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sabato 5 novembre 2022

"Tutti vivono per Lui" - XXXII domenica del tempo ordinario


In coincidenza con questa settimana nella quale abbiamo ricordato i santi e i defunti, la Parola di Dio ci invita oggi a una riflessione sulle ‘cose ultime’: sulla morte, sull’aldilà, su ciò che ci attende oltre quella soglia.

Nel vangelo troviamo una storia paradossale utilizzata dai Sadducei (che non credevano nella risurrezione) non solo per mettere alla prova Gesù ma quasi per ironizzare sulla morte e ridicolizzare il pensiero della risurrezione.

Non mancano nemmeno oggi alcuni che, pur cristiani, arrivano a dubitare o a non credere alla risurrezione; come pure si fa di tutto per cercare di esorcizzare la morte, per banalizzarla fino a non considerarla, salvo poi che lei stessa ci si ripresenta nelle forme più tragiche: pandemia, guerre, miseria, violenze e omicidi…

Il brano diventa allora occasione propizia per fare luce sul mistero della morte e della vita; per gettare uno sguardo nuovo, lo sguardo della fede, sull’oltre che ci attende.

Guardiamo a come si pone Gesù davanti al tentativo dei Sadducei di metterlo in difficoltà.

Davanti all’ingarbugliata storia dei sette fratelli e dell’unica moglie, Gesù, come è solito fare, ci invita a pensare diversamente e più in grande: Quelli che risorgono non prendono moglie né marito. La vita futura, ci dice, non è il prolungamento di quella presente. Coloro che sono morti non risorgono alla vita biologica ma alla vita di Dio.  Il dopo che ci attende non è prolungamento di quello che siamo ora, ma totale novità. Non si può pensare al dopo con gli stessi criteri umani; “quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti… non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”.  

Questo perché il Dio in cui poniamo la fiducia non è un Dio dei morti (cioè un Dio che dà la morte e giudica l’uomo in base al suo operato) ma un Dio dei vivi (Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe: cioè un Dio che entra in una relazione personale con ciascuno, considerando ogni vivente un figlio) al punto che “tutti vivono per Lui”, cioè a causa, per mezzo di Lui.

E’ Lui che dona la vita e porta a pienezza la vita di ogni essere umano. Ed essendo il Dio della relazione e dell’amore questo ci assicura che nessuna delle relazioni umane vissute quaggiù andrà persa e annullata, piuttosto troverà in Dio Amore il suo pieno significato e valore. L’eternità non è una terra senza volti e senza nomi. “Forte come la morte è l’amore, tenace più della morte” (Cantico). Non è la vita che vince la morte, è l’amore. E nell’amore ognuno potrà riconoscere se stesso e ogni altra persona incontrata e amata. Noi siamo quindi, ora e dopo la morte, nell’abbraccio del Suo Amore, nelle sue mani, mani di un Padre che da sempre guida la storia e la conduce a un approdo di vita, di pienezza, di comunione.

La conferma? E’ la risurrezione di Cristo, la sua Pasqua, che ogni domenica rinnoviamo e riviviamo, seme di eternità, anticipo di vita eterna. Cristo il figlio amato è il vivente.

Messaggio bello di speranza e consolazione davanti al mistero drammatico e doloroso della morte, che deve tuttavia portarci a uno sguardo nuovo sulla vita stessa e a scelte nuove.

Lo sguardo: riconoscerci figli amati di Dio e fratelli chiamati alla comunione con Lui e tra noi. Le scelte:  realizzare e vivere questo, impostando la vita su valori eterni e non su ciò che è provvisorio ed effimero come l’accumulare, il possedere, il dominare.

Se il nostro destino finale è la vita di comunione con Dio e tra noi, diventa chiaro che verso questo dobbiamo tendere fin d’ora imparando a costruire, qui e ora, relazioni fraterne, solidali, nella fraternità e nella pace; abbattendo muri e divisioni. Imparando a vivere non come se tutto fosse nelle nostre mani, ma con fiducia, certi che tutto è nelle mani di un Dio che è Dio dei viventi.

Questo messaggio si speranza illumini la nostra esistenza e ci aiuti ad affrontare in modo nuovo la storia quotidiana, anticipando quello che sarà il nostro destino finale, quella vita impregnata di amore che qui con fatica costruiamo e che saremo chiamati tutti a conseguire e a realizzare pienamente in Dio.

 

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