sabato 2 novembre 2024

"Con tutto il cuore" - XXXI domenica del tempo ordinario

 

La festa dei Santi e il ricordo dei defunti accompagna queste giornate; e anche la Parola oggi ascoltata risuona dentro questo clima di preghiera, di riflessione, di ricordi.

Una Parola che ci porta immediatamente a ciò che vale di più, a ciò che è più importante, a riconoscere ciò che nella vita veramente conta: l’amore.

Per amore di Dio e del prossimo i santi hanno speso generosamente la loro vita, ritrovandola in pienezza, portando frutti che oggi noi possiamo gustare, che nutrono e rinsaldano il nostro cammino.

Essi ci ricordano che non c’è altra strada per realizzare sé stessi se non l’amore di Dio e del prossimo. E come ogni strada ha certo le sue fatiche, le sue salite. L’amore è appunto un cammino; si snoda nel futuro. Gesù stesso coniuga l’amore al futuro: “Amerai”. Passo dopo passo, giorno dopo giorno. Amerai. Crescerai nell’amore e arriverai alla sua pienezza.

Il ricordo dei nostri defunti ci invita a riconoscere che l’amore è la meta finale – appunto la pienezza verso la quale tendiamo - ed è ciò che rimane quando tutto finisce e scompare. E’ ciò che saremo per sempre: amore nell’abbraccio del Dio Amore che ci ha chiamati alla vita e questa vita la porta a pienezza in Lui.

Riconosciamo allora, come Gesù ci ricorda, che l’amore è il principio e il fine di tutto: nasce da Dio, arriva a noi come dono, si espande verso il nostro prossimo, in forme e modalità le più diversificate, spingendo così il mondo e la storia verso una comunione universale che troverà in Dio il principio di tutto anche il suo compimento. L’amore non è quindi sentimento e non è pensiero; l’amore è energia, è forza che trascina e spinge, che muove e impregna tutto e tutti.

Di questo amore, rivelatoci da Cristo Gesù, noi sua famiglia, sua chiesa, siamo resi canale inesauribile. La chiesa esiste per diffondere l’amore del Padre del Figlio e dello Spirito. E’ la sua missione, il suo compito. Quando dimentica ciò, non solo non ha più nulla da offrire al mondo, ma diventa ostacolo e impedimento agli uomini e alle donne che cercano e anelano alla pienezza della vita.

Allora come chiesa facciamo nostro ancora una volta l’invito di Gesù, ascoltiamo, accogliamo l’invito ad amare.

Papa Francesco nella nuova enciclica che ci ha donato, già nel titolo ci offre la chiave di lettura non solo del testo ma anche della nostra vita: “Dilexit nos”, “Ci ha amati”. Con tutto il cuore, con tutto sé stesso. Dal cuore di Cristo sgorga una sorgente di amore che è la vita stessa di Dio offerta a tutti noi perché abbiamo ad imparare ad amarlo con tutto noi stessi, con tutto il cuore e ad amarci gli uni gli altri.

In mezzo alla fitta selva di precetti e prescrizioni che elaboriamo per regolare la vita nostra e altrui, Gesù apre una breccia che mette in evidenza un’unica indicazione, la sola che può dare una svolta positiva ad ogni situazione esistenziale: l’amore. Mette in evidenza due volti, o meglio due cuori: quello del Padre e quello del prossimo. Non ci consegna due formule o due precetti in più. Ci consegna due cuori, o meglio, uno solo, quello di Dio che si apre ad accogliere i nostri cuori nel suo. Perché in ogni fratello e sorella, specialmente nel piccolo, fragile, indifeso e bisognoso, è presente l’immagine stessa di Dio, batte il suo cuore di Padre.

Alla fine allora che cosa resta, che cosa ha valore nella vita, quali ricchezze non svaniscono? Sicuramente due: il Signore e il prossimo; Dio e ciascuno di noi. Queste due ricchezze non svaniscono.

Amare Lui e il prossimo è il cuore, il centro e il senso del nostro essere oggi nel mondo.  E’ la strada che ancora una volta ci viene proposta per ridare speranza al futuro e per aprire orizzonti nuovi di umanità, di riconciliazione, di pace a partire dalle nostre relazioni quotidiane.

 

venerdì 1 novembre 2024

"Il cuore del Vangelo" - Festa di tutti i Santi

Una riflessione di don Bruno Maggioni.

Non si capisce nulla di Gesù, se non ci si confronta con le beatitudini. Sono infatti la descrizione della sua persona­lità e del suo stile di vita. Affascinanti e sconcertanti, pro­clamano la gioia trovata nel dono di sé.

Non c'è pagina evangelica più affascinante (ma anche più sconcertante!) delle beatitudini. Non capiremmo nulla di Gesù, né della sua vita né del suo messaggio, se non ci confrontassimo con questa pagina.

Le beatitudini sono il cuore dell'intero Vangelo. La loro formulazione è paradossale. Il paradosso è l'espressione di un'opinione che è al di fuori, o contro, il modo comune di pensare. Generalmente il paradosso è anche accompagnato da una venatura di esagerazione e dal gusto di sorprende­re. Ha infatti lo scopo di far rizzare la testa, di stupire, per scuotere e risvegliare le coscienze. Ma dietro l'espressione paradossale c'è la persuasione che la verità è spesso al di là di ciò che comunemente si ritiene ovvio e scontato. Le bea­titudini non sono fatte per uomini che si appiattiscono nel comune modo di pensare.

Le beatitudini di Matteo sono otto ma descrivono un'u­nica personalità, e questa personalità è Gesù Cristo. Gesù non ha soltanto pronunciato le beatitudini, ma le ha vissu­te. Prima di descrivere l'ideale cristiano, esse descrivono la figura del Cristo. C'è una strettissima relazione tra le beati­tudini e Gesù Cristo. Lo descrivono nei suoi comportamen­ti e nelle sue scelte. E ovvio perciò che se vogliamo inten­dere nel modo giusto le beatitudini del Vangelo, le dobbia­mo leggere alla luce della prassi di Gesù Cristo. Qui si illu­minano veramente.

C'è una sfida nelle beatitudini. Se mancasse, parlerem­mo di ideali, di capovolgimento di mentalità, ma non di beatitudini. È la nota della gioia: beati! Ma quale gioia? Non quella fondata sul possesso dei beni, o sul successo, o su al­tre cose simili. Le beatitudini, invece, proclamano la gioia della fiducia in Dio, e insieme la gioia del servizio, del do­no di sé, non della conservazione di sé. Le beatitudini sono convinte che l'uomo è fatto per donarsi.
E’ facile leggere le beatitudini in una prospettiva sbaglia­ta. C'è chi pensa che le beatitudini abbiano un valore reale, concreto, non per il cristiano comune (costretto a vivere nel mondo in situazioni che le rendono impraticabili), ma per vocazioni speciali, per persone particolari, eccezionali, chia­mate a esemplificare la paradossalità evangelica. E invece no. Le beatitudini sono un ideale proposto a ogni cristiano, qualsiasi vocazione abbia e in qualsiasi situazione si trovi.



Da “Il volto nuovo di Dio. Detti e gesti di Gesù”, di B.Maggioni, Ed.Lindau