C’è una parola che riassume il
messaggio delle letture odierne: sguardo. Tutto consiste in una questione di
sguardo: perché dove l’occhio guarda, lì il cuore si orienta.
A cosa, dove guardiamo? Nel cammino
quotidiano del nostro vivere dove va il nostro sguardo? Sicuramente si dirige a
volti, persone, situazioni che fanno parte del nostro quotidiano; cerca di
volgersi a guardare ciò che è bello, buono, vero. Ma non sempre è così. A volte
il nostro sguardo si lascia accecare dalla brama delle cose, dall’invidia,
dall’esasperata ricerca del piacere. La nostra vita viene così oscurata e
annebbiata da falsi valori.
Purtroppo ci accorgiamo che altre
volte il nostro sguardo si perde nel vuoto. Si perde in quel buio che è l’incertezza
del vivere: le fatiche che incontriamo, le delusioni e gli scoraggiamenti, il
nostro stesso peccato. Nel buio di una fede che vacilla perché Dio ci sembra
lontano e insensibile quando viene la notte del dolore, della sofferenza, della
croce.
E così ci sentiamo o come assopiti
da un lungo sonno - il torpore di una vita spenta, fiacca -, o presi da uno
strano terrore: la paura di vivere, di affrontare la vita, proprio perché il
nostro sguardo si è perso nel buio, nella notte.
Quanto descritto non è altro che
l’esperienza fatta da Abramo (1 lettura), dalle prime comunità cristiane (2
lettura), dai discepoli (Vangelo).
Abramo, davanti all’attesa di una
promessa che non si compie prova sconforto e “un oscuro terrore lo assale”. Ma proprio quando si fa buio, ecco
il passaggio luminoso di Dio che viene a confortarlo e a confermarlo nella
promessa fatta rinnovando la sua alleanza con lui. E Abramo è invitato ad
alzare lo sguardo: “Guarda in cielo e
conta le stelle…”.
E’ invitato a cambiare sguardo: non
più rivolto a sé, alle sue paure, ma al suo Dio, il Dio della promessa; e in
lui rinnova la sua fede “credette in Dio”.
Si mette nella giusta relazione con il Signore, orienta a Lui il suo sguardo e
lascia che sia Dio a prendere in mano la sua vita.
Anche i primi cristiani, della
comunità di Filippi, erano tentati di uno ‘sguardo basso’, lasciandosi trascinare
da quelli che Paolo chiama “nemici della
croce di Cristo”. Si tratta di coloro
che volevano ridurre il loro essere cristiani a pratiche esteriori, alla
tradizione umana, con uno sguardo rivolto dunque alle cose della terra: se
stessi centro del mondo.
Paolo, smascherando gli inganni di
una religiosità così terrena e tesa solo a soddisfare i propri bisogni di
sicurezza, esorta a levare in alto lo sguardo della fede, le attese del cuore:
non la terra è la nostra patria, ma i cieli, Dio stesso. Chiama a uno sguardo
che sa andare oltre: che si fissa su Gesù crocifisso e risorto, il Signore a
cui tutto è orientato e che tutto trasfigurerà. Questo è l’orizzonte della vita
cristiana: vale dunque la pena rimanere saldi nel Signore.
Nel Vangelo, sul monte i discepoli
sono oppressi dal sonno, presi da grande timore e preoccupati per il fallimento
di Gesù che aveva parlato loro della sua passione e morte. Ma ecco che Gesù li
risveglia, apre i loro occhi, li aiuta a vedere oltre, a vedere in profondità,
diventando capaci di riconoscere dentro questa sua e loro fragile umanità la
presenza forte e luminosa di Dio. In Gesù si fa vedere la presenza di Dio nel
suo volto, nel suo corpo, in tutta la sua persona trasfigurata. In Gesù
sprigiona l’intensità e l’interiorità della sua vita, il suo vero essere: Dio.
La trasfigurazione è il momento centrale di questa rivelazione. Il suo
significato e messaggio è chiaro: l’uomo Gesù è veramente Dio. Lui è punto di
arrivo: è il compimento della scrittura dell’antica alleanza (significata da
Mosè ed Elia). Lui è punto di partenza: è ora l’unica Parola da accogliere; lui
va ascoltato. Lui va guardato e seguito nel suo esodo che lo condurrà, certo
alla croce, ma solo come strada e passaggio che porta alla risurrezione, alla
vita nuova. Ma c’è di più: quanti lo ascolteranno e lo seguiranno, anche loro,
potranno compiere questo ‘esodo’ proprio grazie all’esperienza della Presenza
trasfigurante di Dio nella loro vita, perché, come per Gesù anche per noi, nel
fondo del nostro essere c’è, nonostante ogni notte, uno spiraglio di luce
destinato a manifestarsi.
La Parola di Dio vuole invitarci a ri-orientare
il nostro sguardo. A tenerlo alto, rivolto alla meta del cammino umano che è la
nostra piena realizzazione in Cristo; e questo passando con Lui e come Lui
attraverso la croce, le notti, le fatiche per giungere a una vita luminosa e
trasfigurata. Se il nostro sguardo resta fisso su di Lui allora si compie anche
il nostro cammino e la nostra realizzazione, la Pasqua. Nella sua luce vedremo
la luce. Affidiamoci con cuore semplice alla sua guida.
E’ tutta una questione di sguardo;
l’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore, diventa ciò che ama,
diventa ciò che prega.
Infatti questo nostro cammino, se vogliamo
affrontarlo “a sguardo alto”, deve necessariamente compiersi nella preghiera. “Salì sul monte a pregare. E mentre pregava,
il suo volto cambiò d’aspetto…”. Non un altro volto, ma un ‘volto altro’:
il volto che rivela la presenza del Dio luce.
Solo nella preghiera anche noi
possiamo diventare ‘altro’, cioè quello che veramente siamo: uomini e donne
luminosi, perché capaci di realizzare in noi quell’essere figli di Dio che
attende solo di manifestarsi in pienezza.
Solo nella preghiera può compiersi
anche la nostra trasfigurazione.
In essa lo sguardo si purifica; diventiamo
capaci non solo di vedere diversamente, ma anche di far emergere quella luce
che il Padre ha posto in noi. Preghi
e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimità con Dio, che ha un cuore
di luce, e ne sei illuminato a tua volta.
Una preghiera che deve essere
essenzialmente ascolto della Parola. Allora essa illumina e orienta le
decisioni essenziali e dona forza per affrontare ogni notte, aprendo alla
certezza di una luce più forte di ogni oscurità.
Possa essere anche per noi, questo tempo di
quaresima, tempo di preghiera più intensa e vera, così che possiamo fare
esperienza di quella luce che, non solo brilla sul volto di Cristo, ma già è
posta dentro di noi. Una preghiera che orienti sempre il nostro sguardo a Gesù,
l’uomo Dio, che chiama tutti noi, ascoltandolo e seguendolo, a camminare con
speranza, verso la definitiva trasfigurazione, nostra e di tutto il creato
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