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domenica 27 marzo 2022

"Creature nuove" - IV° domenica di Quaresima

Commentando questa splendida parabola papa Francesco sottolinea come in essa “si può intravedere anche un terzo figlio”, oltre al prodigo e al fratello maggiore. Dice: “Un terzo figlio? E dove? E’ nascosto! E’ quello che ‘non ritenne un privilegio l’essere come il Padre ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo’ (Fil.2,6-7) Questo figlio-servo è Gesù. E’ l’estensione delle braccia e del cuore del Padre: Lui ha accolto il prodigo, ha lavato i suoi piedi sporchi; Lui ha preparato il banchetto per la festa del perdono Lui, Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre”.

Gesù raccontando la parabola presenta se stesso a coloro che mormoravano per il suo modo di fare con i peccatori.

Ecco perché allora risuonano con tutta la loro forza le parole di Paolo nella seconda lettura: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove”. Attraverso Gesù possiamo tutti noi diventare “nuova creatura”. Già lo siamo grazie al Battesimo, ancora possiamo diventarlo, nonostante i nostri sbagli e le nostre fragilità, attraverso la misericordia gratuita del Padre che Gesù non solo ha annunciato ma ci dona continuamente.

Essere nuova creatura è innanzitutto un dono immeritato. “Tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo” ricorda ancora Paolo. Non è frutto di un nostro sforzo, risultato dell’impegno, della nostra volontà, ma dono gratuito di Dio. E essere nuova creatura non significa diventare superiori agli altri, supereroi e quant’altro. La parabola ce lo racconta proprio nel figlio minore che viene accolto, baciato, rivestito dal Padre, ovvero riconosciuto a tutti gli effetti figlio amato! E’ bello essere riconosciuti così da Dio; sentirci figli da Lui amati nonostante tutte le nostre fughe e infedeltà. Ecco la nuova creatura che, messe alle spalle le cose vecchie, si apre alla novità dell’amore di Dio.

C’è solo una cosa che può impedire tutto questo. La nostra libertà. Che Dio rispetta anche se può portarci lontano da Lui. Come ha rispettato la libertà del figlio che ha voluto andarsene da casa. E a malincuore ha rispettato anche la libera decisione del fratello maggiore che non ha voluto partecipare alla gioia del fratello ritrovato e si chiude nella sua gelosia e arroganza, incapace di riconoscere la fortuna immensa di poter stare sempre vicino al Padre. Siamo noi che possiamo chiudere il cuore all’amore di Dio e restare chiusi nelle nostra superbia e presunzione che ci porta a ritenere di poter fare a meno di Lui, anzi a credere che Lui deve ricompensarci per quello che facciamo di bene; è questo che il fratello maggiore rivendica!

Ecco perché Paolo insiste: “Vi supplichiamo il nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”. Sta solo a noi lasciarci amare da Lui e così diventare nuove creature, figli amati.

La Quaresima diventa allora invito, supplica, perché ci apriamo con gioia a questo amore folle del Padre e ci lasciamo rinnovare da Lui diventando così fermento di novità dentro la vita quotidiana.

Quanti esempi possiamo mettere davanti ai nostri occhi di donne e uomini che in Cristo sono diventati nuove creature. Oggi in particolare vogliamo ricordare padre Giuseppe Ambrosoli, missionario comboniano e medico a 35 anni dalla sua morte in Uganda. Il 20 novembre la chiesa lo proclamerà beato: cioè cristiano diventato per sempre nuova creatura in Cristo. Una vita la sua tutta da conoscere, spesa con umiltà, servizio, disponibilità verso quanti provati da ogni genere di sofferenza.  Una vita riassunta in queste sue parole: ”Dio è amore e io sono il suo servo per coloro che soffrono”. L’esperienza dell’amore misericordioso di Dio ha plasmato la sua vita, lo ha reso nuova creatura capace di generare novità attorno a sé, senza clamore, senza arroganza, ma con un cuore capace di far trasparire quell’amore che sa fare nuove tutte le cose: l’amore di Dio.

Ancor oggi c’è tanto bisogno di uomini e donne che rigenerati dall’amore del Padre sappiano far fiorire una storia nuova di riconciliazione, di solidarietà, di pace. Abbiamo bisogno di tornare creature nuove: figli e fratelli che imparano di nuovo a rispettarsi, accogliersi, amarsi nella loro diversità. C’è bisogno di me, di te, di tutti noi, perché l’abbraccio del Padre e il suo bacio arrivino alla vita di tanti nostri fratelli e sorelle che incontriamo nel cammino di ogni giorno.

sabato 19 marzo 2022

"Convertitevi o perirete" - III° domenica di Quaresima

Cronaca dolente, di disgrazie e di massacri. Dio dove eri quel giorno? Quando la mia bambina è stata investita, dov’eri? Quando il mio piccolo è volato via dalla mia casa, da questa terra, come una colomba dall’arca, dove guardavi? Dio era lì, e moriva nella tua bambina; era là in quel giorno dell’eccidio dei Galilei nel tempio; ma non come arma, bensì come il primo a subire violenza, il primo dei trafitti, sta accanto alle infinite croci del mondo dove il Figlio di Dio è ancora crocifisso in infiniti figli di Dio. E non ha altra risposta al pianto del mondo che il primo vagito dell’alleluja pasquale.

Se non vi convertirete, perirete tutti. Non è una minaccia, non è una pistola puntata alla tempia dell’umanità. È un lamento, una supplica: convertitevi, invertite la direzione di marcia: nella politica amorale, nell’economia che uccide, nell’ecologia irrisa, nella finanza padrona, nel porre fiducia nelle armi, nell’alzare muri. Cambiate mentalità, onesti tutti anche nelle piccole cose, e liberi e limpidi e generosi: perché questo nostro Titanic sta andando a finire diritto contro un iceberg gigantesco.

Convertitevi, altrimenti perirete tutti. È la preghiera più forte della Bibbia, dove non è l’uomo che si rivolge a Dio, è Dio che prega l’uomo, che ci implora: tornate umani! Cambiate direzione: sta a noi uscire dalle liturgie dell’odio e della violenza, piangere con sulle guance le lacrime di quel bambino di Kiev, gridare un grido che non esce dalla bocca piena d’acqua, come gli annegati nel Mediterraneo. Farlo come se tutti fossero dei nostri: figli, o fratelli, o madri mie.

Non domandarti per chi suona la campane/ Essa suona sempre un poco anche per te ( J. Donne).

Poi il Vangelo ci porta via dai campi della morte, ci accompagna dentro i campi della vita, dentro una visione di potente fiducia. Sono tre anni che vengo a cercare, non ho mai trovato un solo frutto in questo fico, mi sono stancato, taglialo. No, padrone!

Il contadino sapiente, che è Gesù, dice: «No, padrone, no alla misura breve dell’interesse, proviamo ancora, un altro anno di lavoro e poi vedremo». Ancora tempo: il tempo è il messaggero di Dio. Ancora sole, pioggia e cure, e forse quest’albero, che sono io, darà frutto.

Il Dio ortolano ha fiducia in me: l’albero dell’umanità è sano, ha radici buone, abbi pazienza. La pazienza non è debolezza, ma l’arte di vivere l’incompiuto in noi e negli altri. Non ha in mano la scure, ma l’umile zappa. Per aiutarti ad andare oltre la corteccia, oltre il ruvido dell’argilla di cui sei fatto, cercare più in profondità, nella cella segreta del cuore, e vedrai, troverai frutto, Dio ha acceso una lucerna, vi ha seminato una manciata di luce.

 

(Ermes Ronchi – da Avvenire)

sabato 12 marzo 2022

"La salvezza sta nello sguardo" - II° domenica di Quaresima

 «Una delle verità fondamentali del cristianesimo, oggi misconosciuta da tutti, è che la salvezza sta nello sguardo» (Simone Weil, in Attesa di Dio). Giovanni nel suo vangelo scrive: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv.19,37)

La salvezza sta nello sguardo: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio oggi. Dove, a cosa, a chi guardiamo? Lasciamo risuonare in noi queste domande.

Abramo, davanti all’attesa di una promessa che non si compie prova sconforto e “un oscuro terrore lo assale”. Ma proprio quando si fa buio, ecco il passaggio luminoso di Dio che viene a confortarlo e a confermarlo nella promessa fatta rinnovando la sua alleanza con lui. E Abramo è invitato ad alzare lo sguardo: “Guarda in cielo e conta le stelle…”. E’ invitato a cambiare sguardo: non più rivolto a sé, alle sue paure, ma al suo Dio, il Dio della promessa; e in lui rinnova la sua fede “credette in Dio”. Si mette nella giusta relazione con il Signore, orienta a Lui il suo sguardo e lascia che sia Dio a prendere in mano la sua vita.

Anche i primi cristiani, della comunità di Filippi, (nella seconda lettura) erano tentati di uno ‘sguardo basso’, lasciandosi trascinare dai “nemici della croce di Cristo”.  Si tratta di coloro che volevano ridurre l’essere cristiani a pratiche esteriori, alla tradizione umana, con uno sguardo rivolto dunque al proprio io. Paolo, smascherando gli inganni di una religiosità così terrena e tesa solo a soddisfare i propri bisogni di sicurezza, esorta a levare in alto lo sguardo della fede, le attese del cuore: non la terra è la nostra patria, ma i cieli, Dio stesso. Chiama a uno sguardo che sa andare oltre: che si fissa su Gesù crocifisso e risorto, il Signore a cui tutto è orientato e che tutto trasfigurerà.

Nel Vangelo infine, sul monte i discepoli sono oppressi dal sonno, i loro occhi appesantiti, presi da grande timore e preoccupati per il fallimento di Gesù che aveva parlato loro della sua passione e morte. Ma ecco che Gesù li risveglia, apre i loro occhi, li invita a uno sguardo profondo, diventando capaci di riconoscere dentro questa sua e loro fragile umanità la presenza forte e luminosa di Dio.

Manifesta la presenza di Dio nel suo volto, nel suo corpo, in tutta la sua persona. La trasfigurazione è il momento centrale di questa rivelazione. Il suo significato è chiaro: l’uomo Gesù è veramente Dio. Attraverso le sue ferite (la sua umanità) si aprono feritoie di luce (la sua divinità).

Ebbene, lì deve andare il nostro sguardo. Lui va guardato e seguito nel suo cammino che lo condurrà certo alla croce, ma solo come strada e passaggio che porta alla risurrezione, alla vita nuova.

La Parola di Dio, in questo tempo così oscuro e cupo, tempo di sguardi spenti, chiusi sullo stretto orizzonte della paura, vuole invitarci a ri-orientare il nostro sguardo.

Dove, a cosa, a chi guardiamo? Sappiamo vedere nelle ferite delle guerre, della pandemia, del male, feritoie di luce che aprono a speranza? Sappiamo vedere la presenza di Dio dentro questa nostra storia ferita?

Troppe volte il nostro sguardo è chiuso su noi stessi, si ferma davanti al male, alla violenza, alla morte. Non sa andare oltre, generando così paura, angoscia, scoraggiamento.

La Parola oggi ci dice invece che a tutto ciò c’è un oltre e solo se orientiamo ad esso il nostro sguardo possiamo recuperare speranza, coraggio nella prova, luce per il cammino, fiducia per costruire un altro futuro. Ci invita a uno sguardo alto, rivolto a Gesù che nella sua fragile umanità ci fa vedere la forza e la bellezza della divinità. Passando con Lui attraverso la croce, le notti, le fatiche, il nostro sguardo è rivolto a una vita luminosa e trasfigurata che sta oltre tutto ciò. Nella sua luce vedremo la luce. Affidiamoci con cuore semplice alla sua guida.

E’ tutta una questione di sguardo. Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili scrive Paolo in una sua lettera (2 Cor.4,18). E noi, e tu dove fissi il tuo sguardo? L’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore, diventa ciò che ama, diventa ciò che prega. Affrontiamo il nostro cammino “a sguardo alto”, resi capaci, attraverso la preghiera, di vedere diversamente la realtà, la vita e di far emergere quella luce che il Padre ha posto in noi e in Sua ogni creatura.

domenica 6 marzo 2022

"Spirito e Parola per scelte di vita" - I° domenica di Quaresima

Questo episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto ogni anno apre il cammino della Quaresima.

E ci invita a immedesimarci in Gesù, a ritrovarci in Lui nella comune fatica di scegliere. Perché di questo si tratta. E’ per Gesù il momento delle scelte, di decidere come orienterà la sua vita. Scegliere tra ciò che è giusto e sbagliato, tra ciò che è umano e disumano, tra ciò che è vita e ciò che è meno vita, tra la volontà del Padre e le aspettative umane e i desideri personali. Gesù sceglie liberamente. Ma scegliere è lotta contro la tentazione.

Anche noi siamo liberi e dunque possiamo, dobbiamo scegliere, ogni giorno. E con le nostre scelte si apre davanti a noi il cammino. Di vita o di morte, di guerra o di pace, di amore o di odio.

Ma ogni scelta è sempre il risultato di una lotta, di un conflitto interiore tra possibilità diverse. Lo sperimentiamo anche nelle scelte più banali come il fare degli acquisti, il decidere come impiegare il nostro tempo o utilizzare i nostri beni… Davanti ad ogni scelta entra in gioco la tentazione che cerca di illuderci e ingannarci mostrandoci come bene ciò che non lo è. E’ quanto prova Gesù: sei figlio di Dio? ti dico io come... è la voce del tentatore che inganna suggerendo strade apparentemente allettanti (forza, potere, successo…). Così avviene anche per noi. In ogni scelta. C’è sempre una voce che ci tenta, ci illude, ci inganna. Il fascino di ottenere facilmente possesso, successo, piacere, rischia di spingerci a compiere scelte, soprattutto su questioni fondamentali, essenziali, che alla fine si riveleranno distruttive. Davanti al creato deturpato, davanti al povero, al malato, al rifugiato, davanti al denaro e ai beni che possediamo, davanti a noi stessi, alle nostre relazioni famigliari e agli altri, davanti a Dio, ogni giorno siamo chiamati a scegliere. E ogni scelta non è esente dalla tentazione di pensare solo a se, di cercare solo il facile e il comodo, di decidere sulla base del successo e dell’affermazione personale. Con tutte le conseguenze possibili.

Con Gesù ci ritroviamo anche noi nella prova, nella fatica di scegliere. In questo tempo non facile che stiamo affrontando sono diverse e importanti le scelte che siamo chiamati a compiere su tutti i fronti, nelle relazioni con gli altri, nel prendere posizione davanti alla guerra, alla pandemia, ai problemi di ogni giorno, nel fidarci di Dio o meno.

Guardando a Gesù e da Lui lasciandoci guidare, troviamo tuttavia la lucidità, la forza, la saggezza perché le nostre scelte siano, non trappole e inganno, ma occasioni sempre nuove di speranza , di vita, di pace, di armonia.

Oggi Gesù ci invita al coraggio di scegliere con un cuore libero da ogni egoismo e aperto a un di più di vita, di bene, di speranza. Come ha fatto Lui. Scegli di condividere il pane e non di possederlo solo per te. Scegli di collaborare alla crescita sociale e non a voler dominare gli altri. Scegli di fidarti di Dio, di ascoltarlo e non di metterlo alla prova perché ti risolva a colpi di bacchetta magica i problemi che incontri.

Gesù ha fatto questo tipo di scelte: non facili, impegnative ma costruttive, aperte alla vita, agli altri, a quel Dio Padre in cui ha riposto tutta la sua fiducia.

La quaresima è tempo favorevole di verifica delle scelte che caratterizzano le nostre relazioni quotidiane. E’ tempo per ritrovare il coraggio di compiere scelte altre, nuove, secondo il Vangelo, secondo la Parola. Come Gesù.

E Lui ci incoraggia; non solo: ci suggerisce la strada per scegliere bene. E’ l’ascolto della Scrittura che lo rende capace di scegliere bene. Guidato dallo Spirito che lo accompagna nel deserto (“pieno di Spirito santo, era guidato dallo Spirito”) e illuminato dalla Parola di Dio esercita la sua libertà orientandola al vero bene.

Così anche per noi. Lo Spirito santo che ci abita e la Parola di Dio che “è vicino a te, sulla tua bocca e nel tuo cuore” - come ci ricorda Paolo – ci sostengono per fare scelte che ci orientino a Gesù il Signore.

La Quaresima, chiamandoci a verificare dove vanno i nostri passi, ci ricorda con chiarezza che la mèta è la Pasqua, ovvero la vita nuova di figli di Dio da Lui amati, salvati, rinnovati. Tenere fissi gli occhi su questa meta orienti la nostra libertà a compiere scelte di vita, di vita eterna.