“Voi siete luce e sale”. Così afferma Gesù. Non si tratta di un invito a diventare luce e sale, bensì di un richiama di ciò che siamo in quanto cristiani. Voi, tu sei luce e sale!
Come possibile? Con tutti i nostri limiti, debolezze e fatiche. Se mi guardo dentro in me c’è poca luce e più tenebra; non sono sale, in me c’è così poca sapienza. Eppure oggi la parola di Gesù ce lo assicura: “voi siete luce e sale”. Non per meriti ma per grazia: viene da Colui che abbiamo incontrato, ascoltato e seguito. Questa luce e questo sapore di vita provengono dall’incontro, dalla relazione con la sorgente divina, con Gesù. Essere luce e sale è la nostra identità che ci è data per puro dono a partire dal giorno del nostro Battesimo.
Per quale scopo? Irradiare, dare sapore, sono le funzioni della luce e del sale. Questo il compito che ci è affidato. “Sale della terra”, “luce del mondo”. Dentro il mondo, su questa terra, dare luce e sapore con la novità del vangelo. E’ la missione di ogni cristiano e della chiesa tutta. “Risplenda la vostra luce e vedano le vostre opere buone”; infatti “non si accende una lampada per metterla sotto il moggio”.
Certo occorre non perdere questa nostra identità: “se il sale perde il sapore a null’altro serve che ad essere gettato via”. Occorre che vigiliamo per saper custodire e alimentare in noi quella luce e quel sapore ricevuti in dono. Questo si compie nella misura in cui abita nel nostro cuore la Sua Parola. Essa è luce e sapienza; in essa è lo Spirito stesso che ci conduce da ‘luce in luce’ e ci dà rinnovato sapore. E come ci ha indicato il profeta Isaia: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito, il parlare empio”; “se aprirai il tuo cuore” alla compassione, alla solidarietà concreta “allora brillerà fra le tenebre la tua luce”. Con le nostre opere e scelte diamo luce e sapore lì dove viviamo ogni giorno.
Come comunità cristiane siamo oggi in particolare invitati a dare luce e sale alla vita: celebriamo infatti la Giornata nazionale. Quest’anno i vescovi nel loro messaggio ci mettono in guardia da un pericolo: il crescente predominio della cultura della morte che sembra diventare sempre più la soluzione ai problemi che la vita incontra.
Tanto più – scrivono i vescovi - che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto. Poi esemplificano: Quando un figlio non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile… la soluzione è spesso l’aborto. Quando una malattia non la posso sopportare, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”. Quando la relazione con il partner diventa difficile… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava, o si credeva di amare. Quando il male di vivere si fa insostenibile… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita. Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta. Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi. Così la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.
Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri, offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. La Giornata per la vita rinnovi l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse.
La vita in tutte le sue forme ci interpella chiedendoci di essere luce e sale per ridare a tutti il coraggio del vivere e generare attorno a noi una crescente cultura della vita.
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