione, di misericordia verso chi hanno accanto, aprendo loro il cuore, le orecchie, prima ancora delle mani e della bocca.
Impareremo così a riconoscere nell’altro, in ogni altro, - e questa sarà la lieta sorpresa! - il volto e la presenza di quel Gesù che continua a farsi nostro ospite, presente in ogni uomo e donna che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino.
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