La vita è tutta una questione di sguardo. Sia nel leggere la storia e la realtà quotidiana, sia nel guardare agli altri come a noi stessi. Di questo ci parla il vangelo di oggi.
Nelle parabole infatti sono descritti sguardi diversi.
C’è lo sguardo dei servi che vedendo la zizzania, perdono di vista il buon grano, si allarmano, si agitano e in tutta fretta vorrebbero subito estirpare l’erba malvagia.
C’è lo sguardo di Dio, che pur vedendo la zizzania, non cessa di vedere il buon grano, di custodirlo e di saper attendere il momento dei frutti con pazienza e fiducia.
La realtà è identica: il campo con il buon grano e con la zizzania. Ma lo sguardo e la reazione sono assai diverse.
Dio si mostra mite e paziente, “Lasciatela” dice ai servi. Lui non è distruttivo, semina invece. La sua forza è l’amore: ha “cura di tutte le cose”, è “indulgente con tutti”, ci guida con mitezza, ci ricorda il libro della Sapienza.
Noi invece siamo impazienti, frettolosi e facciamo in fretta a giudicare, a distinguere, a volere a tutti i costi selezionare, estirpare, fare piazza pulita di ciò e chi riteniamo ‘cattivo’: “Strappiamola” dicono i servi.
Che differenza di sguardo e soprattutto poi della conseguenze che ne possono derivare.
Abbiamo indubbiamente bisogno di luce per imparare a vedere le cose, le persone, la storia con sguardo diverso, con lo sguardo stesso di Dio. Abbiamo bisogno, ce lo ricorda Paolo nella seconda lettura, della luce dello Spirito perché solo “lo Spirito può venire in aiuto alla nostra debolezza”, lui che “intercede per noi secondo i disegni di Dio”, perché diventiamo capaci di uno sguardo che questi disegni li sappia riconoscere.
Lo Spirito può renderci capaci di discernimento, di uno sguardo più positivo e attento per riconoscere i segni del regno di Dio, della Sua presenza, dentro la storia; per saper riconoscere il suo crescere nascosto e silenzioso (come il piccolo seme di senape, come il lievito dentro la farina), aprendoci così ad atteggiamenti di fiducia, di pazienza, di misericordia, di bontà verso tutto e tutti.
E anche verso noi stessi. In noi, nel campo della nostra vita – come in ogni persona e nel mondo - c’è il buon grano e il grano cattivo. Il buon grano ci viene dalle mani di Dio e sono tutte le nostre possibilità di bene, di verità, di grandezza, di gioia, di vita. Questo c’è in noi, in chi più e in chi meno, c’è. Ma purtroppo il nemico semina anche lui la zizzania: invidia, avarizia, avidità, gelosia, violenza; è il grano cattivo.
Che fare? Si può cadere nel pessimismo e scoraggiarci; come si può accendersi di zelo e voler a tutti costi, con forza, lottare contro, estirpare subito i difetti. Ma con quale risultato? Facendoci ulteriore male; rischiando di danneggiare anche il bene che è presente in noi.
Occorre allora anche qui imparare quello sguardo che sappia, non fermarsi sul negativo che c’è in noi, ma vedere il positivo che Dio semina e con pazienza, con calma, coltiva e fa crescere. Ciascuno di noi può adottare verso il campo del cuore questo sguardo positivo e vitale, liberandosi dai falsi esami di coscienza negativi. La nostra coscienza matura, chiara e sincera deve mettere a fuoco non tanto i difetti, ma il bene e il bello che è stato seminato in noi. (E.Ronchi)
La Parola oggi ci insegna così il sano realismo evangelico; ci insegna lo stile di Dio che ci dice: abbi pazienza, non operare con violenza, né tantomeno non cadere nello scoraggiamento. Impara ad accettarti e ad accettare gli altri così come sei, come sono, con i pregi e i difetti. Riponi in Dio, nella forza del suo amore la tua fiducia. Opera tuttavia, giorno dopo giorno, per coltivare, custodire, far crescere ogni seme di bene che è in te e attorno a te, accettando di convivere con la fragilità e la debolezza che incontri – in te e negli altri.
Impariamo così che è Dio che fa crescere, che libera e salva. Apriamoci al suo amore e collaboriamo con umiltà e pazienza alla crescita, in noi e nel mondo, del suo regno.
Purifichiamo il nostro sguardo e impariamo, illuminati dallo Spirito, a discernere il tanto bene seminato nei cuori di ogni persona. E, nel fecondo silenzio del seme, e con la silenziosa forza del lievito, non stanchiamoci di sperare nella riuscita del bene, nel “veder crescere l’umanità nuova, che il Signore al suo ritorno farà splendere come il sole nel regno del Padre”.
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