Un
lebbroso disobbediente. Non una, ma ben due volte…
Non
obbedisce alla Legge di Mosè, che vietava ai lebbrosi di avvicinarsi alle
persone, e si mette ai piedi di Gesù invocandolo.
Non
obbedisce poi a Gesù, “proclamando e
divulgando il fatto” della sua guarigione e costringendo Gesù a “non poter più entrare in una città”
perché considerato anche lui impuro dopo averlo toccato.
Ma
come poteva tacere davanti non solo alla guarigione ottenuta ma anche e
soprattutto a quell’incontro carico di assoluta novità?
Siamo
davanti a un episodio rivoluzionario. Gesù ribalta totalmente i modi di
pensare, vedere e agire dell’Antica Legge, ribalta la concezione stessa di Dio.
La
prima lettura ci ha detto cosa la Legge di Mosè pensava, come vedeva e agiva di
conseguenza davanti alle persone lebbrose. Essere erano considerate impure: si
pensava che la lebbra fosse conseguenza del peccato, si vedeva in loro il
castigo di Dio e quindi queste persone venivano allontanate, segregate; non
potevano avvicinare alcuno, né potevano essere avvicinate, pena il contagio non
solo fisico (così si pensava) ma soprattutto morale. Di fatto i lebbrosi erano
cadaveri viventi, esclusi dalla vita sociale e religiosa.
Il
modo di pensare, vedere e agire di Gesù è ben diverso. Rivoluzionario. Lui non
si preoccupa della vicinanza del lebbroso, anzi gli si fa incontro “ne ebbe compassione, tese la mano, lo
toccò”. E così facendo manifesta il vero volto di Dio. Non c’era alcun
bisogno che lo toccasse; bastava, come già aveva fatto altrove, una sua parola;
e invece vuole toccare, anche se questo era proibito dalla Legge. Vuole farsi
vicino. Vuole concretamente manifestare che non ci sono barriere per Dio. “Lo voglio”: parole che dicono la
volontà di Dio. Questo Dio vuole: non emarginare nessuno. “Sii purificato”: un Dio che vuole che tutti possano vivere in una
relazione d’amore con Lui.
Ecco
la grande novità che non può essere taciuta. Ecco il manifestarsi
dell’autentico volto di Dio.
Non
è vero, come insegna la religione, che l’uomo deve purificarsi per avvicinarsi
e accogliere il Signore, ma è vero il contrario, accogliere il Signore è ciò
che purifica l’uomo.
E
non è vero allora che Dio castiga il peccatore con la malattia, ma piuttosto
Lui è ancor più vicino a chi è malato e peccatore; per loro si è manifestato,
non per i sani!.
E
ancora: Dio non esclude nessuno dalla relazione d’amore con lui; nessuno può e
deve essere considerato impuro davanti a Lui. Ognuno per lui è figlio, anche se
segnato dal male, dal peccato. Un figlio amato, di cui si muove a compassione,
a cui si avvicina per tendere la mano, toccare e reintegrare in una relazione
d’amore. Questa è la buona notizia, il vangelo, che smuove le genti che “venivano a lui da ogni parte”.
E’
questa la buona notizia che oggi, come singoli e come chiesa annunciamo? E’
questo il volto di Dio che cerchiamo di manifestare col nostro modo di pensare,
vedere e agire?
Quel
lebbroso innominato e sconosciuto altro non è che il simbolo di tutti coloro
che, ancor oggi, vengono emarginati, giudicati, esclusi nella società e anche
nella stessa chiesa.
Non
dobbiamo chiudere gli occhi. Purtroppo anche dentro le comunità cristiane,
nella chiesa, permane una logica da antico testamento… dove prevale la Legge,
le regole. Dove emerge un volto di Dio che non è il Dio manifestato in Gesù
Cristo.
Troppo
volte escludiamo, giudichiamo, emarginiamo uomini e donne che, a causa delle
loro idee, delle loro scelte o anche dei loro sbagli, classifichiamo come
’lebbrosi’, impuri, intoccabili, da non avvicinare…
A
noi un esame di coscienza per riconoscere tali persone.
Non
è così che a volte ci atteggiamo verso gli stranieri, verso i divorziati o
coloro che vivono in situazioni che definiamo non regolari?
Arriviamo
ad escludere alcuni solo perché hanno idee diverse da noi, appartengono a una
famiglia piuttosto che a un'altra o ci stanno anche solo antipatici… Per non
parlare poi di come ci poniamo davanti a chi si professa di altra religione…
Il
mondo è ancora pieno di tanti lebbrosi: non solo quelli segnati dalla malattia
(che pur potendo essere debellata non lo è per mancanza di volontà umana e di
fondi…), ma anche di tanti ‘lebbrosi’ che noi creiamo con i nostri modi di
pensare, vedere e agire.
Possiamo
dirci cristiani atteggiandoci in questo modo?
Essere
cristiani è diventare “imitatori di
Cristo” come ci ricorda Paolo nella seconda lettura, imparando a fare tutto
“per la gloria di Dio” e non secondo
le nostre misure e regole umane.
Imitare
Cristo è diventare capaci anche noi di pensare, vedere le persone e agire come
ha fatto Lui: “ne ebbe compassione, tese
la mano, lo toccò”.
E’
la sovversione di ogni legge che ha di mira la segregazione, l’allontanamento
del diverso.
E’ soprattutto diffondere nel mondo
il volto autentico di Dio, che in Gesù è venuto a contagiarci con il suo
gratuito e smisurato amore.
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