Siamo forse
troppo abituati a liquidare in fretta questa parabola che alla fine ci sfugge
tutta la sua ricchezza e il suo significato. Riduciamo tutto a una questione di
talenti, chi ne ha più chi ne ha meno e al dover darsi da fare per
moltiplicarli… Vero, ma poco.
Proviamo a
guardare con più attenzione alla figura del terzo servo, quello che riceve un
solo talento. Magari mettiamoci anche nei suoi panni.
Che cosa ha fatto
di male alla fine? Non ha sprecato nulla, ha messo tutto in sicurezza, ha
riconsegnato integro il talento ricevuto… Perché viene trattato così male?
Alla fine bisogna
riconoscere che agli altri due gli è andata bene: hanno investito
moltiplicando, ma potevano anche perdere tutto o in parte quanto ricevuto.
Hanno rischiato, mentre l’ultimo è andato sul sicuro: ha messo in sicurezza.
Ma forse sta
proprio qui il vero messaggio della parabola che ci svela il modo diverso di
vedere le cose da parte Dio.
Noi tendiamo a
stare sul sicuro: sicurezza, precauzione, attenzione… E’ un po’ anche la
mentalità di oggi: in tutti i campi si parla di sicurezza, si vuole sicurezza e
anche dal punto di vista religioso spesso riduciamo tutto a metterci in
sicurezza con qualche pia pratica, nell’osservanza di doveri e regole, cercando
di non sbagliare, di non peccare…
Dio invece vede
le cose in modo diverso e ci invita a rischiare di più. Con la parabola sembra
voler dire: non vivere per mettere al sicuro te stesso, le cose e i doni che
hai, ma rischia, impiega, mettiti in gioco.
Non conta se hai
poco o tanto: io non sono un banchiere che conta quanto produci, sono un padre
che desidero vedere i miei figli non a fare niente, ma a valorizzare la loro
vita, a condividerla con gli altri con generosità.
Per me conta non
quanto tu mi restituisci (nota bene che ai primi due servi non solo non rivuole
nulla ma dona ancora di più, dona la condivisione della propria vita: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”),
conta che tu abbia il coraggio di mettere in gioco te stesso, la tua vita le
tue capacità il tuo tempo, e non di ‘assicurarla’ per restituirla intatta…
E’ anche
interessante capire perché questo terzo servitore cade nell’atteggiamento del
voler mettere tutto al sicuro senza rischio.
Il motivo lui
stesso lo spiega: “ho avuto paura”.
Paura del ‘padrone’. Si era fatto un’idea sbagliata del padrone: lo riteneva un
freddo contabile, uomo duro pronto a giudicarlo. Cosa che gli altri due invece
non pensano, anzi si fidano del padrone e lo scoprono grande e generoso, pronto
ad apprezzare, non tanto la loro resa, quanto hanno fatto, ma il loro
atteggiamento, il loro coraggio di rischiare e di affrontare con cuore aperto e
generoso la vita.
Credo che se
anche i due servi non fossero riusciti a guadagnare il doppio, non sarebbe
cambiato nulla, proprio perché Dio avrebbe guardato il loro impegno nel mettere
in gioco se stessi e non la resa di capitale.
Ecco allora che
la parabola ci vuole aiutare anche a liberarci da una immagine sbagliata di
Dio, pensato e costruito quasi a nostra somiglianza, pronto a prenderci le
misure, a giudicarci su ciò che facciamo o meno.
Dio non è così;
la parabola lo presenta come signore dal cuore largo e generoso, pronto a farci
prendere parte alla sua gioia, alla sua vita, se di questa nostra vita abbiamo
avuto il coraggio di non tenerla stretta per noi, vivendo al minimo, ma di
condividerla con generosità, di spenderla a servizio degli altri.
Questa nostra
vita, dono splendido e grande, Dio lo mette nelle nostre mani, nelle mani della
nostra libertà.
Dono diverso e
particolare per ciascuno. Ma non da mettere in ‘sicurezza’ bensì spendere e giocare
per Lui e per gli altri.
Questo chiede a
noi anche attenzione e vigilanza, come ci ha ricordato Paolo, per non lasciarci
ingannare dalle tenebre, dal male, per non farci rubare la vita ma piuttosto
renderla sempre più luminosa, quali “figli
della luce e del giorno”.
Chiede poi
responsabilità e solidarietà: ce lo ricorda la donna della prima lettura che
rappresenta il popolo, la sposa a Dio gradita, capace di mettere se stessa e i
suoi beni a servizio in particolare dei poveri.
E’ anche l’invito
che papa Francesco ci rivolge in questa prima giornata mondiale dei poveri:
vivere nella condivisione, nella solidarietà, operando per generare giustizia,
fraternità e pace.
La vita allora
non diventa sfida a chi rende di più schiacciando magari gli altri, ma coraggio
di metterci tutti in gioco con ciò che si è e si ha – e ognuno è prezioso e
importante – perché nel servizio reciproco si costruisca una umanità più giusta,
fraterna e solidale; si faccia crescere dentro questa storia il regno di Dio,
così che un giorno possiamo sentirci da Lui accolti e benedetti: “Bene servo buone e fedele, sei stato fedele
non poco ti darò potere su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
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