Il vangelo oggi ci presenta la prima comunità di discepoli. In essa non c’è solo il dubbioso Tommaso, ma c’è tutto il gruppo dei discepoli che è chiuso nella paura e manifesta la fragilità nel credere al Signore risorto.
In questa prima comunità ci specchiamo anche noi discepoli di Gesù oggi; essa ci ricorda che la fede non è mai un dato di fatto acquisito una volta per sempre, è un cammino in costante crescita e ricerca. Ma non ricerca di prove e di sicurezze, come a volte pensiamo e come Tommaso e i suoi desideravano. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”: la fede va oltre il vedere e il toccare.
Il cammino di fede porta a un passaggio che Gesù fa sperimentare a quel piccolo gruppo di suoi amici. E’ il passaggio dal non poterlo vedere, alla bellezza del vivere con Lui e come Lui. Gesù vuol far loro comprendere che se non lo vedranno più non è perché è lontano, anzi: è tanto vicino da essere in loro, immerso nella loro e dunque nella nostra vita. A questa consapevolezza porta il cammino di fede.
E come si arriva a questa fede sempre più matura?
Più che con riflessioni e ragionamenti, si arriva con la dilatazione del cuore e della mente che si aprono, pian piano, ai segni della misericordia, dell’amore, che Gesù ci ha lasciati.
Il giorno del Signore deve aiutarci, come singoli e come comunità, a riconoscere questi segni della Sua presenza.
“Gesù fece molti altri segni… questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Così si chiude il brano di oggi e lo stesso vangelo di Giovanni. Tanti sono i segni della Sua Presenza, descritti e annunciati, che ci danno vita nel suo nome. Non si tratta di segni spettacolari, grandiosi; anzi, si tratta di segni umili, quasi nascosti.
Giovanni li riassume nella seconda lettura: acqua, sangue e Spirito. Segni che ci parlano di Gesù che con il suo amore misericordioso “vince il mondo”. “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?”.
Questi sono i segni che siamo chiamati ad accogliere, nei quali riconoscere oggi la sua presenza e così crescere nella fede.
L’acqua del Battesimo che ci ha immersi nella vita nuova dei figli di Dio; il sangue che ci riporta alla croce, al dono d’amore che si rinnova nell’Eucaristia che celebriamo, nel pane spezzato e nel vino versato; lo Spirito dono del risorto, soffio di vita che ci avvolge nella misericordia del Padre e abita ora in ciascuno di noi e guida il cammino della chiesa.
Tutti doni che scaturiscono dalle sue piaghe dove tutti noi siamo chiamati a guardare e a toccare (”Metti qui il tuo dito, guarda..”) riconoscendo lì i segni dell’amore misericordioso di un Dio che ha dato se stesso per noi, fino al punto di proclamare stupiti, come Tommaso, “Mio Signore e mio Dio”.
Imparare a riconosce questi segni fa crescere la nostra fede così da sentirlo vicino, presente nella nostra vita pur non vedendolo. Ci fa capaci di riconoscerlo nei nostri fratelli e sorelle, nelle piaghe e nelle ferite di ciascuno e dell’umanità tutta, dove dobbiamo trovare il coraggio di mettere le dita e di guardare alle tante ferite presenti.
Imparare a riconosce questi segni ci fa diventare la Sua comunità, il popolo nuovo, “la moltitudine di coloro che erano diventati credenti”, capaci di “avere un cuore solo e un’anima sola”, di vivere nella comunione e condivisione, di esercitare il perdono reciproco, di crescere in quell’amore che Gesù ci ha donato e che lo Spirito tiene acceso in noi e tra noi.
Così allora la fede diventa vita, diventa annuncio e testimonianza; così veniamo resi capaci di attuare l’invito di Gesù: “Come il Padre ha mandato me così io mando voi”. Testimoni della sua Presenza, della bellezza del vivere con Lui e come Lui. Seminatori, dentro le ferite di questa nostra umanità, di quella misericordia che risana e apre a vita nuova, a nuove possibilità, a rinnovata speranza.
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