La Quaresima richiama non solo il deserto ma anche il giardino perduto. E di giardino e deserto parlano le letture ascoltate.
L’uomo e la donna sono stati posti da Dio in un giardino l’Eden ci dice il libro della Genesi. Il giardino è immagine di bellezza, armonia, fecondità, gioia. Eppure l’uomo e la donna riescono a rendere questo giardino un deserto: luogo di aridità, di lotta, di disarmonia, di paura.
E questo racconto non è una fiaba; piuttosto cronaca quotidiana che si ripete oggi. Il nostro mondo doveva e poteva essere questo giardino ma di fatto lo stiamo sempre più riducendo a deserto. Degrado, paura, violenza e guerra, inquinamento, disprezzo della vita… Che strano: più pensiamo di progredire, di conoscere tutto e più stiamo decadendo in un deserto che lentamente ci porta alla morte.
Perché? Quale la causa? Ci risponde Paolo: “a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte”, il deserto. E questo peccato non sta tanto in un’azione cattiva, in un frutto proibito. E’ descritto invece -sempre nella 1 lettura- come un orientamento sbagliato causato dal cedimento alla tentazione. La tentazione del serpente ha un solo scopo: illudere, ingannare; far credere reale ciò che è solo illusorio. “Non morirete affatto, si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio”. Ecco servito l’inganno; ecco l’illusione che prende il posto della realtà. La tentazione è questa, ieri come oggi: si chiama illusione.
Il diavolo è un grande illusionista. Suo compito non è altro che ingannarci; e lo fa giocando con i nostri pensieri, lavorando nella nostra mente e portandoci pian piano a confondere la realtà con l’illusione, fino a farci credere che Dio siamo noi, padroni di tutto e di tutti.
Quando si cede all’illusione è un vero peccato: ingannati ci ritroviamo poi “nudi” come i nostri progenitori, spogliati di ogni dignità. Il giardino inizia a trasformarsi in deserto.
In questo drammatico stato di cose, tuttavia non siamo lasciati soli. Proprio qui si svela tutto l’amore misericordioso di Dio che non abbandona l’uomo e la donna in balia della morte, ma interviene per rivestire di bellezza e di rinnovata dignità la loro vita.
Questo lo compie in Gesù, come ci ricorda Paolo: “per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita”. In Gesù, Dio entra nella nostra storia e incomincia il suo cammino al nostro fianco proprio dal deserto. Così i vangeli descrivono l’inizio della sua missione. Condivide questo nostro deserto, fatto di fatiche, prove e tentazioni. Non sfugge da tutto ciò, ma affronta la prova, la tentazione, quella di sempre: l’illusione che inganna. L’illusione dell’avere, dell’apparire, del potere: questo vogliono significare le tre tentazioni. Il diavolo ci prova con l’inganno. Ma Gesù resiste: non permette che i suoi pensieri si allontanino dalla Parola vera e reale, la Parola di Dio. Ne esce vincente.
Ma non basta. Ora tutta la sua vita sarà una continua sfida e lotta, fatta di scelte che si oppongano chiaramente a ciò che è illusorio per affermare la realtà, quell’unica realtà che è Dio stesso. Questa fedeltà alla realtà di Dio porterà Gesù alla croce, al dono della vita. Tuttavia, proprio perché non ha ceduto alla tentazione e si è aggrappato al Padre della vita, nemmeno la morte potrà vincerlo. La sua Pasqua di risurrezione sta così davanti a noi come speranza, come meta. E la Pasqua avviene in un giardino, riporta il giardino dentro il deserto.
Con Gesù possiamo anche tutti noi passare dal deserto al giardino. Con Lui ogni deserto diventa anche luogo di nuovi inizi, di incontro del Dio che cammina con noi.
Ecco la Quaresima: un cammino per lasciarci risvegliare dalla Parola di Dio e trovare in essa l’arma vincente contro quella tentazione che non manca per nessuno. Perché l'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Così saremo capaci di uscire da ogni deserto - personale e sociale - e tornare a fare della nostra vita e della nostra storia un giardino, un luogo di bellezza e di verità, di armonia e di gioia, di pace e di giustizia, proprio perché vissuta in Dio e con Dio, unica realtà che conta, unica sorgente di vita vera.
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