Una riflessione di P. Ermes Ronchi (tratta da Avvenire)
Entriamo
in un tempo che ci fa pensosi. «Tutti gli
uomini vanno a Dio nella loro sofferenza, piangono per aiuto, chiedono felicità
e pane, salvezza dalla malattia, dalla morte. Così fanno tutti, tutti, cristiani
e pagani... Uomini vanno a Dio nella sua sofferenza, lo trovano povero,
oltraggiato, senza tetto né pane, consunto... I cristiani stanno vicino a Dio
nella sua sofferenza» (D. Bonhoeffer).
Quella
sofferenza che allora bruciò nella passione di Gesù e oggi brucia nelle croci
innumerevoli dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Questa è la
settimana della suprema vicinanza, vi entriamo come cercatori d’oro. Anche
isolati nelle loro case, i cristiani stanno vicino, sono in empatia vicini alla
sofferenza di quanti chiedono vita, salute, pane, conforto; vicini come
rabdomanti di dolore e di amore. E dove respirano meglio è la croce. Guardo il
Calvario, e vedo un uomo nudo, inchiodato e morente. Un uomo con le braccia
spalancate in un abbraccio che non rinnegherà mai. Un uomo che non chiede
niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire,
difendetemi... Si dimentica, e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso. Fondamento della
fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto di amore totale. La
suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla
collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo come un
verme nel vento, per morire d’amore. La croce è l’innesto del cielo dentro la
terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di
fuoco, e divampa. E scrive il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, l’unico
che non inganna. Da qui la commozione, lo stupore, l’innamoramento.
Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro,
che nella Croce sta la suprema attrazione di Dio. So anche di non capire. Ma
alla fine mi convince non un ragionamento sottile, ma l’eloquenza del cuore: «Perché la croce/ il sorriso/ la pena
inumana ?/ Credimi/ è così semplice/ quando si ama» ( J. Twardowski).
Tu
che hai salvato gli altri, salva te stesso, se sei il Cristo. Lo dicono tutti,
capi, soldati, il ladro: fa’ un miracolo, conquistaci, imponiti, scendi dalla
croce, e ti crederemo.
Qualsiasi
uomo, qualsiasi re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Lui, no. Solo un Dio
non scende dal legno (D.M. Turoldo), il nostro Dio. Perché i suoi figli non ne
possono scendere. Io cercatore trovo qui la vicinanza assoluta: di Dio a me, di
me a Dio; sulla croce trema quella passione di comunione che ha la forza di far
tremare la pietra di ogni nostro sepolcro e di farvi entrare il respiro del
mattino.
(Letture:
Isaia 50,4–7; Salmo 21; Filippesi 2,6–11; Matteo 26,14– 27,66)
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