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sabato 29 agosto 2015

22° domenica del tempo ordinario



Dall’alto viene ogni dono perfetto: così ci ricorda Giacomo nella seconda lettura: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre”.  Il regalo più grande che il Padre ci ha fatto è la sua Parola, il Verbo che si fece carne, Parola che ci ha generati e resi suoi figli amati. Parola che “è stata piantata in noi e può portarci alla salvezza”, che ci è stata data “perché viviamo” come ricorda il libro del Deuteronomio. Con essa “il Signore nostro Dio è vicino a noi”, cammina con noi, ci accompagna sempre. Ascoltarla, accoglierla con docilità e metterla in pratica è quanto ci è chiesto.

Tuttavia il brano di Vangelo, attraverso la disputa tra Gesù e i farisei e gli scribi, mette in evidenza alcuni pericoli nei quali possiamo anche noi incorrere.

Il primo di questi è fermarci all’esteriorità cadendo nell’ipocrisia: “Ipocriti (che voleva dire, in greco: attori, teatranti; ben capaci di recitare, ma non di accogliere e vivere quanto dite con le labbra), come sta scritto ‘Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me’”. E’ il pericolo di compiere gesti, dire formule, eseguire riti con il cuore assente:  una religione puramente esteriore.

Il secondo pericolo è quello di sostituire la Parola con insegnamenti umani: “Trascurando il comandamento di Dio voi osservate la tradizione degli uomini”; quella tradizione fatta di una molteplicità di precetti e usanze (come il lavarsi le mani) che nulla hanno a che vedere con la Parola del Signore. Loro farisei pretendevano di dare autorità divina a quelle che erano soltanto loro invenzioni. Già Mosè aveva ammonito il popolo: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla”.

Si tratta di pericoli che portano il “cuore lontano” dal Dio che con la sua Parola ci è vicino. Pericoli che possono riguardare anche noi, ogni volta che ci limitiamo a una religiosità puramente esteriore e formale e ci affanniamo per tradizioni, pratiche, pur buone, ma frutto di inventiva umana e che nulla o poco hanno a che vedere con la Parola di Dio.

Gesù intervenendo e rispondendo ai farisei aiuta anche noi a rimettere le cose in ordine. “Ascoltatemi”: a loro e a noi si propone come la Parola definitiva e vera, superando e approfondendo la Parola stessa. Sconfessa infatti il libro del Levitico che distingueva ciò che è puro da ciò che non lo è. Gesù afferma che tutto è puro e buono. E’ la Parola nuova: così facendo dà compimento alla rivelazione indicandoci nel ‘cuore’ il centro del nostro essere, il luogo del giudizio e della decisione, il luogo dove ciascuno è chiamato a entrare per vivere nell’interiorità e nella verità il suo rapporto con Dio e con gli altri. Lì ognuno diventa responsabile di ciò che vi coltiva: se il male che uscendo si diffonde nel mondo, o il bene che ci fa capaci di edificare positivamente la realtà in cui siamo. “E’ dal cuore degli uomini” che tutto ha origine: il male, come il bene. E solo un cuore abitato dalla Parola sarà in grado di operare nel bene, senza ipocrisia e nella verità.

Questo diventa per noi, suoi discepoli, sua Chiesa, motivo di ripensamento: a cosa diamo priorità e importanza?  All’esteriorità a scapito dell’interiorità? Alle tradizioni e pratiche di uomini a scapito alla Parola di Dio? Il nostro cuore, il cuore delle nostre comunità da cosa è abitato?

Per essere Chiesa che sa nuovamente evangelizzare, dobbiamo avere il coraggio di uscire dai pericoli di cui abbiamo detto tornando a dare priorità assoluta alla Parola di Dio accolta nel cuore e vissuta.

Dobbiamo lavorare insieme per una chiesa che sappia vivere in verità e profondità. Meno esteriorità (che pur ci vuole) e più interiorità; un’interiorità che sappia dare significato, valore, a ciò che esteriormente facciamo.

Una chiesa così allora si sente pronta a evangelizzare, promuovendo la Parola di Dio e non tanto tradizioni e devozioni, pur buone, ma opera di uomini. Serviamo la Parola e niente altro. E’ vero che tradizioni e devozioni in sé non sono male; ma sono pur sempre vanità. C’è una differenza notevole tra queste e la Parola di Dio. E’ come la differenza tra la foto dello sposo e lo sposo in carne e ossa. Le tradizioni sono come una foto: bella, carina, colorata, ma pur sempre un pezzo di carta. La Parola di Dio è lo sposo stesso, è Lui in persona che ci parla, ci abbraccia, ci cammina accanto. Più stai con la Parola e meno ti servono le tradizioni, le devozioni varie. Più stai con lo sposo e meno serve guardarlo nella foto…

Le tradizioni, gli usi liturgici, le devozioni, sorti in determinate fasi storiche, purtroppo rischiano di sostituirsi al centro del messaggio cristiano, rendendolo opaco e deforme. Ci è chiesto discernimento tra ciò che è essenziale e ciò che è secondario nell’annuncio cristiano.

Per arrivare a questo dobbiamo tornare ad essere chiesa in ascolto. Tornare a dare il primato alla Parola.  “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi”.

Questa Parola ci guida alla vigilanza e al discernimento per saper riconoscere ciò che veramente vale. Ha inoltre la forza di custodire il nostro cuore e di cambiarlo, svuotandolo dal male che cerca di radicarsi dentro, per renderci capaci di portare frutti buoni.

E ancora essa ci libera da una vita ipocrita-teatrante e ci rende capaci di unificare fede e vita, esteriorità e interiorità, così da diventare testimoni gioiosi della libertà e della novità del Vangelo ed essere così, insieme, “una primizia delle sue creature”.

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