La scena è
particolare. “C’era una gran folla di
suoi discepoli e gran moltitudine di gente… in un luogo pianeggiante”: così
Luca ambienta il discorso delle Beatitudini.
Discorso ben
diverso da quello di Matteo non solo per il luogo ma per il suo contenuto e in
particolare per coloro ai quali è rivolto: “alzati
gli occhi verso i suoi discepoli diceva…”.
Gesù qui parla
direttamente ai suoi discepoli che si trovano in mezzo a “una gran moltitudine di gente”. Quasi a voler definire lo stile
che il discepolo deve assumere stando tra la folla, in mezzo agli altri.
Il discorso
allora lo sentiamo rivolto a noi. Cristiani nel mondo, nella società, oggi.
Come? Con quale stile?
Proviamo a
comprendere l’indicazione che Gesù ci offre.
Il suo discorso
alterna il “beati voi” al “guai a voi”, che non suona certo come
minaccia ma piuttosto come avvertimento. E’ richiamo alle parole del profeta
Geremia nella prima lettura: “Maletto
l’uomo… Benedetto l’uomo…”.
Quasi a ricordare
innanzitutto che c’è una possibilità di felicità, di realizzazione, ma anche
una possibilità di fallimento.
Le parole del
profeta, riprese nella preghiera del salmo, aiutano a fare sintesi anche di
quanto Gesù dice ai suoi discepoli: “Benedetto
l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia”.
Questa è la via
che Gesù indica ai suoi discepoli: confida nel Signore. Il povero, l’affamato,
l’afflitto, il perseguitato, se confidano nel Signore sono beati. A differenza
di chi ricco, sazio, gaudente, acclamato da tutti, confida in se stesso, nel
suo orgoglioso io.
Cosa vuol dire
confidare nel Signore? Significa semplicemente fidarsi che, in un modo o
nell’altro ce la manda buona? Ci risolve i problemi? No certo, sarebbe assurdo
questo atteggiamento.
Il Signore in cui
confida il discepolo, il cristiano, è Colui che Gesù stesso ci ha rivelato come
Padre e che si prende cura di noi come figli. Così come si è preso cura del Suo
Figlio Gesù e non lo ha lasciato in potere del male e della morte.
Gesù infatti è
stato il povero, l’affamato, l’afflitto, il perseguitato fino alla morte, ma
non è stato abbandonato dal Padre in cui ha riposto tutta la sua fiducia.
Il segno di
questa vicinanza è stata la sua risurrezione.
Fidarci di Dio è
credere che Lui è capace di dare vita a noi come l’ha data al figlio.
Per questo, Paolo
nella seconda lettura insiste dicendo “se
Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri
peccati… ma Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”.
Con Lui anche noi
possiamo confidare nella vita nuova, nella beatitudine che ci è data, perché
Gesù è vivo, Lui la primizia di tutti noi.
Allora il
discepolo vive tra la folla confidando nel Signore, nella sua presenza e
vicinanza, nella certezza che se vive come Lui, nella fiducia al Padre, giungerà
alla pienezza della vita, alla vera beatitudine, pur passando per quella strada
di croce che segna il suo cammino come ha segnato i passi di Gesù.
Concretamente
questo significa oggi per noi vivere il vangelo fino in fondo, fidarsi di Gesù
e della sua Parola, non temere di fare scelte cha vanno al contrario della
mentalità corrente, anche se questo porta al rischio dell’incomprensione e del
rifiuto. Questo in ogni ambito: sia in famiglia, come riguardo all’accoglienza
e al rispetto della vita, sia nell’uso del denaro e dei beni, capaci di
essenzialità e semplicità, di condivisione e di solidarietà; sia riguardo
l’impegno nella comunità di cui si è parte e nella società senza rinchiudersi
nel privato ma collaborando per il bene comune nella verità e nella giustizia… e
così via.
Ecco allora che le
Beatitudini diventano stile di una vita nuova che, sostenuta dalla fede nel
Signore risorto e vivente, trova il coraggio, confidando in Lui, di lavorare con perseveranza e gioia
alla edificazione del suo Regno, per la crescita – faticosa e lenta, sofferta e
non ancora compiuta - di una umanità sempre più fraterna e accogliente, sempre
più in cammino verso quella meta di comunione che Dio desidera per tutti noi.
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