Vigna e lavoratori: sono le immagini
che la parabola ci propone e che rappresentano tutti noi.
Noi siamo questi lavoratori: tutti
infatti ci riconosciamo chiamati, in modi e ore diversi. E’ la chiamata alla
vita innanzitutto; è la chiamata a un compito, a una missione, che ci è
affidata con il dono stesso della vita.
Il motivo che muove Dio (adombrato
nella figura del padrone) a rivolgerci questa chiamata non è altro che la gioia
di farci collaborare con Lui e di condividere con Lui la crescita della vigna
stessa. Non un calcolo, non una logica di imprenditore, di padrone, ma la gratuità,
l’atteggiamento di un Padre che guarda non ai suoi interessi, ma ai bisogni di
ciascuno di noi, alla nostra realizzazione e vuole che nessuno sia escluso
dalla sua vigna.
Un Padre che spiazza ogni logica
umana, che supera i nostri criteri, pensieri, misure, che va oltre alla resa e
punta a dare a tutti, nessuno escluso, vita e dignità. Già
il profeta Isaia lo ricorda nella prima lettura: “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le
mie vie… le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i
vostri pensieri”. La giustizia
umana è dare a ciascuno il suo, quella di Dio è dare a ciascuno il meglio.
Nessun imprenditore farebbe così. Ma Dio non lo è; non un imprenditore, non il
contabile dei meriti, lui è il Donatore, che non sa far di conto, ma che sa
saziarci di sorprese. (E.Ronchi)
Dobbiamo
allora mettere da parte i nostri schemi, le nostre idee, i nostri modi molto
umani di pensare, per fare spazio alla novità sorprendente che il vangelo
annuncia, che è innanzitutto la novità del volto di Dio che Gesù ci rivela e
che vuole che nessuno sia escluso dalla condivisione del suo amore, della sua
stessa vita.
L’immagine
della vigna poi non raffigura solo la chiesa ma l’umanità intera, il grande
campo del mondo.
C’è
bisogno di operari che – liberi da una mentalità di guadagno e di interesse,
oltre che da atteggiamenti di invidia reciproca (vedi Vangelo) – sappiano
collaborare insieme, ognuno con le proprie capacità, ognuno a suo tempo, per
rendere feconda, generativa la vigna.
Ha detto
giorni fa il card. Bassetti commentando la tragica notizia dell’uccisione di
d.Roberto: “Oggi domandiamoci: che cosa posso fare per gli altri,
per la Chiesa, per la società? Non è tempo di aspettare. C’è bisogno di essere
in uscita, come dice il Papa e come ha testimoniato don Roberto”.
C’è bisogno di operari per questa
umanità, vigna di Dio. Questo nostro prete e tanti altri testimoni (d.Puglisi,
P.Ambrosoli, Sr. Maria Laura), ma anche tanti sconosciuti, dell’ultima ora, piccoli,
poveri, umili, che tuttavia hanno fatto e fanno la loro parte per rendere più
vivibile questa nostra umanità ci interpellano.
Questi
lavoratori della vigna sono per noi, cristiani che a volte ci riteniamo essere
quelli della prima ora, invito a sentirci parte attiva della vigna del mondo, a
“comportarci in modo degno del vangelo di
Cristo”, a riscoprire la chiamata battesimale ricevuta quale chiamata di
amore gratuito alla vita nuova, vita non di servi che eseguono ordini e doveri
verso un padrone, bensì di figli che si riconoscono amati e chiamati da un
Padre che vuole fare della sua vigna, del mondo intero, una sola famiglia di
fratelli.
I fatti
che abbiamo vissuto in questi giorni che reazioni hanno provocato in noi?
Rabbia, forse anche critica e disprezzo verso lo/gli stranieri, paura,
chiusura…?
Mi auguro
invece che possano risvegliare in noi la bellezza di una vita spesa per il
vangelo, spesa per amore, nell’impegno gioioso di ogni giorno a collaborare con
tutti coloro che, pur in ore e tempi diversi, incontriamo al nostro fianco e
superando ogni invidia e mormorazione. Impariamo finalmente a collaborare con
tutti – credenti o meno, vicini o lontani - per far maturare in mezzo a noi
frutti abbondanti di giustizia, di solidarietà e fratellanza, di pace.