L’immagine delle nozze viene usata più volte nella Bibbia per descrivere la relazione d’amore tra Dio e il suo popolo.
Nella prima lettura il profeta annuncia questa relazione: sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata… come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
Immagine bellissima che ci parla di un Dio che è Amore e cerca il nostro amore fino a una comunione che ci fa uno con Lui. Immagine che rimanda immediatamente al banchetto nuziale quale luogo dove questo amore viene celebrato, condiviso, manifestato.
Questi richiami ci aiutano a comprendere il vangelo odierno e ci ricordano che la vita cristiana è gioia, incontro, comunione, abbraccio d’amore fedele e gratuito che ci avvolge e coinvolge.
Tornando all’immagine delle nozze e del banchetto, il vangelo evidenzia un rischio: il fallimento. Cosa c’è di più tragico nella vita di una coppia del fallimento di una esperienza come quella della festa di nozze?
Il vangelo ci fa toccare con mano questa possibilità, lì a Cana di Galilea. “Non hanno più vino”: è a rischio il banchetto, la festa, la gioia. Viene meno quel vino che nella Bibbia è il simbolo dell’amore stesso.
Purtroppo è una possibilità che anche oggi può ripetersi nella nostra vita che priva del vino dell’amore diventa una vita sterile, vuota.
“Non hanno più vino”: sta a dire non hanno più le risorse, la capacità di esprimere e vivere quella relazione d’amore che di fatto dovrebbe segnare la vita per sempre.
“Non hanno più vino”: indica questo vuoto d’amore che può generarsi per la nostra fragilità e debolezza a vivere una relazione autentica e vera con Dio stesso, con gli altri.
Quante volte ci troviamo a non avere più vino dentro le nostre famiglie, nelle nostre comunità, dentro questa nostra tormentata società, se non addirittura in noi stessi quando si spegne l’entusiasmo, la fede stessa e la speranza.
Guardiamo ad alcune situazioni concrete.
Non abbiamo più vino dove la mancanza di lavoro, di sicurezza, di salute porta chi fa più fatica a sentirsi scartato e inutile. Lo ricordava il Papa mercoledì all’udienza: “Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente… E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita”.
Non abbiamo più vino dentro questa società che fatica ad aprirsi e accogliere chi è diverso, straniero, povero, disabile, dove la vita umana è ridotta a numeri, senza più rispetto e dignità per nessuno. Così la nostra società cessa di essere ‘banchetto’, luogo di condivisione e diventa società carica di paura, di chiusura, di violenza.
Non abbiamo più vino dentro le nostre comunità cristiane, che certo si ritrovano, celebrano il banchetto dell’eucaristia ma a volte senza l’entusiasmo di una festa di nozze e più con un cuore freddo, con volto rassegnato e stanco. Siamo chiamati oggi ad essere chiesa in Sinodo, in ricerca del vino nuovo, del soffio dello Spirito, per aprirsi a nuove relazioni d’amore con Dio e con l’umanità.
Maria, la madre attenta e vigilante, che percepisce le nostre manchevolezze interceda, anche oggi come ha fatto a Cana, presso suo Figlio: “Non hanno più vino”.
E di nuovo indichi a tutti noi la strada: “Qualsiasi cosa vi dica fatela!”. Sono le sue più importanti e ultime parole: non solo ascoltate, ma fate quello che vi dice (i vangeli non ci trasmettono più alcuna parola pronunciata da lei). La strada per trasformare una vita cristiana annacquata e stanca altra non è che quella di fidarsi di Gesù e della Sua Parola e viverla.
Così anche noi assaporeremo la bontà del vino nuovo, gusteremo la bellezza dello Spirito dell’Amore che, distribuendo a tutti e a ciascuno doni diversi (2 lettura), ci spinge a lavorare insieme per il bene comune, verso una sempre più grande fraternità, perché la vita possa essere per tutti un banchetto di festa e di gioia, anticipo della comunione senza fine con lo Sposo che da sempre ci ama e ci attende.
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