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sabato 20 febbraio 2016

Seconda domenica di quaresima.



C’è una parola che riassume il messaggio delle letture odierne: sguardo. Tutto consiste in una questione di sguardo: perché dove l’occhio guarda, lì il cuore si orienta.
A cosa, dove guardiamo? Nel cammino quotidiano del nostro vivere dove va il nostro sguardo? Sicuramente si dirige a volti, persone, situazioni che fanno parte del nostro quotidiano; cerca di volgersi a guardare ciò che è bello, buono, vero. Ma non sempre è così. A volte il nostro sguardo si lascia accecare dalla brama delle cose, dall’invidia, dall’esasperata ricerca del piacere. La nostra vita viene così oscurata e annebbiata da falsi valori.
Purtroppo ci accorgiamo che altre volte il nostro sguardo si perde nel vuoto. Si perde in quel buio che è l’incertezza del vivere: le fatiche che incontriamo, le delusioni e gli scoraggiamenti, il nostro stesso peccato. Nel buio di una fede che vacilla perché Dio ci sembra lontano e insensibile quando viene la notte del dolore, della sofferenza, della croce.
E così ci sentiamo o come assopiti da un lungo sonno - il torpore di una vita spenta, fiacca -, o presi da uno strano terrore: la paura di vivere, di affrontare la vita, proprio perché il nostro sguardo si è perso nel buio, nella notte.
Quanto descritto non è altro che l’esperienza fatta da Abramo (1 lettura), dalle prime comunità cristiane (2 lettura), dai discepoli (Vangelo).
Abramo, davanti all’attesa di una promessa che non si compie prova sconforto e “un oscuro terrore lo assale”. Ma proprio quando si fa buio, ecco il passaggio luminoso di Dio che viene a confortarlo e a confermarlo nella promessa fatta rinnovando la sua alleanza con lui. E Abramo è invitato ad alzare lo sguardo: “Guarda in cielo e conta le stelle…”.
E’ invitato a cambiare sguardo: non più rivolto a sé, alle sue paure, ma al suo Dio, il Dio della promessa; e in lui rinnova la sua fede “credette in Dio”. Si mette nella giusta relazione con il Signore, orienta a Lui il suo sguardo e lascia che sia Dio a prendere in mano la sua vita.
Anche i primi cristiani, della comunità di Filippi, erano tentati di uno ‘sguardo basso’, lasciandosi trascinare da quelli che Paolo chiama “nemici della croce di Cristo”.  Si tratta di coloro che volevano ridurre il loro essere cristiani a pratiche esteriori, alla tradizione umana, con uno sguardo rivolto dunque alle cose della terra: se stessi centro del mondo.
Paolo, smascherando gli inganni di una religiosità così terrena e tesa solo a soddisfare i propri bisogni di sicurezza, esorta a levare in alto lo sguardo della fede, le attese del cuore: non la terra è la nostra patria, ma i cieli, Dio stesso. Chiama a uno sguardo che sa andare oltre: che si fissa su Gesù crocifisso e risorto, il Signore a cui tutto è orientato e che tutto trasfigurerà. Questo è l’orizzonte della vita cristiana: vale dunque la pena rimanere saldi nel Signore.
Nel Vangelo, sul monte i discepoli sono oppressi dal sonno, presi da grande timore e preoccupati per il fallimento di Gesù che aveva parlato loro della sua passione e morte. Ma ecco che Gesù li risveglia, apre i loro occhi, li aiuta a vedere oltre, a vedere in profondità, diventando capaci di riconoscere dentro questa sua e loro fragile umanità la presenza forte e luminosa di Dio. In Gesù si fa vedere la presenza di Dio nel suo volto, nel suo corpo, in tutta la sua persona trasfigurata. In Gesù sprigiona l’intensità e l’interiorità della sua vita, il suo vero essere: Dio. La trasfigurazione è il momento centrale di questa rivelazione. Il suo significato e messaggio è chiaro: l’uomo Gesù è veramente Dio. Lui è punto di arrivo: è il compimento della scrittura dell’antica alleanza (significata da Mosè ed Elia). Lui è punto di partenza: è ora l’unica Parola da accogliere; lui va ascoltato. Lui va guardato e seguito nel suo esodo che lo condurrà, certo alla croce, ma solo come strada e passaggio che porta alla risurrezione, alla vita nuova. Ma c’è di più: quanti lo ascolteranno e lo seguiranno, anche loro, potranno compiere questo ‘esodo’ proprio grazie all’esperienza della Presenza trasfigurante di Dio nella loro vita, perché, come per Gesù anche per noi, nel fondo del nostro essere c’è, nonostante ogni notte, uno spiraglio di luce destinato a manifestarsi.
La Parola di Dio vuole invitarci a ri-orientare il nostro sguardo. A tenerlo alto, rivolto alla meta del cammino umano che è la nostra piena realizzazione in Cristo; e questo passando con Lui e come Lui attraverso la croce, le notti, le fatiche per giungere a una vita luminosa e trasfigurata. Se il nostro sguardo resta fisso su di Lui allora si compie anche il nostro cammino e la nostra realizzazione, la Pasqua. Nella sua luce vedremo la luce. Affidiamoci con cuore semplice alla sua guida.
E’ tutta una questione di sguardo; l’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore, diventa ciò che ama, diventa ciò che prega.
Infatti questo nostro cammino, se vogliamo affrontarlo “a sguardo alto”, deve necessariamente compiersi nella preghiera. “Salì sul monte a pregare. E mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto…”. Non un altro volto, ma un ‘volto altro’: il volto che rivela la presenza del Dio luce.
Solo nella preghiera anche noi possiamo diventare ‘altro’, cioè quello che veramente siamo: uomini e donne luminosi, perché capaci di realizzare in noi quell’essere figli di Dio che attende solo di manifestarsi in pienezza.
Solo nella preghiera può compiersi anche la nostra trasfigurazione.
In essa lo sguardo si purifica; diventiamo capaci non solo di vedere diversamente, ma anche di far emergere quella luce che il Padre ha posto in noi. Preghi e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimità con Dio, che ha un cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta.
Una preghiera che deve essere essenzialmente ascolto della Parola. Allora essa illumina e orienta le decisioni essenziali e dona forza per affrontare ogni notte, aprendo alla certezza di una luce più forte di ogni oscurità. 
Possa essere anche per noi, questo tempo di quaresima, tempo di preghiera più intensa e vera, così che possiamo fare esperienza di quella luce che, non solo brilla sul volto di Cristo, ma già è posta dentro di noi. Una preghiera che orienti sempre il nostro sguardo a Gesù, l’uomo Dio, che chiama tutti noi, ascoltandolo e seguendolo, a camminare con speranza, verso la definitiva trasfigurazione, nostra e di tutto il creato

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