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venerdì 10 novembre 2017

Trentaduesima domenica del Tempo ordinario



Andare e venire: sono lo sfondo che caratterizza le letture di oggi.
Un duplice movimento: un andare incontro e un venire incontro. E’ il venire del Signore, è lui la sapienza che viene incontro a noi: “va in cerca di quelli che son degni di lei… si lascia trovare da quelli che la cercano… va loro incontro”. “Il Signore discenderà dal cielo” ricorda Paolo nella seconda lettura. Nel vangelo poi tutta la parabola è una tensione, un’attesa dell’incontro e della venuta dello sposo (“non sapete né il giorno né l’ora”).
Insieme a questo venire troviamo un richiamo costante in tutte le letture ad “andare incontro”: un “andare incontro al Signore in alto, e così saremo sempre con il Signore”, ricorda ancora Paolo.  Come la vergini del vangelo che “uscirono incontro allo sposo” e alla voce che risuona nella notte “Ecco lo sposo! Andategli incontro!” rispondono, risvegliandosi dal loro torpore, e muovendosi verso di lui, come chi è alla ricerca, “chi si alza di buon mattino per cercarla… chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni”.
Andare incontro, venire incontro; la vita cristiana è movimento: è uscire, cercare, andare incontro a quel Dio che come sposo viene verso di noi, nei modi e nei momenti più diversi.
La vita cristiana è continua ricerca di quella sapienza che, non è teoria o dottrina, bensì una persona che affascina, che sazia la nostra sete: “Ha sete di te Signore l’anima mia”.
Essere cristiani è essere ricercatori, mai arrivati; è essere persone aperte, pronte a uscire da sé per andare incontro alla vita, agli altri, alle situazioni, consapevoli che ovunque e in tutto Dio viene e si manifesta.
C’è purtroppo il rischio di chiuderci nel nostro guscio, nella nostra sicurezza di sapere già tutto, di addormentarci avvolti dalla notte.
E’ il pericolo nel quale si può cadere. E’ la nostra debolezza, saggi o stolti che siamo, facilmente cediamo al sonno, ci assopiamo vuoi per le delusioni, vuoi per la stanchezza, vuoi per un vuoto di attesa…
Ma la cosa grave non è tanto l’addormentarsi; ciò è parte della nostra fragilità. Tutte le ragazze, nel racconto del vangelo, si addormentano. Ma le sagge hanno con sé l’olio, sono cariche dentro, piene di luce. Le stolte invece sono spente, vuote. Non hanno dentro di sé quella carica interiore che, al risveglio, alla voce che chiama, permette di rispondere con prontezza e in modo adeguato.
Uscendo dall’immagine: occorre rimanere, pur nella notte e nella fragilità del sonno, cristiani “carichi” di luce, con il cuore colmo di passione, di desiderio di amore; abitati dalla Parola che illumina e dallo Spirito che ci rende ricercatori assetati dello Sposo, di Dio. Questa è la saggezza che ci è chiesta.
Al contrario, stoltezza è vivere da cristiani ma spenti, vuoti, senza carica interiore, senza passione e desiderio, senza accogliere e ascoltare la Parola di luce, più rassegnati che innamorati! E quando manca l’olio dell’amore, può anche arrivare lo sposo, ma noi non siamo pronti né a riconoscerlo, né ad accoglierlo.
Le parole del vangelo sono cariche di tristezza e di serietà: “In verità vi dico: non vi conosco”. Riecheggiano le stesse parole che Gesù pronuncia la capitolo 7 di Matteo: “Signore signore, abbiamo fatto di tutto in tuo nome… Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me voi che operate l’iniquità”.
Parole che risuonano come giudizio, ma che hanno anche lo scopo di risvegliarci da un torpore spirituale che rischia di chiuderci in noi stessi, nelle nostre false sicurezze e di impedirci di vivere con sapienza e vigilanza.
Il rischio sta qui: fallire l’incontro a causa del nostro torpore spirituale, del nostro vuoto interiore.
“Vegliate”. Vegliare è tenere acceso in noi una fede vigile, perseverante.
E’ avere con noi quell’olio, quella ricchezza di una Parola vissuta  e praticata nelle opere buone, che ci rende luminosi pur nella notte; capaci di cercare, desiderare, riconoscere lo sposo che viene in mezzo a noi.
Lui viene, non sappiamo né il giorno né l’ora, ma viene.
Non sappiamo né il giorno né l’ora perché ogni giorno e ogni ora sono il tempo della sua venuta.
La sapienza è l’arte di vivere il tempo imparando a riconoscere che l’oggi, il presente, è il momento opportuno, il momento della visita, dell’incontro.
Nell’oggi, carico di fatiche e di incertezze, avvolto spesso nelle tenebre che assopiscono, in questo oggi viene, si fa presente il Dio Sposo che ci invita a riconoscerlo, a incontrarlo.
A noi l’essere uomini e donne saggi, che sanno vivere l’oggi carichi di desiderio, di passione, di amore, che si lasciano guidare e illuminare dalla Sua Parola, così da rimanere luminosi e pronti per riconoscerlo in ogni uomo e donna che incontriamo nel cammino, in ogni fatto e situazione della vita. Per saperlo accogliere e per far diventare anche la notte e la tenebra, luogo di luce e di festa.

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