Il centro della
Parola di Dio oggi proclamata, è il volto e il cuore stesso di Dio. E’ Gesù che
li rivela a noi.
Ma già Mosè e il
popolo d’Israele avevano fatto esperienza di questo; sul monte Dio è roveto
ardente che non si consuma, simbolo di un amore che non viene meno; è attento
al grido del suo popolo: “Ho osservato la
miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze… sono
sceso per liberarlo… per farlo salire verso una terra bella e spaziosa”.
Ecco il rivelarsi
del cuore di Dio: un Dio che si prende cura di noi, che ci porta nel cuore, che
non ci lascia mai soli.
Gesù lo ribadisce
attraverso la semplice ma significativa parabola della pianta di fico. Dio
paziente, che non si stanca, come buon contadino, di chinarsi su di noi, di
aver fiducia in noi e quindi continua a zapparci attorno, a metterci il concime
della sua Parola finché arriviamo a portare frutti nuovi e buoni.
Pensiamo da
quanto tempo Lui si prende cura di noi; non due o tre anni, ma da una vita! Da
sempre! Ha pazienza, ci usa misericordia sebbene i frutti fanno fatica a
maturare.
E’ importante
fermarci a riflettere su questo. Solo la consapevolezza di essere così amati,
custoditi, curati, può diventare – deve diventare – la molla, la spinta
interiore per cambiare, per portare i frutti attesi….
Non deve essere
la paura di Dio, il suo castigo, il suo giudizio ciò che fa scattare in noi un
cambiamento.. anche se a volte questo può essere stimolo iniziale. Gesù stesso,
commentando fatti di cronaca nera (l’uccisione dei Galilei e il crollo della
torre) ricorda come ciò non è volontà di Dio, e nemmeno castigo a causa del
nostro peccato. Infatti “Egli non vuole
la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez.33,11);
“il Signore ha
pietà del suo popolo” (salmo 102).
Quello che accade
attorno a noi – ieri come oggi – è piuttosto, segno di un mistero di male che
ci circonda; ma anche motivo di riflessione, di rinnovato impegno perché
abbiamo a lottare contro il male, per diventare insieme più responsabili nelle
nostre scelte.
L’amore di Dio
per noi, in primo luogo, e anche i fatti della vita, quello che avviene attorno
a noi, in positivo e in negativo, tutto deve essere occasione, stimolo a una
vita diversa, a un cambiamento: “se non
vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”. E non certo perché Dio
ci punisce, ma perché il nostro non portare frutti buoni rende sterile la vita
nostra e dell’umanità e la condanna al deserto, al male, che scaturisce non
dalla mano di Dio, ma dalle nostre mani, dalle nostre menti, dai nostri cuori.
“Convertitevi” dunque: significa
cambiate mente, cambiate cuore.
E’ invito
pressante, che nasce dal cuore paziente e buono di Dio che, vedendo le nostre
opere, non trovando in esse frutti buoni, non può che, nel suo amore,
sollecitare tutti noi a un cambiamento: “convertitevi”.
La conversione
tuttavia non può limitarsi al fatto di “fare” alcune buone pratiche: ‘io vado
in chiesa, io prego, io faccio qualche opera buona…’ Non basta. Lo ricorda
Paolo nella seconda lettura: “non voglio
che ignoriate che i nostri padri tutti furono sotto la nube, tutti
attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè… tutti
mangiarono lo stesso cibo spirituale… ma la maggior parte di loro non fu
gradita… furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi”.
Cosa mancava?
Gesti esteriori, ma il cuore e la mente lontani da Dio, chiusi ancora su se
stessi: “mormorarono” dice Paolo,
cioè non si fidarono di Dio. Conclude quindi Paolo: “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”.
Non sentiamoci
dunque ‘a posto’ solo perché siamo battezzati o andiamo in chiesa o diciamo di
credere… Preoccupiamoci piuttosto di far sì che la nostra mente e il nostro
cuore siano veramente e pienamente orientati a Dio, accogliendo la sua Parola,
fidandoci di essa e lasciandoci coltivare e custodire da essa, così da saper
portare frutti buoni per il bene non solo nostro, ma della comunità, della
chiesa, dell’umanità intera.
Estirpiamo con
coraggio tutto ciò che è male: corruzione, invidia, violenza, ogni forma di
cattiveria e di disprezzo verso persone e cose. Mettiamoci finalmente a
produrre frutti buoni: frutti che maturano all’ombra dell’amore di Dio e della
sua misericordia, unica vera spinta interiore per generare novità di vita.
“Lascialo ancora quest’anno”:
così ricorda il vangelo.
La pazienza di
Dio è pur sempre una pazienza che ha una scadenza. Un anno. Ancora un tempo
favorevole. Può essere questa Quaresima. Può essere questo ‘anno della misericordia’
l’occasione propizia per un cambio di mente e di cuore. Può essere anche solo
oggi, perché nessuno di noi può sapere e conoscere il tempo che gli è concesso.
Non continuiamo a rimandare. Non aspettiamo giorni migliori. Iniziamo subito a
mettere mano alla nostra vita.
Lui, il Padre-contadino continua a concimare,
seminare, zappare questo nostro arido terreno. Non si stanca di credere in noi.
Oggi e sempre.
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