E’
bello o no essere cristiani? Ci riempie di gioia vivere da discepoli di Gesù? oppure
ci lascia indifferenti, non cambia più di tanto la nostra vita?
Gesù
oggi ci parla di una gioia:“Vi ho detto
queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
Una
gioia che è la stessa che Gesù vive (“la
mia gioia sia in voi”) e che deriva da quanto Lui ci ha detto, dalla sua
Parola. “Vi ho detto queste cose perché
la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
I
tempi difficili che viviamo concedono poco alla gioia.
Tutti
ne siamo alla ricerca. La confondiamo spesso con attimi fugaci di felicità, con
le scintille di un momento piacevole, ma non riusciamo a entrare in possesso di
una gioia duratura, capace di restare in noi sempre, anche nei momenti più
critici.
Di
questa gioia Gesù parla, anzi ci fa dono.
E
se essa sta nelle “cose” che ci ha
detto, significa che è lì che dobbiamo andare a cercarla, a ritrovarla, a farla
nostra.
Non
dimentichiamo che il brano che stiamo leggendo è l’immediata continuazione del
brano letto domenica scorsa. Lì Gesù ci ha detto che in noi scorre la vita,
l’energia stessa di Dio, che da Lui siamo abitati come linfa che rigenera e fa
fruttificare i tralci. Oggi aggiunge che il nome di questa linfa vitale è amore.
“Dio è amore” sintetizza Giovanni; e
aggiunge: “l’amore è da Dio… In questo
sta l’amore: è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio…”. Infatti
Gesù stesso afferma: “Come il Padre ha
amato me, anche io ho amato voi”. Ecco
le “cose” che Lui ci ha dette.
Sono
l’invito a camminare nella vita consapevole che sei amato da Dio, vieni
dall’amore, cioè da Lui stesso e verso di Lui sei in cammino per partecipare
alla pienezza del suo amore.
Questa
è la radice, la sorgente della gioia. E’ la gioia stessa di Gesù che vive
nell’amore del Padre e a Lui si affida anche nel buio della passione e della
croce. Questa è la gioia che deve diventare caratteristica del credente; una
gioia che non dipende dalle circostanze della vita, se le cose mi vanno bene o
mi vanno male, se gli altri mi vogliono bene o non me ne vogliono.
Questa
gioia è interiore e viene da questa profonda esperienza; è l’esperienza di
sentirsi profondamente amato: questa è la fonte della gioia.
Il
Padre si occupa di me; e il suo amore allora diventa in me una spinta, un
invito ad occuparmi degli altri. Infatti Gesù unisce al dono della gioia
l’invito-comando all’amore: “Questo vi
comando: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
E’
il comando nuovo e unico che Gesù ci affida. “Questo è il mio comandamento”: è il “suo” comandamento, per
contrapporlo a quelli di Mosè. Comando che deriva dell’esperienza vissuta: se
sono amato da Dio, se “rimango nel suo
amore”, tutta la mia vita deve comunicare la gioia di questo amore che mi
pervade.
Gioia
e amore diventano così la vita interiore ed esteriore del cristiano. Il segno
distintivo del discepolo di Cristo.
Tuttavia
occorre che ci soffermiamo a comprendere la misura di questo amore che
riceviamo e che siamo chiamati a diffondere.
Oggi
non solo la gioia è difficile, ma anche l’amore, pur così tanto chiacchierato e
nominato, è a rischio di ambiguità e viene facilmente svilito e impoverito.
“Dio è amore”;
non noi. Noi diventiamo capaci di amore solo se “rimaniamo in Lui, nel suo amore” e da Lui lo apprendiamo. Possiamo
veramente amarci gli uni gli altri come Gesù ci chiede nella misura in cui
questo amarci viene da Lui e si conforma al Suo amore.
“Amatevi COME IO ho amato voi”.
Essenziale questo COME. E’ ciò che qualifica l’amore e lo rende vero,
autentico, portatore di vita e di gioia. Come Dio ama?. Raccogliamo solo
qualche spunto dalla Parola ascoltata per poi approfondirlo sia personalmente,
sia nella vita comunitaria…
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Innanzitutto è un amore che si apre al dono di sé e non si chiude nella ricerca
del proprio interesse e soddisfazione personale. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita”. ”In questo si
è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio
perché avessimo la vita per mezzo di Lui”. Vuol dire che servire, donare
sono lo stile del cristiano e delle comunità cristiane.
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E’ poi un amore che si mette alla pari e ci chiama a entrare in una relazione
di comunione profonda. “Non vi chiamo più
servi… ma vi ho chiamato amici”. Non
è ricerca di dominio, desiderio di usare l’altro. Ma è disponibilità a una
comunicazione, a un dialogo che unisce e arricchisce: “amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto
conoscere a voi”. Vuol dire che tra noi cristiani e nelle nostre comunità
dobbiamo smetterla di trattare alcuni come servi, cristiani di sere B, ma
sentirci tutti coinvolti a lavorare insieme per il Regno…
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Ed è un amore che non si offre a chi lo merita, quale premio per i buoni
risultati conseguiti… Esso previene gratuitamente, anticipa, va oltre la
risposta che può ottenere: “Non voi avete
scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto”. Amore che muove dalla gratuità e si gioca nella fiducia totale nei
nostri confronti, nei confronti dell’altro. Vuol dire che più che quello che
facciamo è ciò che siamo che conta, anche nelle nostre comunità…
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E infine si tratta di un amore senza confini. “Dio non fa preferenze di persone”: così, nella prima lettura,
Pietro arriva a percepire che l’amore di Dio travalica tutti i nostri schemi,
tutte le nostre distinzioni, i muri che erigiamo e le barriere soprattutto
mentali che non smettiamo mai di costruirci. “Non fa preferenze di persone” e vuole arrivare al cuore di ogni
uomo e donna per riempirlo di quella gioia vera che dona luce e significato la
vita. Vuol dire che ogni distinzione, divisione, chiusura, emarginazione, va
contro l’amore di Dio…
Proviamo ad applicare queste
indicazioni circa il “COME” dell’amore e avremo di che lavorare per imparare
sempre più a manifestare con la nostra vita la gioia di essere amati da Lui.
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