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sabato 10 febbraio 2024

"La relazione che salva" - Sesta domenica del tempo ordinario

 

Per capire la novità che l’episodio del vangelo di oggi annuncia occorre conoscere come ci si poneva nei confronti dei lebbrosi al tempo di Gesù. La prima lettura ricorda che queste persone erano considerate impure: si pensava che la lebbra fosse conseguenza del peccato, castigo di Dio, e quindi queste persone venivano allontanate, segregate; non potevano avvicinare alcuno né potevano essere avvicinate, pena il contagio non solo fisico (così si pensava) ma soprattutto morale: chi li toccava si contagiava, diventava di fatto lui pure emarginato. Insomma i lebbrosi erano totalmente esclusi dalla vita sociale e religiosa del tempo.

Ed ecco la novità introdotta da Gesù. Lui non si preoccupa della vicinanza del lebbroso, anzi gli si fa incontro “ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò”. Di fatto non c’era alcun bisogno che lo toccasse; bastava, come già aveva fatto altrove, una sua parola; e invece vuole toccare, anche se questo era proibito dalla Legge. Vuole farsi vicino. Vuole concretamente manifestare che non ci sono barriere per Dio rivelando così il Suo vero volto: relazione. Dio è relazione, relazione d’amore che risana. “Non è bene che l’uomo sia solo”: sono le prime parole che la Bibbia mette sulla bocca di Dio creatore. Sono le parole scelte da papa Francesco nel suo messaggio per la giornata del malato he oggi, memoria dell’apparizione della Madonna a Lourdes, la chiesa celebra. Cito dal messaggio: ”Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni. Così, la nostra vita, plasmata a immagine della Trinità, è chiamata a realizzare pienamente sé stessa nel dinamismo delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore vicendevole. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria”. Ecco la grande novità che non può essere taciuta. Ecco il manifestarsi dell’autentico volto di Dio. Lui non esclude nessuno; nessuno deve essere considerato impuro davanti a Lui. Ognuno per lui è figlio anche se segnato dal male, dal peccato. A lui si avvicina si muove a compassione, per tendere la mano, toccare e reintegrare in una relazione d’amore. Nel Vangelo ogni volta che Gesù si commuove, tocca. Tocca l’intoccabile, toccando ama, amando lo guarisce.

E’ questa la buona notizia che oggi dobbiamo annunciare e manifestare con i nostri gesti, le nostre azioni: “ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò”.

Quel lebbroso innominato e sconosciuto altro non è che il simbolo di tutti coloro che, ancor oggi, vengono emarginati, esclusi nella società e a volte anche nella stessa chiesa.

Possiamo dirci cristiani atteggiandoci in questo modo?

Essere cristiani è diventare “imitatori di Cristo” come ci ricorda Paolo nella seconda lettura, imparando a fare tutto “per la gloria di Dio” e non secondo le nostre misure e regole umane.

Imitare Cristo è credere che la relazione è la prima medicina, è la strada che apre a una vita carica di senso anche nei momenti del dolore. E’ fare come ha fatto Lui: “ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò”.

In questo cambiamento d’epoca che viviamo, - scrive ancora papa Francesco - specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù. Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo, magari emarginato e scartato. Con l’amore vicendevole, che Cristo Signore ci dona nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia, curiamo le ferite della solitudine e dell’isolamento. E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione.

Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo, genera speranza e fecondità, apre strade di pace. La forza della relazione che il vangelo annuncia mette in circolo amore gratuito capace di risanare ferite e accogliere tutti senza barriere. Diventiamo sempre più uomini e donne capaci di coltivare e custodire relazioni autentiche e feconde.

 

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