C’è, nelle letture di oggi, un messaggio
che ci deve far sussultare di gioia. C’è l’annuncio di un amore fedele e
ostinato che va oltre tutte le nostre infedeltà. Questo amore è l’amore di Dio.
Anzi è Dio stesso. Quel Dio che si rivela a noi in Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. “Dio, ricco di misericordia, per il grande
amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto
rivivere con Cristo”. Un amore che ci svela la sua identità e che
caratterizza il suo agire da sempre: “il
Signore aveva compassione del suo popolo” ricorda il libro delle Cronache
nella prima lettura. Veramente: “immersi
in un mare di amore, non ce ne rendiamo conto”. (Vannucci)
Forse anche perché questo annuncio di gioia
contrasta fortemente con la realtà nostra. Una realtà segnata da ciò che è
opposto all’amore: se l’amore è luce, noi siamo nelle tenebre; se l’amore è
verità, noi siamo nella menzogna e nell’illusione. Questa la realtà sociale e
personale di cui facciamo esperienza.
Tutti siamo dentro in questo buio, in
questa vita piena di assurdità e di male, in questa esistenza segnata da
errori, debolezze, paure. Tutti. Lo ricorda bene la prima lettura: “Tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il
popolo, moltiplicarono le loro infedeltà”.
Questa situazione fallimentare si pone in
pieno contrasto con quell’amore di Dio annunciato. Se Dio è amore, perché tutto
ciò? Perché questo amore permette il dilagare del male? Perché?
Sono domande che ci bruciano dentro. Sono
domande più grandi di noi e non abbiamo risposte. O meglio: una risposta c’è; più
che una risposta (cioè una soluzione al problema) si tratta di una
consapevolezza che ci deve accompagnare.
Questa consapevolezza è proprio l’amore di
Dio. “Dio ha tanto amato il mondo”;
lo ha amato da sempre. Lo ama ora, oggi, così com’è. Non lo giudica: “non ha mandato il Figlio per condannare il
mondo, ma per salvarlo”. E salva usando ciò che è causa di rovina. Lo salva
con un amore che si abbassa al nostro fianco e dentro la nostra debolezza e
fragilità, assumendola in sé e, proprio in forza del suo amore misericordioso e
fedele, superandola, aprendo ogni nostra situazione di peccato, di male, a
possibilità di nuovo inizio.
Così fu per l’antico popolo d’Israele che
dall’esilio viene risollevato grazie all’intervento amoroso e imprevedibile di
Dio, che attraverso un pagano e straniero, Ciro, opera per riportare il popolo
alla libertà. Così Dio continua oggi ad operare in mezzo a noi. Non a colpi di
bacchetta magica per annullare i problemi, per cancellare le cose che non
vanno, ma a colpi di amore rinnovato, di presenza nascosta e imprevedibile che
ci accompagna sempre, quando meno ce lo aspettiamo, per risollevarci a portarci
a libertà, a novità di vita. Lui parte da lì, si fa vicino proprio lì dove c’è
fallimento, infedeltà, e non per giudicare ma per amare, per riportare alla
luce, alla verità.
Qui sta la grandezza e la bellezza del suo
amore. Un amore che non è parola vuota, ma presenza, dono, vita condivisa in
Gesù uomo come noi, che assume la nostra
non facile esistenza.
Gesù è stato mandato dal Padre perché
l’uomo si salvi dal suo inganno, non tema più i propri errori, risorga più
sapiente e rispettoso della verità. Gesù è mandato nel mondo perché chiunque
cerca, ama, persegue, rispetta, ascolta, vive la verità abbia la vita senza
fine. Venuto per riportare ogni uomo alla luce e renderlo di nuovo capace di
fare la verità. Espressione curiosa: la verità non è una bella idea da avere,
ma un’opera da compiere perché “chi fa la
verità (non chi conosce) viene verso
la luce”. La verità è il bene stesso che si rivela a noi nella Parola e
nella vita di Gesù. Un bene da accogliere e da realizzare. Questo siamo
chiamati a compiere.
Questo è l’unico giudizio che ci attende: “la luce è venuta nel mondo”, essa ci ha
fatto conoscere ciò che è vero. Si tratta di scegliere: “gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”.
Se invece abbiamo il coraggio di innalzare
lo sguardo verso colui che nel suo amore per noi è stato innalzato sulla croce,
ecco allora che “chiunque crede in Lui ha
la vita eterna”.
“Come
Mosè innalzò (su
un palo) il serpente nel deserto, (e
chi lo guardava veniva guarito) così
bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. L’amore di Dio si abbassa
fino alla nostra crudeltà e cattiveria, fino al nostro rifiuto, per innalzarci
con Lui alla vita, verso la salvezza. Nel Figlio, abbassato e innalzato sul
palo della croce è tutto l’amore di Dio. In Lui anche noi, lasciandoci prendere
per mano, possiamo essere risollevati dal male che oscura il cammino e
innalzati allo splendore della verità e del bene.
Lasciandoci prendere per mano e amare da
Lui: perché –come ci ha ricordato Paolo– “per
grazia siete stati salvati…ciò non viene da voi, ma è dono di Dio”. Noi infatti
non siamo cristiani perché amiamo Dio o facciamo qualcosa per Lui. Siamo
cristiani perché crediamo che Dio ci ama. Tanto da dare suo Figlio. E ci
lasciamo amare così da essere in Lui figli amati.
In Lui allora ci impegniamo non per salvare
il mondo, l’ha già salvato Lui, ma per amarlo; ci impegniamo non per convertire
le persone, ma per amarle. Come ne siamo capaci.
E questo perché così fa Dio verso ciascuno di noi.
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