Nel ricordo di don Bruno Maggioni, lasciamo alle sue parole il commento della Parola in questa festa di tutti i Santi.
Non si capisce nulla di Gesù, se non ci si confronta con le beatitudini. Sono infatti la descrizione della sua personalità e del suo stile di vita. Affascinanti e sconcertanti, proclamano la gioia trovata nel dono di sé.
Non c'è pagina evangelica più affascinante (ma anche più sconcertante!) delle beatitudini. Non capiremmo nulla di Gesù, né della sua vita né del suo messaggio, se non ci confrontassimo con questa pagina.
Le beatitudini sono il cuore dell'intero Vangelo. La loro formulazione è paradossale. Il paradosso è l'espressione di un'opinione che è al di fuori, o contro, il modo comune di pensare. Generalmente il paradosso è anche accompagnato da una venatura di esagerazione e dal gusto di sorprendere. Ha infatti lo scopo di far rizzare la testa, di stupire, per scuotere e risvegliare le coscienze. Ma dietro l'espressione paradossale c'è la persuasione che la verità è spesso al di là di ciò che comunemente si ritiene ovvio e scontato. Le beatitudini non sono fatte per uomini che si appiattiscono nel comune modo di pensare.
Le beatitudini di Matteo sono otto ma descrivono un'unica personalità, e questa personalità è Gesù Cristo. Gesù non ha soltanto pronunciato le beatitudini, ma le ha vissute. Prima di descrivere l'ideale cristiano, esse descrivono la figura del Cristo. C'è una strettissima relazione tra le beatitudini e Gesù Cristo. Lo descrivono nei suoi comportamenti e nelle sue scelte. E ovvio perciò che se vogliamo intendere nel modo giusto le beatitudini del Vangelo, le dobbiamo leggere alla luce della prassi di Gesù Cristo. Qui si illuminano veramente.
C'è una sfida nelle beatitudini. Se mancasse, parleremmo di ideali, di capovolgimento di mentalità, ma non di beatitudini. È la nota della gioia: beati! Ma quale gioia? Non quella fondata sul possesso dei beni, o sul successo, o su altre cose simili. Le beatitudini, invece, proclamano la gioia della fiducia in Dio, e insieme la gioia del servizio, del dono di sé, non della conservazione di sé. Le beatitudini sono convinte che l'uomo è fatto per donarsi.
E’ facile leggere le beatitudini in una prospettiva sbagliata. C'è chi pensa che le beatitudini abbiano un valore reale, concreto, non per il cristiano comune (costretto a vivere nel mondo in situazioni che le rendono impraticabili), ma per vocazioni speciali, per persone particolari, eccezionali, chiamate a esemplificare la paradossalità evangelica. E invece no. Le beatitudini sono un ideale proposto a ogni cristiano, qualsiasi vocazione abbia e in qualsiasi situazione si trovi.
Da “Il volto nuovo di Dio. Detti e gesti di Gesù”, di B.Maggioni, Ed.Lindau
Le beatitudini sono il cuore dell'intero Vangelo. La loro formulazione è paradossale. Il paradosso è l'espressione di un'opinione che è al di fuori, o contro, il modo comune di pensare. Generalmente il paradosso è anche accompagnato da una venatura di esagerazione e dal gusto di sorprendere. Ha infatti lo scopo di far rizzare la testa, di stupire, per scuotere e risvegliare le coscienze. Ma dietro l'espressione paradossale c'è la persuasione che la verità è spesso al di là di ciò che comunemente si ritiene ovvio e scontato. Le beatitudini non sono fatte per uomini che si appiattiscono nel comune modo di pensare.
Le beatitudini di Matteo sono otto ma descrivono un'unica personalità, e questa personalità è Gesù Cristo. Gesù non ha soltanto pronunciato le beatitudini, ma le ha vissute. Prima di descrivere l'ideale cristiano, esse descrivono la figura del Cristo. C'è una strettissima relazione tra le beatitudini e Gesù Cristo. Lo descrivono nei suoi comportamenti e nelle sue scelte. E ovvio perciò che se vogliamo intendere nel modo giusto le beatitudini del Vangelo, le dobbiamo leggere alla luce della prassi di Gesù Cristo. Qui si illuminano veramente.
C'è una sfida nelle beatitudini. Se mancasse, parleremmo di ideali, di capovolgimento di mentalità, ma non di beatitudini. È la nota della gioia: beati! Ma quale gioia? Non quella fondata sul possesso dei beni, o sul successo, o su altre cose simili. Le beatitudini, invece, proclamano la gioia della fiducia in Dio, e insieme la gioia del servizio, del dono di sé, non della conservazione di sé. Le beatitudini sono convinte che l'uomo è fatto per donarsi.
E’ facile leggere le beatitudini in una prospettiva sbagliata. C'è chi pensa che le beatitudini abbiano un valore reale, concreto, non per il cristiano comune (costretto a vivere nel mondo in situazioni che le rendono impraticabili), ma per vocazioni speciali, per persone particolari, eccezionali, chiamate a esemplificare la paradossalità evangelica. E invece no. Le beatitudini sono un ideale proposto a ogni cristiano, qualsiasi vocazione abbia e in qualsiasi situazione si trovi.
Da “Il volto nuovo di Dio. Detti e gesti di Gesù”, di B.Maggioni, Ed.Lindau
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