Nell’atteggiamento di questi servi si evidenziano due risposte: amministrare al meglio quanto possiedo e sono, oppure difendere, proteggere, conservare il tutto.
Sono le due strade che si aprono anche davanti a noi. Possiamo affrontare la vita in questo tempo di fatica e di prova amministrando al meglio, con creatività e generosità, noi stessi oppure chiudendoci in atteggiamento di difesa.
La parabola ci dice: non vivere per mettere al sicuro te stesso, le cose e i doni che hai, ma rischia, impiega, mettiti in gioco. Non chiuderti ma piuttosto impiega bene i doni che hai ricevuto, amministra al meglio la tua vita.
Non conta se hai poco o tanto, non conta quanto produci e rendi, conta che tu metta in gioco la tua vita, le tue capacità, il tuo tempo fino a condividerli con gli altri con generosità.
Per riuscire in questo tuttavia dobbiamo compiere tre passi.
Il primo sta nel vincere la paura. E’ la paura che blocca il terzo servo della parabola. Paura del ’padrone’ (di Dio), paura di fallire (di sé stesso). Una paura che alla fine immobilizza. La paura spinge a chiudersi e a conservare quanto ricevuto in dono e porta al fallimento: “Servo malvagio e pigro”. Anche oggi c’è il rischio che sia la paura a dettare legge portandoci, oltre che allo scoraggiamento, anche all’isolamento, alla chiusura verso gli altri, verso la vita. Il risultato sarebbe solo il fallimento per tutti.
Secondo passo è saper vedere i bisogni degli altri di chi vive attorno a noi, vicini e lontani. E’ quanto Paolo suggerisce nella seconda lettura: richiama i cristiani a quella vigilanza che deve tradursi in un saper vivere con responsabilità. “Non dormiamo, vegliamo, siamo sobri”. Dice papa Francesco: “Questo è un tempo favorevole per «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi.” E’ invito a una vita capace di riconoscere “i tempi e i momenti”, i bisogni, le occasioni che ci vengono date, una vita capace di responsabilità.
Terzo passo allora diventa il tendere la mano. E’ l’immagine che la prima lettura ci presenta: la donna, che rappresenta il popolo, capace di mettere se stessa e i suoi beni a servizio in particolare dei poveri. “Stende la mano al povero”: è la frase scelta da papa Francesco per questa giornata mondiale dei poveri. Tendi la tua mano ai poveri: amministra i tuoi beni e la tua vita nella condivisione che genera giustizia e fraternità.
“Tendi la mano al povero”. Tendere la mano è un segno: un segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore. Quante mani in questi mesi (medici, infermieri, volontari, missionari…) hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione. “Tendi la mano al povero” fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano. Ci sono, infatti, mani tese ad accumulare denaro con la vendita di armi … Ci sono mani tese che nell’ombra scambiano dosi di morte per arricchirsi e vivere nel lusso e nella sregolatezza effimera. Ci sono mani tese che sottobanco scambiano favori illegali per un guadagno facile e corrotto… Non potremo essere contenti fino a quando queste mani che seminano morte non saranno trasformate in strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero.”
Dio mette nelle nostre mani la vita, dono splendido e grande.
Dono particolare per ciascuno. Dono non da mettere in ‘sicurezza’ bensì spendere per Lui e per gli altri.
Dunque non mani in tasca ma mani tese per dare e ricevere.
Solo così verremo fuori da questi tempi difficili e vedremo crescere dentro questa storia il regno di Dio, nella speranza che un giorno saremo da Lui accolti: “servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
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