«Una delle verità fondamentali del cristianesimo, oggi misconosciuta da tutti, è che la salvezza sta nello sguardo» (Simone Weil, in Attesa di Dio). Giovanni nel suo vangelo scrive: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv.19,37)
La salvezza sta nello sguardo: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio oggi. Dove, a cosa, a chi guardiamo? Lasciamo risuonare in noi queste domande.
Abramo, davanti all’attesa di una promessa che non si compie prova sconforto e “un oscuro terrore lo assale”. Ma proprio quando si fa buio, ecco il passaggio luminoso di Dio che viene a confortarlo e a confermarlo nella promessa fatta rinnovando la sua alleanza con lui. E Abramo è invitato ad alzare lo sguardo: “Guarda in cielo e conta le stelle…”. E’ invitato a cambiare sguardo: non più rivolto a sé, alle sue paure, ma al suo Dio, il Dio della promessa; e in lui rinnova la sua fede “credette in Dio”. Si mette nella giusta relazione con il Signore, orienta a Lui il suo sguardo e lascia che sia Dio a prendere in mano la sua vita.
Anche i primi cristiani, della comunità di Filippi, (nella seconda lettura) erano tentati di uno ‘sguardo basso’, lasciandosi trascinare dai “nemici della croce di Cristo”. Si tratta di coloro che volevano ridurre l’essere cristiani a pratiche esteriori, alla tradizione umana, con uno sguardo rivolto dunque al proprio io. Paolo, smascherando gli inganni di una religiosità così terrena e tesa solo a soddisfare i propri bisogni di sicurezza, esorta a levare in alto lo sguardo della fede, le attese del cuore: non la terra è la nostra patria, ma i cieli, Dio stesso. Chiama a uno sguardo che sa andare oltre: che si fissa su Gesù crocifisso e risorto, il Signore a cui tutto è orientato e che tutto trasfigurerà.
Nel Vangelo infine, sul monte i discepoli sono oppressi dal sonno, i loro occhi appesantiti, presi da grande timore e preoccupati per il fallimento di Gesù che aveva parlato loro della sua passione e morte. Ma ecco che Gesù li risveglia, apre i loro occhi, li invita a uno sguardo profondo, diventando capaci di riconoscere dentro questa sua e loro fragile umanità la presenza forte e luminosa di Dio.
Manifesta la presenza di Dio nel suo volto, nel suo corpo, in tutta la sua persona. La trasfigurazione è il momento centrale di questa rivelazione. Il suo significato è chiaro: l’uomo Gesù è veramente Dio. Attraverso le sue ferite (la sua umanità) si aprono feritoie di luce (la sua divinità).
Ebbene, lì deve andare il nostro sguardo. Lui va guardato e seguito nel suo cammino che lo condurrà certo alla croce, ma solo come strada e passaggio che porta alla risurrezione, alla vita nuova.
La Parola di Dio, in questo tempo così oscuro e cupo, tempo di sguardi spenti, chiusi sullo stretto orizzonte della paura, vuole invitarci a ri-orientare il nostro sguardo.
Dove, a cosa, a chi guardiamo? Sappiamo vedere nelle ferite delle guerre, della pandemia, del male, feritoie di luce che aprono a speranza? Sappiamo vedere la presenza di Dio dentro questa nostra storia ferita?
Troppe volte il nostro sguardo è chiuso su noi stessi, si ferma davanti al male, alla violenza, alla morte. Non sa andare oltre, generando così paura, angoscia, scoraggiamento.
La Parola oggi ci dice invece che a tutto ciò c’è un oltre e solo se orientiamo ad esso il nostro sguardo possiamo recuperare speranza, coraggio nella prova, luce per il cammino, fiducia per costruire un altro futuro. Ci invita a uno sguardo alto, rivolto a Gesù che nella sua fragile umanità ci fa vedere la forza e la bellezza della divinità. Passando con Lui attraverso la croce, le notti, le fatiche, il nostro sguardo è rivolto a una vita luminosa e trasfigurata che sta oltre tutto ciò. Nella sua luce vedremo la luce. Affidiamoci con cuore semplice alla sua guida.
E’ tutta una questione di sguardo. “Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili” scrive Paolo in una sua lettera (2 Cor.4,18). E noi, e tu dove fissi il tuo sguardo? L’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore, diventa ciò che ama, diventa ciò che prega. Affrontiamo il nostro cammino “a sguardo alto”, resi capaci, attraverso la preghiera, di vedere diversamente la realtà, la vita e di far emergere quella luce che il Padre ha posto in noi e in Sua ogni creatura.
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