La lettera agli
Ebrei –la seconda letturadi oggi-, parlando di Gesù e di noi, afferma: “provengono tutti da una stessa origine”, al punto che possiamo riconoscerci
fratelli.
Anche la prima
lettura e il vangelo rimandano alla “stessa
origine”.
“Dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e
femmina” afferma Gesù, rispondendo ai farisei che
lo interrogavano in merito al tema del ripudio della moglie da parte del
marito.
C’è un inizio,
un’origine comune da cui noi tutti, come da sorgente, veniamo. La pagina della
Genesi, in modo poetico, la descrive. Dal pensiero, dal cuore, dalle mani, dal
soffio di Dio: e di lui siamo “immagine e
somiglianza”, uomo e donna insieme, perché “non è bene che l’uomo sia solo”.
Noi uomini e
donne veniamo da un’unica origine: l’amore stesso di Dio. Quel Dio che Gesù ci
rivela come comunione di persone, unità di Padre, Figlio e Spirito. Quel Dio
che non può stare solo e chiama l’umanità intera a entrare in comunione con
Lui. Chiama l’uomo insieme alla donna a diventare segno, anticipo, immagine di
questa comunione che è non solo l’origine ma anche la meta, il destino
dell’umanità.
Siamo stati fatti
per la comunione, per l’unità nell’amore. Fatti per amare, che appunto
significa diventare uno, “una sola carne”,
una sola persona, una sola umanità.
E solo così si è
immagine di Lui. Uomo e donna voluti l’uno per l’altro uguali in dignità,
chiamati ad essere l’un per l’altro “aiuto”:
“Voglio fargli un aiuti che gli
corrisponda”. E da sempre la donna diventa per l’uomo aiuto, salvezza
possibile e vicina, al suo fianco per vivere. E da sempre l’uomo trova nella
donna parte di se stesso per poter arrivare a vivere nell’amore. E’ il disegno
splendido di Dio, il suo progetto. “L’uomo
dunque non divida quello che Dio ha congiunto”. Ciò significa che allora
tutto quello che contrasta questo progetto, tutto quello che chiama in gioco
divisione, lotta, sopraffazione, diversità, è male.
“Per la durezza del vostro cuore” dice
Gesù si è arrivati a leggi che giustificano il ripudio, ma ciò è contrario al
disegno di Dio che chiama all’unità, alla comunione di vita.
“Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio”
certo, ma perché l’uomo, a causa del cuore di pietra, si scopriva incapace di
un amore vero. Ma la strada da seguire non è capire se è lecito o meno
ripudiare l’altro (come chiedono i farisei), ma bensì imparare ad amare per
saper vivere relazioni profonde, vere, che portino a una comunione totale così
che “i due diventeranno una carne sola”,
cioè una sola nuova persona, non più due, ma uno.
Il vero male è la
divisione: in ogni ambito, non solo nel matrimonio. La divisione è contro Dio,
perché Dio è comunione, unità. La divisione invece è diabolica (diavolo
significa appunto colui che divide) e quando noi siamo istigatori di divisione,
siamo diavoli, contrari al progetto di Dio.
Tutti siamo invece
chiamati a vivere il progetto di Do, in ogni situazione in cui la vita ci pone,
tutti siamo chiamati a diventare uno. Certamente il matrimonio in primo luogo
chiama a vivere questa unità e a manifestarla, ma è anche quanto dobbiamo
realizzare tra le famiglie, nella comunità, tra i popoli. E’ l’intera umanità,
fatta di uomini e donne che “provengono tutti da una stessa origine”
che è chiamata a diventare “una sola
carne”, una sola famiglia.
Oggi conosciamo
tutti la fatica di tante coppie nel vivere un matrimonio di comunione. Come
cristiani e come chiesa siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù: non emette
sentenze né leggi, ma compie un annuncio, l’annuncio bello sebbene esigente che
viene “dal principio”, dalla volontà
di Dio. E’ questo annuncio che dobbiamo saper ripetere a quanti fanno fatica e
sono in situazioni di fallimento nel vivere le loro relazioni; senza giudicare,
senza emarginare, ma solo offrendo misericordia e ricordando al cuore di
ciascuno la sorgente e la meta, la comunione d’amore per cui siamo fatti,
affinché, anche davanti agli sbagli, che tutti possiamo compiere, non si spenga
la fiducia e la speranza di poter ricomporre o ricostruire relazioni nuove,
sempre più vere e profonde.
Perché questo sia
possibile occorre tornare al principio e al cuore. Tornare bambini perché “a chi è come loro appartiene il regno di
Dio”. Curioso questo finale tra Gesù e i bambini. E’ un’indicazione
preziosa. Solo tornando a un cuore di bambino, ciò pronto a fidarsi totalmente
dell’altro, di Dio, del fratello, della sorella che abbiamo accanto, possiamo
ritrovare la capacità di essere costruttori di unità e di comunione ovunque.
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