“Non sia turbato il vostro cuore”.
Queste parole di Gesù alla vigilia della sua passione e morte vogliono infondere speranza ai suoi discepoli provati dallo sconforto e dalla tristezza per quanto da Gesù annunciato.
E vogliono donare anche a noi consolazione e fiducia in ogni nostro turbamento, in ogni nostra situazione di smarrimento.
Quale il motivo per non lasciarci vincere dal turbamento?
“Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”: al di là di tutto, al di là della morte stessa, c’è una casa che ci attende, c’è un posto per tutti. L’immagine della casa rimanda non certo a una abitazione materiale bensì a una comunione profonda di vita con Colui che è della vita e dell’amore la sorgente. C’è un abbraccio che ci attende ed è l’abbraccio di Dio Padre.
Saperci amati, attesi, accolti, ci aiuta a superare ogni turbamento e a guardare sempre con speranza al futuro.
La domanda di Tommaso è tuttavia anche la nostra: “come possiamo conoscere la via” che ci introduce in questo abbraccio, in questa casa-comunione, meta e fine del nostro cammino?
Le parole di risposta di Gesù ci svelano il segreto: “Io sono; Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. E ancora, davanti all’esitazione di Filippo: “Chi ha visto me ha visto il Padre. Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?”. Gesù stesso è la manifestazione, lo svelamento del volto del Padre. E’ attraverso di lui che noi possiamo entrare nella casa, nella relazione d’amore della Trinità stessa.
Questo allora ci dice un’altra cosa importante e bella: la comunione con il Padre, verso la quale siamo in cammino, si compie già ora nella misura in cui siamo uniti a Gesù: “fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Con Gesù già ora siamo ‘nella casa del Padre’, siamo nell’abbraccio del suo amore che ci protegge, consola, sostiene.
Gesù è la via da seguire per conoscere la verità su Dio rivelato come Padre ed entrare nella comunione di vita con Lui.
Seguendo Gesù diventiamo fin d’ora capaci di relazione con Dio, siamo con lui nella sua casa, nella sua familiarità, siamo figli da Lui amati e abitati.
Ecco perché Pietro nella seconda lettura ci ricorda che “avvicinandovi al Signore, pietra viva, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale”. Uniti a Gesù, pietra angolare, diventiamo pietre vive per edificare quella casa-comunità dove ognuno ha il suo posto e dove tutti possono trovare il loro posto, anticipo di quella comunione finale orizzonte del nostro cammino.
In Gesù siamo chiamati ad essere la sua chiesa, ovvero quella casa, quel luogo dove attraverso una vita di comunione fraterna, di accoglienza reciproca, di attenta e premurosa solidarietà, facciamo toccare con mano l’amore stesso del Padre rivelato in Gesù e diffuso nei nostri cuori dallo Spirito. Attraverso l’amore trinitario, diventiamo “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua meravigliosa luce” come Pietro ci ha detto.
Ecco la vocazione della comunità cristiana: essere spazio, luogo, segno e anticipo di una comunione che libera da ogni turbamento e apre alla speranza e alla fiducia, testimoniando le “opere ammirabili di Lui”, il suo amore senza misura che guida ciascuno e l’umanità a quel posto preparato da sempre: la comunione eterna e definitiva, l’abbraccio avvolgente della sua misericordia che ci salva.
Le nostre comunità, come la prima comunità cristiana che il libro degli Atti ci presenta, possano essere, nonostante tutti i limiti e le fragilità, questa ‘casa’ dove tutti possano trovare il loro posto e fare esperienza di sentirsi amati e di amare.
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