La fragilità del mondo, dell’universo intero, dell’uomo, di ciascuno di noi, che in questo particolare tempo sperimentiamo, volge verso un fine, una mèta che si prospetta mèta di comunione (radunerà) e di maturazione, di piena realizzazione (dalla pianta imparate…): un fine di vita.
Se ogni giorno c’è un mondo che muore, ogni giorno c’è anche un mondo che nasce; se ogni giorno facciamo esperienza di un mondo che ci crolla addosso (fatiche, delusioni, fallimenti, pandemia…) tuttavia ogni giorno proprio da lì possiamo sempre ripartire verso nuove mete e orizzonti.
Fare nostro questo messaggio apre la nostra vita oltre che alla speranza anche a una rinnovata responsabilità.
Questa responsabilità la potremmo declinare almeno in due atteggiamenti che ci vengono suggeriti, oltre che dalla Parola, anche da quanto siamo invitati a celebrare e vivere in questa domenica.
Innanzitutto in questa domenica celebriamo e viviamo la V° Giornata mondiale dei poveri. Scopo non è raccolta offerte, ma riflessione, condivisione, rinnovata responsabilità.
“I poveri li avrete sempre con voi” ricorda papa Francesco nel suo messaggio richiamando la frase di Gesù.
Una presenza che tuttavia chiede di essere riconosciuta, ascoltata, accolta, sostenuta. Così anche noi, chiesa tutta, siamo chiamati ad ascoltare il grido dei poveri e anche a lasciarci da loro evangelizzare: essi hanno tanto da insegnarci soprattutto se impariamo a riconoscere Cristo in loro. Siamo chiamati anche non solo ad offrire loro consolazione, rendere giustizia, donare speranza in un futuro migliore, ma soprattutto a condividere la loro povertà: “Gesù non solo sta dalla parte dei poveri, ma condivide con loro la stessa sorte. Questo è un forte insegnamento anche per i suoi discepoli di ogni tempo” dice ancora papa Francesco; e ce ne ha offerto un esempio ad Assisi l’altro ieri. Questo ci deve portare a riconoscerli parte della comunità con cui condividere il cammino; ci deve portare a saper riconoscere anche le nuove forme di povertà che la situazione sociale attuale, la pandemia in particolare, genera (solitudini, depressioni, disoccupazione, mancanza di assistenza…)
“Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”, proclama il profeta Daniele nella prima lettura. Rispondere così a questo grido dei poveri è operare per creare una società più giusta, attenta alla dignità di ogni persona, più fraterna; un anticipo di quel raduno finale mèta del nostro cammino.
C’è anche un secondo invito alla responsabilità che viene a noi dalla chiesa tutta e in particolare dalla nostra chiesa diocesana: siamo chiesa in cammino sinodale.
Ciascuno di noi è parte viva di questa chiesa e insieme siamo tutti responsabili del suo rinnovamento e della sua crescita. Invochiamo il dono dello Spirito per imparare a leggere i segni, a vedere e toccare con mano i germogli di quel mondo nuovo che cresce in mezzo a noi, di quel regno di Dio che è già qui tutto da scoprire e costruire insieme.
Discernere, riflettere, valutare. “Quando vedrete accadere queste cose (e si tratta di cose positive: germogli di bene, foglie e frutti che spuntano e maturano…) sappiate che egli è vicino”. Il cammino sinodale deve aiutarci insieme a compiere questa scoperta, a contemplare questi segnali buoni, a farli crescere per il bene della chiesa e del mondo.
Speranza e responsabilità da coniugare insieme dunque.
Non noi da soli. Ma tutti sotto la guida di Gesù stesso e della sua Parola che da sempre e per sempre illumina i passi e scalda il cuore. Ridà speranza e sostiene il nostro impegno di responsabilità.
“Le mie parole non passeranno mai” afferma Gesù. E queste parole allora non possono mancare mai nella nostra vita di ogni giorno, dentro le nostre comunità. Sono il tesoro prezioso che ci accompagna per aiutarci insieme a tendere verso quel fine di pienezza, di comunione, di vita, mèta finale del cammino di ciascuno e dell’umanità intera.
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